Davigo, Legnini (Csm) da Annunziata: “Spegnere incendio tra politica e magistrati”
24 Aprile 2016
di redazione
“Forse il rischio di incendio può avviarsi a soluzione”, lo ha detto il vice presidente del Csm, Giovanni Legnini, intervistato a ‘in Mezz’ora’ da Lucia Annunziata, a proposito dello scontro tra l’associazione nazionale magistrati e il Governo. “Non posso e non devo utilizzare la bilancia su chi ha usato i toni più alti e più eccessivi – ha spiegato Legnini -, mi limito a dire che i toni eccessivi non aiutano alla ricerca del confronto. Mi sembra che proprio ieri il presidente Renzi ieri abbia utilizzato toni diversi” da quelli usati in Parlamento, prosegue Legnini, “come prendo atto volentieri delle precisazioni e della rettifica che Davigo ha fatto” alle sue dichiarazioni nell’intervista al Corsera.
“La politica deve rispettare i magistrati, e deve farlo ancora di più” di quanto non accada oggi, il giudizio del vicepresidente del Csm. Ma nello stesso tempo le parole di Davigo rischiavano di “portare le lancette indietro, per questo ho deciso di intervenire”. “Giudici e politici non devono andare a braccetto, ma non è bene neppure la guerra continua. Mi piacerebbe un Paese che osserva di più il principio della separazione dei poteri: non penso che i giudici debbano parlare solo con le sentenze, ma i poteri sono in equilibrio solo se sono tutti forti”. Legnini, eletto in parlamento con il Pd, sottosegretario alla presidenza del consiglio con Letta e al ministero dell’economia con Renzi, nel settembre 2014 viene eletto nuovo consigliere laico del Csm e successivamente vicepresidente del consiglio stesso.
“L’intervento del vice presidente del Consiglio superiore della magistratura – secondo il senatore Di Maggio (Cor) – è una sorta di autogol, provenendo egli stesso dal mondo della politica, la sua uscita piuttosto sembra un tentativo di difesa della casta”. “Davigo,” prosegue Di Maggio, “tocca un nervo scoperto del sistema politico italiano, lo avvertiamo anche in Commissione Antimafia quando dobbiamo occuparci della bontà delle liste. Le reazioni contro di lui sono il sintomo del fatto che i partiti sono restii a liberarsi delle mele marce, che purtroppo, quasi sempre, sono gli stessi che in queste occasioni si agitano di più”.
I politici “non hanno smesso di rubare”, semmai “hanno smesso di vergognarsi”, aveva detto Davigo nella intervista con Cazzullo al Corriere della Sera, evocando il rischio di una nuova stagione di Mani Pulite. Oggi si corrompe “con sfrontatezza” mentre prima lo si faceva “di nascosto”. Parole forti che, prima dell’intervento di Renzi in parlamento, avevano provocato un’alzata di scudi nel Pd. Davigo “cerca la rissa ma non la troverà : i giudici parlino con sentenze, noi rispettiamo il loro lavoro”, il commento di David Ermini, responsabile Giustizia della segreteria del Pd. “Si è costruito un ring dove tira cazzotti da solo. Perché, a chi giova?” così Walter Verini, capogruppo Pd della commissione Giustizia di Montecitorio. “Il Pd è insorto. Avranno mica la coda di paglia? #MafiaCapitale #trivellopoli #expoemose”, ha scritto su Twitter Alessandro Di Battista del Movimento 5 Stelle.
Legnini era già intervenuto cercando di placare gli animi: “Le dichiarazioni del presidente Davigo rischiano di alimentare un conflitto di cui la magistratura e il Paese non hanno alcun bisogno tanto più nella difficile fase che viviamo, nella quale si sta tentando di ottenere, con il dialogo ed il confronto a volte anche critico, riforme, personale e mezzi per vincere la battaglia di una giustizia efficiente e rigorosa, a partire dalla lotta alla corruzione e al malaffare”.
Parlando all’università di Pisa, Davigo ha detto che “la corruzione è un reato occulto, seriale e diffusivo negli ultimi venti anni, in questo Paese, non si è pensato a sconfiggere la corruzione, si è pensato a fermare le indagini e i processi contro la corruzione”. Poi la rettifica: “Mi spiace che alle mie dichiarazioni sia stato attribuito un significato diverso da quello che hanno”. “Non ho mai inteso riferirmi ai politici in generale, ma ai fatti di cui mi sono occupato ed a quelli che successivamente ho appreso essere stati commessi. Non ho mai pensato che tutti i politici rubino, anche perché ho più volte precisato che se così fosse non avrebbe senso fare processi che servono proprio a distinguere”.