Deficit e debito, la manovra 2017. Su Equitalia continua la farsa di Renzi

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Deficit e debito, la manovra 2017. Su Equitalia continua la farsa di Renzi

16 Ottobre 2016

Il Consiglio dei ministri si è riunito sabato pomeriggio a Palazzo Chigi per approvare il disegno di legge di bilancio dello Stato per l’anno finanziario 2017 e per il triennio 2017-2019. Nella narrazione renziana, si tratta di una manovra di politica economica che punta a sostenere la crescita, a rafforzare i servizi e misure specifiche di sostegno alle fasce sociali più indebolite dalla crisi. La manovra vale 27 miliardi, si compone del disegno di legge di Bilancio e di un decreto legge che contiene misure di urgenza. Rispetto a quanto annunciato nei giorni scorsi, la manovra vale due miliardi in più rispetto a quanto annunciato, in attesa di capire come la prenderà Bruxelles.

Superspot è l’abolizione di Equitalia e la rottamazione delle cartelle esattoriali, provvedimento che con ogni probabiltà verrà usato come una clava nella propaganda renziana per il Sì. Abbiamo spiegato, qui, perché il presunto “condono” su Equitalia è solo un bluff. Sale da 6 a 7 miliardi la spesa per le pensioni e sale anche il finanziamento al Fondo nazionale della sanità, da 111 a 113 miliardi. Infine nuove promesse di assunzioni nel pubblico impiego, costo stimato circa 2 miliardi di euro. 

Per fare tutto questo, il governo punta a un crescita del Pil dell’1%, previsione rivista al ribasso da più di un ente o organismo nazionale e internazionale, ma soprattutto alza l’asticella del deficit, al 2,3% del Pil rispetto al 2% indicato nel quadro macroeconomico approvato dal Parlamento (valore 12 miliardi, sempre Bruxelles permettendo). Altri margini di bilancio serviranno a finanziare le spese eccezionali per la ricostruzione post-terremoto e l’emergenza migranti, che ormai è un pozzo di spesa che non ha più niente di emergenziale visto che è diventato la norma. 

“La Commissione europea risponderà in un paio di settimane. I rapporti con la Ue sono sempre molto fruttuosi, se ci sono problemi cerchiamo di vederli prima piuttosto che dopo”, mette le mani avanti Padoan. Tutti da verificare gli effetti delle sbandierate misure di sostegno alla competitività e di stimolo agli investimenti contenute nella strategia “Industria 4.0”, che dovrebbero mobilitare 20 miliardi (venti) di risorse. Come pure sul fronte fiscale si può dire che le tasse non scendono realmente, soprattutto il peso del fisco sulle famiglie, al massimo si evita di alzarle ulteriormente con gli aumentai dell’Iva e delle accise. 

Sul fronte delle pensioni sono previsti sette miliardi in tre anni a sostegno di quelle più basse, altra promessa centrale nella propaganda renziana per dragare voti verso il Sì al referendum, con l’introduzione della quattordicesima e la possibilità di andare in pensione prima. Il premier in conferenza stampa con Padoan ha fatto un discorso che ricalca un po’ quello di chi dice non sarà la migliore riforma del mondo ma tanto vale teniamocela. “L’Italia non va ancora bene, ma va meglio di come andava fino a due anni fa”. Accontentatevi.  

Poi tante belle parole per la filosofia per 2017: “merito e bisogno, tenere insieme competitività ed equità, una chance a chi ci prova, una mano a chi non ce la fa… Ricordate la pubblicità? Potevamo stupirvi con effetti speciali… Noi non vi stupiamo con effetti speciali ma con il lavoro costante, quotidiano”. Se intendeva l’impegno demagogico Renzi ha pienamente ragione, stupisce più di qualsiasi spot. Tant’è che il premier ricorda gli 80 euro, come dimenticarli, soprattutto quelli restituiti. 

In realtà dietro le promesse della manovra c’è la politica economica di sinistra che abbiamo imparato a conoscere bene: più spesa pubblica, più spesa per gli statali, più spesa per le pensioni e per la sanità pubblica, che attenzione, non vuol dire rendere più efficiente il nostro sistema sanitario. Renzi va a braccetto con i sindacati che doveva rottamare, ma chissà se riuscirà a strappare davvero qualcosa a Bruxelles, visto che dietro le mirabolanti uscite sulla crescita all’uno per cento, dicasi uno per cento, c’è solo la certezza del deficit e del debito in aumento.

Le “mancette” elettorali di Renzi per il referendum non fanno bene all’Italia e restiamo in attesa di capire quali saranno le coperture della legge di bilancio.