De Stefano (Luiss): “Russi stanchi della mobilitazione militare, un rischio per Putin”
06 Dicembre 2022
“La decisione dell’Unione Europea di attivare l’embargo del greggio dalla Russia non è improvvisa. Bruxelles ha lavorato a questa soluzione praticamente da quando è iniziato il conflitto. Le tempistiche, quindi, erano note a Mosca. I russi hanno avuto la possibilità di prepararsi e fare i propri calcoli. Ciò però non toglie che gli effetti dell’embargo si faranno sentire”. A dirlo all’Occidentale è Carolina De Stefano, docente di storia e politica russa all’Università Luiss Guido Carli, e autrice di “Storia del potere in Russia. Dagli zar a Putin”, edito da Scholè.
Con De Stefano parliamo della tenuta del regime putiniano stretto tra le sanzioni occidentali e il conflitto ristagnante con l’Ucraina. Da lunedì scorso, le importazioni di petrolio proveniente da Mosca via mare sono vietate in Europa. Un primo passo che, sulla carta, dovrebbe precedere a partire da febbraio 2023 il divieto di importare dalla Russia tutti i prodotti petroliferi lavorati, in particolare il gasolio.
“In questo scenario – spiega De Stefano – , la Russia si trova a consolidare una tendenza già esistente. L’embargo sul greggio spingerà Mosca a esportare maggiormente verso India e Cina, paesi con i quali già prima del conflitto si era rafforzata la collaborazione economica, con numeri in aumento sulle esportazioni. Sul prodotto greggio, la Russia si convertirà sempre più verso i mercati dell’Est, ma sul gas, non potrà fare lo stesso, perché mancano le infrastrutture di collegamento verso i paesi orientali”.
Nonostante i rischi potenzialmente calcolati da Mosca quindi, a lungo andare, soprattutto se si arriverà a una qualche forma di embargo anche sul gas, le conseguenze saranno importanti per l’economia russa. “la Russia sarà costretta a diventare sempre più dipendente dai mercati dei paesi asiatici, e questo non è uno scenario ideale per Mosca”.
De Stefano: “Russi abituati a scenari che cambiano, sono popolo resiliente”
Dall’economia alla stabilità politica del regime. Con il conflitto in Ucraina che diventa endemico e sanzioni sempre più ampie, cosa rischia il regime di Putin? “E’ difficile percepire i sentimenti di una popolazione così vasta come quella russa da Occidente,” sottolinea De Stefano. “Ma senza dubbio l’alta amministrazione, le elite finanziarie, rappresentanti di compagnie energetiche che guadagnavano da contratti ricchissimi con i governi occidentali non possono essere soddisfatti dell’orizzonte attuale. Personalmente ritengo che le sanzioni agiscano maggiormente nel senso di indebolire il ruolo della Federazione Russa nello scenario internazionale, meno nell’alimentare lo scontento della popolazione verso Putin. In questo senso, non aiutano azioni come la chiusura delle frontiere imposta dal Paesi Baltici o dalla Polonia per impedire l’ingresso dei russi che non vogliono prendere parte all’intervento militare”.
Il peggioramento delle condizioni economiche non genera automaticamente l’effetto di ridurre il consenso verso il regime perché, secondo De Stefano, “i russi sono abituati a condizioni e scenari che cambiano repentinamente e reagiscono con particolare resilienza alle condizioni difficili. Il clima di rassegnazione e scoramento però c’è. Questo perché, rispetto al passato, il venir meno della fonte di legittimazione principale del sistema di potere putiniano, cioè la crescita economica, non può che generare una sfiducia sempre più diffusa”.
“Più che le difficoltà economiche, che comunque ci sono e sono notevoli, è l’annuncio della mobilitazione militare l’elemento di potenziale rottura del consenso, o di quel che ne resta, attorno a Putin. Si tratta di una misura fortemente impopolare che ha contribuito a cambiare gli umori nel Paese”.
“Il ventennio putiniano apre nuova fase imperialista”
Nel suo libro, “Storia del potere in Russia”, De Stefano si concentra in particolare sull’evoluzione post 1989, arrivando fino ai nostri giorni. “Nel momento in cui la Russia ha aggredito l’Ucraina ed è scoppiato il conflitto, il rischio è che verrà riscritta in senso deterministico la storia degli ultimi trent’anni anni”. “Il ventennio di potere putiniano, potrebbe apparire, ora e in futuro, come una parabola che avrebbe condotto in ogni caso e inevitabilmente a un Putin imperialista, quando in realtà ci sono molti altri elementi più recenti da considerare, su cui il libro cerca di riflettere conclude De Stefano.