Dell’insana voglia di possedere libri

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Dell’insana voglia di possedere libri

13 Febbraio 2009

Venticinque anni di passione. Un quarto di secolo passato a rovistare fra bancarelle e vecchie librerie. Una fetta della vita dedicata a inseguire e a cacciare prime edizioni italiane del Novecento. Libri, insomma. L’insana voglia di possedere il pezzo raro, il volume stampato in pochissime copie, anche a costo di dissanguarsi economicamente. Il furetto in questione si chiama Giampiero Mughini, giornalista famoso al grande pubblico per la sua sviscerata “altra” passione per la Juventus. Catanese di nascita, è stato tra i protagonisti dei movimenti che ribollivano negli anni Sessanta in quella tinozza chiamata Italia. Sempre appassionato di letteratura, nonché, da giovinetto, fondatore e direttore di una rivista chiamata “Giovane critica”, e ricordata ancora oggi non solo dagli addetti ai lavori.

Ma torniamo al libro di Mughini e alla sua “Collezione”. Che non è soltanto un atto d’amore per la strepitosa biblioteca costruita nel corso del tempo, ma anche un modo per raccontare la storia letteraria e sociale dello Stivale attraverso quelle vecchie copertine, spesso fragili e introvabili.

Mughini si sofferma sul valore dell’oggetto-libro in sé, ma la sua abbondante competenza sull’argomento gli consente di spaziare anche su storie minime, marginali, sconosciute; e così racconta di geniali stampatori e grandissimi ma sconosciuti illustratori, si sofferma sulle a volte tragiche a volte festose peripezie delle parole che possono prendere forma in un’oscura tipografia di Marradi (è il caso dei Canti Orfici di Dino Campana) o in una fabbrica savonese di scatole di latta per dolciumi (la litolatta di Marinetti Parole in libertà futuriste, da un’idea di Tullio d’Albisola).

Mughini  fa riemergere scrittori dimenticatissimi. Facendo schiattare di invidia i collezionisti, giacché nella sua lunga carriera attraverso i suoi amici librai (li chiama “i miei pusher”) ha creato probabilmente il più importante fondo di prime edizioni italiane del Novecento. Da Ossi di Seppia (mille copie stampate per i tipi delle edizioni di Piero Gobetti) alle rarissime 9 liriche  di Lucio Piccolo (un’auto-edizione che reca l’imprinting in quel di Sant’Agata di Militello, nei pressi di Messina); da il Porto sepolto di Ungaretti (prodotto in ottanta copie, oggi il valore di un esemplare sfiora i 25 mila euro) alle cento copie de La Sicilia il suo cuore, unico libro di poesie di Leonardo Sciascia.

giancarlo.macaluso@libero.it

Giampiero Mughini, La collezione. Un bibliofolle racconta i più bei libri italiani del Novecento, Einaudi, pp. 275, 16 euro