Ddl intercettazioni. Alfano: “Non è frutto dell’azione di Governo”

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Ddl intercettazioni. Alfano: “Non è frutto dell’azione di Governo”

Ddl intercettazioni. Alfano: “Non è frutto dell’azione di Governo”

25 Maggio 2010

Aria di scossoni nelle aule del Parlamento. Questa notte la seduta in Commissione Giustizia al Senato è durata sei ore. Il disegno di legge da approvare era quello sulle intercettazioni, e alle 3 del mattino la maggioranza ci è riuscita, portando a termine la votazione di tutti gli emendamenti.

Ma non tutti si aspettavano un confronto diretto con il ministro della Giustizia Angelino Alfano, che è piombato ieri sera in Senato annunciando che il testo della Camera "ha rappresentato un compromesso alto tra i tre principi costituzionali in gioco: la privacy, il diritto di cronaca e quello relativo alle indagini". Un testo sul quale, tra l’altro, oltre un anno fa incassò la fiducia a Montecitorio. Come a dire: per il governo il testo della Camera, meno stringente di quello in discussione al Senato, è migliore.

Il ministro è infatti arrivato in Commissione e ha difeso il testo varato l’anno scorso sostenendo che, a parte la modifica dei presupposti per intercettare (dai "gravi indizi di colpevolezza" ai "gravi indizi di reato"), il resto "è frutto di iniziative parlamentari" e non dell’azione di governo.

Per quanto riguarda "la pubblicazione degli atti dei processi e l’inasprimento delle sanzioni – ha promesso Alfano – rifletteremo ulteriormente nel passaggio tra commissione e Aula". Quanto ad un eventuale nuovo voto di fiducia anche a Palazzo Madama, Alfano ha sottolineato che "la fiducia non la mette il Guardasigilli, ma il consiglio dei ministri, e , finora, non ha trattato questo argomento". La parola, quindi, va ora ai tecnici di palazzo Grazioli e di via Arenula che, di concerto con i commissari di maggioranza, dovranno approntare le modifiche necessarie a superare le perplessità di Quirinale e società civile, in attesa che il testo approdi in Aula, probabilmente nella settimana tra il 7 e il 13 giugno.

In questi giorni infatti, contro il provvedimento, si era registrata la mobilitazione generale del mondo dell’informazione e l’iniziativa promossa dalla Fnsi, svoltasi in contemporanea a Roma e Milano con la partecipazione dei direttori di tutte le principali testate italiane, grandi e piccole, ha dato un segnale di compattezza che forse non è sfuggito alla maggioranza. Al coro degli insoddisfatti non sono mancati direttori di giornali vicini al governo, come Mario Sechi de Il Tempo e Vittorio Feltri del Giornale.