
Dialogo sempre più difficile tra Putin e l’Occidente

13 Febbraio 2008
Un Putin a tutto campo in politica estera alterna ramoscelli
d’ulivo e tamburi di guerra verso l’Occidente, con un occhio agli interessi
strategici russi e uno alle elezioni presidenziali del 2 marzo.
L’evento più importante degli ultimi giorni è di certo la
stipula a Mosca, il 12 febbraio, dell’accordo tra Russia e Ucraina sulla
fornitura di gas a Kiev. Putin ha firmato di fatto a nome della compagnia
Gazprom, rivelando oltre ogni ragionevole dubbio la regia politica dietro le
scelte economiche del monopolista energetico. Si tratta di un accordo quadro
con il governo ucraino che regola il contenzioso passato e detta i termini per
i rapporti futuri. Da un lato, l’Ucraina si impegna a pagare in breve tempo il
debito di 1,5 miliardi di dollari con Mosca, maturato in seguito al repentino
aumento del prezzo delle forniture energetiche deciso da Gazprom dopo la
vittoria elettorale a Kiev della coalizione filoccidentale. Dall’altro, le
parti escludono per il futuro, secondo quanto riporta l’International Herald
Tribune del 13 marzo, l’intermediazione della “RosUkrEnergo, una società di
intermediazione con sede in Svizzera di cui sono azionisti la Gazprom e due
uomini di affari ucraini (…) accusata di lucrare profitti aumentando il prezzo
al consumo”. I dettagli dell’accordo non sono stati resi pubblici, e ciò ha
sollevato le critiche del presidente della Commissione parlamentare ucraina
sulla politica fiscale, che giudica l’accordo una prosecuzione dello status quo
e quindi della debole posizioni negoziale ucraina. Ad ogni modo, l’accordo
sembra garantire le forniture energetiche ucraine per il prossimo futuro, e
quindi la stabilità socioeconomica e il consenso politico per l’attuale governo
filo-occidentale impegnato in una difficile opera di modernizzazione del paese.
Altro tema al centro del triangolo tra Mosca, Kiev e
l’Occidente è l’ingresso dell’Ucraina nella Nato. I vertici politici ucraini –
presidente della repubblica, premier e presidente del parlamento – hanno
scritto una lettera aperta al segretario generale dell’Alleanza Atlantica per
chiedere l’avvio, già nel vertice Nato di Bucarest previsto ad aprile, del
Membership Action Plan (MAP). Il MAP è la procedura di stretta cooperazione tra
l’Alleanza e il paese candidato all’ingresso volta a realizzare le necessarie
riforme militari, istituzionali e politiche per aderire alla Nato. E’ un
percorso che dura anni, e non porta automaticamente all’ingresso ma lo facilità
in modo significativo. Gli Stati Uniti sono favorevoli all’avvio immediato del
MAP, sia alla luce del contributo militare che l’Ucraina già fornisce alle
missioni Nato in Afghanistan e nei Balcani, sia per l’effetto stabilizzatore su
un paese chiave dello scacchiere euroasiatico. La maggioranza dei paesi europei
avanza invece forti dubbi sulle capacità militari di Kiev, sulla volontà della
sua classe politica di aderire alla Nato, e soprattutto sulle conseguenza che
l’adesione avrebbe sui rapporti con la Russia.
Mosca infatti è
assolutamente contraria all’ingresso nell’Alleanza Atlantica, e quindi nella
sfera di influenza occidentale, di una ex repubblica sovietica che ha forti
legami storici con la Russia e fa parte, secondo il Cremlino, di quell’estero vicino nel quale la Nato non
dovrebbe ingerire. Putin, stando ancora all’International Herald Tribune del 13
febbraio, pare abbia intenzione di “puntare i suoi missili strategici
sull’Ucraina se il paese permettesse la costruzione di infrastrutture Nato sul
suo territorio”. Già nei giorni scorsi il presidente russo aveva duramente
criticato insieme l’espansione dell’Alleanza Atlantica ad est e il progetto
americano di costruire un sistema di difesa anti-missili balistici in Europa
orientale. Come riferisce il Financial Times del 9 febbraio, Putin ha affermato
che “una nuova corsa agli armamenti è iniziata nel mondo, non a causa nostra
(…) e siamo costretti a rispondere: nei prossimi anni la Russia produrrà nuovi
tipi di sistemi d’arma in nessun caso inferiori a quelli altrui”. Affermazioni
dai toni forti che di certo piaceranno all’elettorato nazionalista russo, che
il presidente cerca di portare in massa a votare in una consultazione dagli
esiti scontati, e perciò a rischio di bassa affluenza, dopo che il Cremlino ha
estromesso dalla competizione i candidati delle forze democratiche. Toni che
allo stesso tempo hanno destato scalpore tra gli alleati della Nato, alle prese
in vista del prossimo vertice con temi scottanti per i rapporti tra Russia e
Occidente come l’ingresso di Ucraina e Georgia nell’Alleanza, lo scudo
antimissile, la sicurezza energetica europea, la moratoria russa dal Trattato
sulle forze convenzionali in Europa.
La Russia è ben consapevole dell’importanza di questo
vertice nella definizione della posizione alleata sui vari dossier aperti con
Mosca, e il ministro degli Esteri Lavrov ha dichiarato che Putin parteciperà al
Consiglio Nato-Russia, il forum di consultazione istituito nel 2002 con gli
accordi di Pratica di Mare, previsto in concomitanza col vertice. Secondo
Lavrov il presidente uscente vuole discutere delle numerose questioni pendenti
per raggiungere “soluzioni generalmente accettabili”. Considerate le attuali
divergenze, è difficile che le eventuali decisioni saranno accettabili per
tutte le parti in causa.