Di Risio cerca la sponda dei cinesi e dei turchi, ma le trattative sono in bilico

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Di Risio cerca la sponda dei cinesi e dei turchi, ma le trattative sono in bilico

22 Giugno 2012

Un braccio di ferro durissimo. Nessuno intende mollare. Da un lato c’è il ministero dello Sviluppo economico, dall’altro la Dr Motor, finora l’unica azienda candidata a rilevare l’ex stabilimento Fiat di Termini Imerese. Il colpo inferto dal sottosegretario Claudio De Vincenti (stando a quanto riferito da fonti sindacali) avrebbe steso chiunque. Ma non Di Risio, che ha rilanciato mettendo sul piatto due possibili soci: i cinesi della Chery (già partner della casa automobilistica molisana) e il gruppo turco Mermerler.

L’ennesimo scontro tra il dicastero e l’imprenditore isernino si è consumato ieri pomeriggio, al termine di un incontro con i segretari generali di Fiom, Fim e Uilm. "Di Risio fuori dai giochi per rilevare lo stabilimento automobilistico siciliano", hanno annunciato i sindacalisti. In particolare Rocco Palombella, leader nazionale della Uilm, a Radiocore ha detto che il ministro "Passera sta definendo un piano per riaprire la possibilità di far intervenire case di produzione automobilistica internazionali". Si parla di contatti con ben 17 costruttori, sparsi in tutto il mondo. Ma di concreto non c’è nulla. Se non quello che ha l’aria di essere il colpo di grazia per il progetto di Massimo Di Risio. Se ne saprà di più tra poco meno di tre settimane, quando i sindacati torneranno al ministero per sapere sei primi contatti con i produttori d’auto abbiano sortito effetto oppure no.

Certo è che neanche Passera è esente da critiche. Contro di lui si è scagliato Roberto di Maulo, segretario della Fismic: "Non comprendiamo – ha detto – cosa spinga il ministero Passera a voler ripercorrere il travagliato cammino che a dicembre aveva visto tutti uniti nella scelta della Dr Industrial (la società creata ad hoc da Di Risio per approdare a Termini, ndr), giungendo alla firma dell’accordo. Se il Governo ha delle soluzioni in tasca le tiri fuori o consenta all’imprenditore di proseguire nel suo percorso". Quelle voci sul naufragio del progetto "made in Molise" il sindacalista proprio non le ha mandate giù: "Non comprendiamo – ha detto ancora Di Maulo – dove si voglia arrivare nel temporeggiare nella risoluzione della questione e ci domandiamo su quali basi l’advisor Invitalia abbia effettuato le indagini finanziarie sulla validità della proposta della Dr Industrial nell’autunno scorso e quali sia la prospettiva dei lavoratori di Termini Imerese che, ad oggi, non sono stati ancora autorizzati all’esodo verso la pensione e, di conseguenza, a fine anno vedrebbero scadere gli ammortizzatori sociali esistenti".

Ma le repliche più dure contro i rumors provenienti dal ministero dello Sviluppo economico sono arrivate direttamente dal quartier generale di Macchia d’Isernia: "Smentiamo categoricamente – hanno tuonato dalla Dr – le voci che ci vogliono fuori dall’operazione. Continuiamo a lavorare per la ricapitalizzazione. Chery (che l’anno scorso ha prodotto tre milioni di auto, ndr) e il gruppo turco Mermerler hanno formalmente manifestato interesse. Basta con le azioni di disturbo alle nostre trattative. Nonostante le voci che ci vogliono fuori dall’operazione, non abbiamo ricevuto alcuna comunicazione ufficiale da Invitalia né dal ministero". La Dr Motor Company fa inoltre notare che nel documento redatto al termine della riunione del 4 giugno scorso, il ministero ha sì detto che si sta guardando intorno alla ricerca di alternative, ma al tempo stesso ha anche messo nero su bianco che "se, nelle more, la Dr Motor avrà provveduto alla ricapitalizzazione richiesta, garantendo il rispetto del piano presentato a gennaio, dovrà tempestivamente comunicarlo all’advisor Invitalia". Insomma: più che bocciato, Di Risio era stato rimandato.

Ma voci e dichiarazioni più o meno ufficiali continuano a minare la credibilità dell’industriale molisano. Che però non intende ritirarsi. Proprio ieri sera ha annunciato che il numero uno di Chery Internatonal, ZhouBiRen, presto visiterà lo stabilimento di Termini Imerese. "Il partner industriale di Dr – dicono ancora dalla sede di Macchia d’Isernia – conferma in questo modo il suo pieno appoggio all’operazione di espansione industriale del gruppo automobilistico italiano. Chery ha infatti già formalizzato, attraverso una manifestazione di interesse, i propri intenti di voler entrare nel capitale sociale di Dr per l’acquisizione del sito industriale siciliano".

Nelle ultime ore, come detto, anche il gruppo imprenditoriale turco Mermerler ha bussato alla porta di Massimo Di Risio con una manifestazione d’interesse "per l’immissione di equity nel proprio capitale sociale". Alla luce di queste novità, ai vertici della Dr appare "evidente che più di qualcuno ha interesse a ostacolare il lavoro della Dr e quello che di fatto ad oggi è l’unico piano industriale per il rilancio di Termini Imerese. A chi giova tutto questo?".

A Macchia d’Isernia se lo chiedono. In questa corsa ostacoli per ora una consapevolezza c’è: la Dr non troverà di certo sostegno nel corregionale Antonio Di Pietro. Anzi. In una recente esternazione ha continuato a ‘picconare’: "Il ministro dello Sviluppo economico – ha detto – ha finalmente preso atto dell’inconsistenza dell’offerta del gruppo Di Risio, restano però ancora troppi dubbi intorno alle sorti dello stabilimento di Macchia di Isernia i cui lavoratori si trovano ancora ad essere senza retribuzione. A lungo abbiamo chiesto copia del piano industriale per fare chiarezza su eventuali garanzie finanziarie. Ma il piano non è mai arrivato". Ringalluzzito dalle dichiarazioni del ministro Passera sull’affidabilità della Dr, Di Pietro ha dunque presentato una nuova interrogazione al governo. Oltre a ricordare una presunta inchiesta da parte della Procura di Isernia, ha ribadito la richiesta di "un intervento in merito alla sorte dei lavoratori dello stabilimento di Macchia d’Isernia, da mesi senza stipendio". Un biglietto da visita, quello confezionato dal presidente dell’Idv, non certo dei migliori e che sembra affossare Di Risio nell’impresa – ormai quasi ai limiti dell’impossibile – di mettere radici in Sicilia.  

Ma i molisani, eredi dei Sanniti, sono caparbi. E non è detto che alla fine Di Risio non riesca a dimostrare di avere la testa più dura di tutti. Più dura anche di quella del suo corregionale Di Pietro, inquisitore a tutti i costi, sempre e comunque. Sotto la giacca e la cravatta, Tonino dimostra con i fatti di continuare a indossare la toga da pm. E non si sa fino a che punto sia un bene.