Di cerchisti e Lady Bossi scrivono i giornali e lo dicono i leghisti
04 Ottobre 2011
di redazione
Il fuoco di Bossi, le fiamme di Calderoli, le saette dei cerchisti magici. I giornalisti? Dicono e scrivono solo “stronzate”. E giù anatemi e scomuniche, pressing sul Cav. perché smentisca. Smentisca cosa? Il racconto di ciò che si agita dentro la Lega, dei giochi e degli equilibri in campo per la ‘secessione’ (o successione) da Bossi. Una partita venuta a galla col braccio di ferro tra il cerchio magico in mano alla moglie del Senatur, (co-fondatore dei movimento) e l’ala oltranzista dei maroniani; proseguita col tentativo di spodestare Reguzzoni dalla presidenza del gruppo alla Camera, culminata con la prova di forza dei fedelissimi di Maroni sull’arresto di Papa. E tuttora in assoluto movimento con la ‘guerra’ dei congressi provinciali. Sempre più due partiti nel partito.
Cristina Giudici, giornalista di Panorama e de Il Foglio che di cose leghiste ne mastica da anni, ha raccontato semplicemente ciò che accade. Lo ha scritto un mese fa scatenando l’ira funesta del Senatur e dei suoi pretoriani. Tanto rumore per nulla si potrebbe dire, visto che un mese dopo a dire le stesse cose sono gli stessi leghisti. E non più troppo sottovoce. Come il sindaco di Verona, Flavio Tosi che ha detto chiaro e tondo che discutere dei confini della Padania e se la Padania esista o meno è pura filosofia, perché i problemi del paese sono altri. Tosi per questo rischia la scomunica e lunedì Maroni ha dovuto tentare di smussare l’angolo dei cerchisti già pronti a intonare il de profundis al leghista-maroniano che ha tradito. Per ora il primo cittadino ribelle si è preso lo shampoo del capo ma c’è da credere che stavolta potrebbe non finire a tarallucci e vino. Che dire poi del sindaco di Varese Attilio Fontana critico sulla manovra insieme ad altri colleghi e per questo ‘consigliato’ ad uscire dall’Anci.
La partita ora si concentra sui congressi e non a caso il Senatur – dopo quello di Brescia e della Val Camonica finiti uno a zero per i maroniani – ha deciso di metterci il carico del suo endorsement a sostegno di un candidato piuttosto che di un altro, come ha fatto per l’assise provinciale di Varese, roccaforte di Bossi e pure di Maroni. La partita ormai è sotto gli occhi di tutti, i giochi sono chiari. Lo erano un mese fa, lo sono oggi.