Deficit di democrazia nel Pdl? Il partito rispedisce le accuse al mittente

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Deficit di democrazia nel Pdl? Il partito rispedisce le accuse al mittente

21 Luglio 2009

Un Pdl più organizzato e con un livello maggiore di democrazia interna è la migliore risposta al partito del sud. E ancora: urge una riunione quanto prima della direzione per analizzare il voto, “ogni partito serio lo farebbe”. Per finire:  serve una “riflessione sul modello organizzativo. Con questa storia del partito del sud si evidenzia soprattutto che nel Pdl c’è ancora un vuoto”. E’ la sollecitazione del ministro Ignazio La Russa che è pure coordinatore del Popolo della Libertà insieme a Sandro Bondi e Denis Verdini. E il fatto che a dirlo sia proprio uno dei tre triumviri è cosa che non passa inosservata, fuori e dentro il partito, nato appena quattro mesi fa. Non a caso le reazioni dei colleghi parlamentari del Pdl non si fanno attendere e oggi in Transatlantico le parole di La Russa sono rimbalzate da un divanetto all’altro.

Il vicepresidente della Camera Maurizio Lupi ricorda al ministro-coordinatore che non esiste un deficit di democrazia. Del resto il Pdl è nato a marzo e ha dovuto subito affrontare il doppio test elettorale di giugno; ragion per cui, osserva Lupi, “si è concentrato prima sulle europee e poi sulle elezioni amministrative. Ora in questi tre o quattro mesi penserà al’organizzazione del territorio”. Il passaggio sulle nomine dei vertici territoriali si sta completando e ai coordinatori regionali e provinciali ora si aggiungerà “l’elezione dei coordinamenti provinciali, dunque non c’è nessun deficit democratico”, anche perché  – rimarca il vicepresidente della Camera – “abbiamo la nostra carta dei valori e lo statuto a cui fare riferimento”.

Altrettanto netto il commento del vicepresidente dei deputati Osvaldo Napoli che al ministro-coordinatore suggerisce di "stare tranquillo visto che nel nostro partito c’è democrazia. Domani nella direzione saranno affrontati i problemi organizzativi di cui parla anche perchè in questo periodo governo e partito hanno avuto molto atro da fare”. E sul tema della democrazia interna, taglia corto: “Con un presidente  del Consiglio come Berlusconi non c’è nessun problema".

Il richiamo alla direzione nazionale del Pdl non è casuale, perché al centro del confronto – è facile ritenere – non ci sarà solo l’organizzazione del partito sul territorio e il suo radicamento nelle realtà locali, quanto piuttosto una disamina articolata su come e quanto le spinte movimentiste del sud possano ostacolare il cammino del neonato partito. Miccichè da un lato e Lombardo dall’altro sono variabili sulle quali il Pdl dovrà comunque ragionare, anche per fronteggiare il monito che arriva da entrambi i fronti aperti e che potrebbe avere ripercussioni dirette negli equilibri interni ai gruppi parlamentari di Camera e Senato. Il governatore della Sicilia ha già annunciato la linea del sostegno condizionato al governo  coi  deputati e senatori del Mpa  che valuteranno di volta in volta se i provvedimenti dell’esecutivo terranno nella giusta considerazione le istanze del sud. Più soft nei termini la posizione di Miccichè che attende la risposta di Berlusconi sul documento per il Mezzogiorno al quale dopo la convention di Sorrento sta lavorando con l’ex ministro Martino. Ma la sostanza cambia di poco: se la risposta del Cav non sarà soddisfacente i suoi uomini non escludono la possibilità della formazione di gruppi di parlamentari meridionali “interni o esterni” al Pdl come ha osservato il deputato siciliano Stagno D’Alcontres, favorevole al progetto del sottosegretario alla presidenza del Consiglio.

Nell’intervista a La Stampa, La Russa si sofferma sulle spinte movimentiste che arrivano dal sud sottolineando che la “soluzione del sud esiste già e si chiama Pdl”. Detto questo, insiste nella necessità di dotare un grande partito come il Pdl che oltretutto in Sicilia supera il 50 per cento dei voti, di una struttura organizzativa “degna di questo nome” e che occorre “ricordarsi che siamo un grande partito nazionale che guarda con attenzione a tutti i problemi sociali e territoriali”. La ricetta, per il coordinatore del Popolo della Libertà, si chiama “democrazia” e sono necessari organismi di partito che funzionino. Non sottovaluta il fatto che iniziative come quella del partito del sud rappresentino in un certo senso "l’espressione al massimo di un disagio organizzativo, di una periferia che si sente poco rappresentata al centro”, ma questo non significa ipotizzare confini diversi da quelli del Pdl. E da uomo del sud rilancia: la direzione giusta è quella opposta al partito del sud perché “noi dobbiamo tendere a una politica nazionale” e tenere insieme la Lega. Anche perché il rischio che La Russa individua come “risultato catastrofico per il Mezzogiorno” è un ipotetico scenario nel quale il partito di Bossi si “arroccherebbe sui privilegi del Nord e il sud sulle richieste”.

Insomma, dal partito del sud all’organizzazione interna, nel Pdl di carne al fuoco ce n’è molta. E la direzione nazionale di domani potrebbe rappresentare un passaggio strategico su entrambi i fronti. Per fare chiarezza e ripartire dal Mezzogiorno.