Decreto Abruzzo, sì della Camera ma l’opposizione vota contro
23 Giugno 2009
Otto miliardi e mezzo di euro, per cominciare. Tre fasi d’intervento per rimettere in piedi l’Aquila, case nuove o ristrutturate a spese dello Stato, congelamento delle tasse, agevolazioni fiscali per le imprese, rimborsi , contributi e una serie di “finestre” che definiscono la cornice di un piano work in progress che impegnerà i governi della Repubblica per i prossimi 15-20 anni. Sono i numeri (quelli principali) del decreto terremoto che oggi è uscito da Montecitorio coi voti favorevoli della maggioranza perché, salvo 9 astenuti, le opposizioni hanno votato no imputando al governo di non aver apportato al testo le modifiche chieste. Alla faccia dell’emergenza nazionale. Solo una settimana fa Pd, Idv e Udc si erano astenuti.
Il testo è lo stesso licenziato dal Senato e identiche sono le polemiche e le accuse urlate contro Palazzo Chigi, dentro e fuori il Parlamento, come quelle dei comitati dei terremotati: seicento abruzzesi arrivati a Roma per dire “no”.
Invece, “il futuro dell’Abruzzo, in questa legge c’è”, rilancia Roberto Tortoli, parlamentare del Pdl e relatore del decreto alla Camera. Soldi e una tabella di marcia contingentata che fissa il tempo degli interventi . E se si va a vedere, quanto stanziato dai precedenti governi per i disastri sismici che hanno colpito altre regioni, si ha chiara la portata dell’impegno di Palazzo Chigi che sull’Abruzzo ci ha messo la faccia e si gioca pure una buona fetta di consenso popolare. Nel primo decreto per il terremoto del Belice le risorse messe a disposizione furono pari al corrispettivo in euro di 15 milioni; per il Friuli il primo provvedimento governativo prevedeva 407 milioni che diventarono 774 nel primo decreto a favore dei terremotati dell’Irpinia. Per il sisma che colpì l’Umbria e le Marche – siamo nel 1997 e al governo c’è Prodi – di milioni per la ricostruzione il primo decreto ne stanziò 968. Soldi dunque, ma la novità sta pure nella tipologia d’intervento perché “è la prima volta a livello europeo che si costruiscono moduli abitativi su piastre antisismiche con una tecnologia d’avanguardia tutta italiana” dice Tortoli per il quale va tenuto conto anche di un altro aspetto: “Non era mai successo prima che un terremoto colpisse il centro di una città capoluogo. Ci siamo trovati di fronte a una realtà nuova, complessa, difficile sulla quale ragionare e impostare il piano di intervento”.
Un piano in tre fasi: emergenza straordinaria, emergenza ordinaria, ricostruzione. La prima: ha visto in campo Protezione civile, Vigili del fuoco e la grande macchina della solidarietà con una presenza “massiccia e costante dello Stato che davanti alle case ridotte in calcinacci si è preso l’impegno di ricostruirle in tempi rapidi”, sottolinea il parlamentare del Pdl che snocciola i numeri dell’assistenza ai terremotati: “Oggi sono 56mila le persone che vivono nelle tendopoli, novemila in meno rispetto a un mese fa perché questi ultimi sono già rientrati a casa. Dei 56mila sfollati, 23mila vivono nelle tendopoli ed altri 31mila sono alloggiati negli alberghi della costa o in case di amici e parenti”.
La seconda fase ha un unico obiettivo: via le tende, avanti con le nuove abitazioni anche se temporanee. Tempi: “Entro la fine di novembre” ripete Tortoli. I nuovi edifici sorgeranno su venti piastre antisismiche (duecento appartamenti su ciascuna) e le prime due sono già in fase di realizzazione; servono ottanta giorni per consegnare il primo complesso abitativo. I lavori sono già appaltati e i cantieri aperti. A L’Aquila e dintorni operano sedici aziende italiane (tra queste due abruzzesi).
“E’ un lavoro incessante – dice Tortoli –; sono impegnati operai suddivisi in tre turni (mattino, pomeriggio e notte ) e sono state previste penali molto alte nel caso in cui una ditta non rispetti i tempi di consegna. I primi complessi abitativi saranno pronti a metà settembre, il resto nei due mesi successivi. E comunque, entro la fine di settembre tutti lasceranno le tende per essere ospitati in strutture adeguate perché in Abruzzo il freddo arriva sempre in anticipo. Nel frattempo, le persone che hanno avuto l’abitazione agibile e danneggiata non in modo grave, potranno farvi ritorno dopo gli interventi necessari . Si calcola che il 65-70 per cento delle abitazioni sarà di nuovo agibile nel breve periodo”. Terza fase: la ricostruzione, centri storici compresi. Ed è qui che si concentrano le polemiche. Perché se nel decreto è già nero su bianco che le prime case per i residenti saranno edificate al cento per cento a spese dello Stato, la questione al centro delle proteste dei giorni scorsi riguarda le dimore dei non residenti . Su questo punto Tortoli è chiaro: la priorità è ridare una casa a chi non ce l’ha più. “Qui si pretenderebbe di avere tutto e subito da un primo decreto che vedrà l’impegno dello Stato per i prossimi 15-20 anni e che peraltro contiene già tutte le finestre necessarie a coprire le tre fasi”, osserva il parlamentare del Pdl”.
La norma garantisce il diritto al totale indennizzo per chi ha la casa distrutta o lesionata dal sisma. Per le abitazioni agibili ma che necessitano di piccoli lavori, lo Stato partecipa con un contributo di diecimila euro a immobile. Quanto alle seconde case nei centri storici, nel provvedimento c’è una finestra specifica anche se non è completamente chiara l’entità della copertura: c’è la previsione di un contributo fino a 80mila euro sicuramente insufficiente trattandosi di lavori complessi e costosi in una zona della città di particolare pregio artistico e architettonico. Tuttavia, all’articolo 14 si parla espressamente di centri storici, quindi rimarca il relatore del decreto terremoto “la garanzia che anche le case dei non residenti saranno tutelate esiste eccome nel provvedimento; abbiamo preferito aprire le cosiddette finestre per consentire di operare con le ordinanze del commissario delegato calibrandole su specifiche necessità che di volta in volta si manifesteranno” chiosa Tortoli che invita a giudicare l’operato del governo “sulle prime due fasi”. Tra le misure a sostegno delle imprese c’è l’istituzione di zone franche urbane nei comuni più colpiti dal sisma (come peraltro chiesto da alcuni sindaci) o in alternativa nel caso in cui l’Europa cui spetta la competenza non dovesse approvare questo istituto, potrà essere deciso uno specifico regime fiscale. Sul capitolo il governo ha stanziato 45milioni. “Anche in questo caso – osserva il relatore del decreto – si tratta di misure e risorse da modulare a seconda delle esigenze”.
Oggi il sì di Montecitorio con la solita coda di polemiche contro il governo dai banchi delle opposizioni. Ma il futuro dell’Abruzzo non può attendere.