Dialogo strada di pace per arrivare alla verità delle cose

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Dialogo strada di pace per arrivare alla verità delle cose

Dialogo strada di pace per arrivare alla verità delle cose

03 Luglio 2019

Viviamo in tempi in cui la politica è malata, di mali diversi. Dall’egoismo ad un individualismo fine a se stesso e scollegato dalla realtà, fino al relativismo più spinto che smentisce ciò che il giorno prima aveva avvalorato.

Per questa ragione si avverte, oggi più che mai, la necessità di una partecipazione chiara e decisa alla vita politica da parte dei cristiani. Occorre, infatti, ricreare una politica che ripristini un nuovo umanesimo. Una politica che metta al centro l’uomo e il suo rapporto con Dio.

Da sempre, uno dei mezzi più potenti che il cristiano adopera per far sentire la propria voce in politica è quello del dialogo. Il dialogo, infatti, è quel meccanismo che permette, attraverso il confronto e lo scambio, di arrivare sempre alla verità delle cose che non tende mai né ad un estremo né ad un altro, ma si colloca sempre nel mezzo.

Questo è il fulcro di Il dialogo strada di pace, saggio scritto a quattro mani da Domenico Scillipoti (ex senatore di Forza Italia) e da Bruno Volpe, giornalista e redattore del quotidiano online La Croce, ed edito da Italia semplice. Un volume veloce e di facile lettore, ma assolutamente denso di contenuti e di riflessioni. Non si propone come un manuale pedante e pedagogico per tutti quei cristiani che vogliano, e che dovrebbero per dovere morale, tornare ad occuparsi della vita politica per spirito di servizio presso il prossimo, ma come un agile prontuario.

Il dialogo deve tornare ad essere la parola chiave della vita di ogni cristiano. Dall’universale al particolare. Il dialogo tra l’uomo e Dio, il dialogo tra i popoli e le religioni unico possibile antidoto contro ogni guerra , il dialogo all’interno di ogni ambito della politica, unica strada che (al contrario delle grida da piazza e del sentimentalismo un tanto al kilo) può portare a soluzioni concrete.

Il dialogo, infatti, è per definizione quel meccanismo che porta le diverse visioni del mondo ad una sintesi, contro qualsiasi autoreferenzialità.

Un dialogo che, e qui sta il grande coraggio e l’audacia di questo saggio, si propone di trovare una sintesi tra fede e ragione. Perché come sottolineato da Papa Benedetto XVI nel 2007 “ Dove si trascura la dimensione intellettuale nasce una forma di pia infatuazione, e dove si trascura la dimensione spirituale si crea un razionalismo rarefatto”. Un concetto, questo, ripreso qualche giorno fa dal senatore Gaetano Quagliariello.

“ L’empatia di per sé non è certo un male, anzi. Diventa pericolosa quando è manovrata dall’alto ed è volutamente tenuta distante dal senso di realtà. Pericolosa, sì, perché rischia – e ci riesce pressoché sempre – di distorcere orwellianamente la verità.
Chi mi conosce sa che sono un critico del razionalismo e della sfrenata idolatria illuministico-rivoluzionaria della ragione asettica. Pertanto non ne sarò l’avvocato difensore.E tuttavia, d’altra parte, mi sembra che oggi il rischio sia quello di finire nelle braccia di un altro demone, altrettanto pericoloso: il sentimentalismo sganciato da ogni senso di razionalità e realtà. In altre parole, la dittatura delle raffigurazioni
.”

Ovviamente, e questo è sottolineato a più riprese, dialogo non è mai sinonimo di compromesso. Il cristiano che decide di partecipare alla vita politica non deve mai sacrificare quelli che sono dei valori e dei principi non negoziabili. Una nozione fondamentale, questa, che è stata anche rimarcata da Papa Francesco al Meeting International Catholic Legislator Network, ovvero che i politici cristiani e cattolici devono “ Approvare progetti di legge coerenti con la visione cristiana dell’ uomo e della società“.

Un politico cristiano e cattolico non può e non deve accettare compromesso alcuno quando si tratta di difendere la vita dal suo concepimento fino alla sua fine naturale; quando si tratta di opporsi fermamente all’eugenetica e a esperimenti bioetici in netto contrasto con la morale della vita, perché il progresso non può mai essere fine a sé stesso e scollegato dalla realtà; quando si tratta di difendere la famiglia in quanto unione tra uomo e donna che donandosi l’uno all’altra generano nuova vita.

Famiglia è un’altra parola chiave per il cristiano che decide di “impicciarsi” della politica. Essa è la “piccola chiesa domestica”, la struttura fondamentale di ogni società che va preservata ad ogni costo, perché se muore la famiglia muore la stessa società. Il saggio, a tal proposito, si permette di suggerire alcune riforme strutturali che possano venire incontro alle famiglie: una riforma fiscale che miri ad una tassazione proporzionata ai membri che compongono ogni singola famiglia, un reddito di maternità accompagnato ad opportune misure a sostengo delle madri-lavoratrici, il potenziamento degli asili nidi e misure di facilitazione per famiglie meno abbienti.

Ma se abbiamo elencato le eccezioni, gli ambiti là dove un politico veramente credente non può accettare compromessi, ora dobbiamo elencare le regole. Gli ambiti dove invece un dialogo serio e costruttivo è obbligatorio e indispensabile.

E’ necessario un dialogo con l’economia e la finanza, perché la logica della multinazionale non fagociti l’economia reale e l’impresa. Un dialogo con il mercato del lavoro, perché esso non calpesti mai la dignità del lavoro in quanto uomo. Un dialogo sul tema delle migrazioni. Perché tra le grida di piazza e l’accoglienza indiscriminata, si creino delle condizioni che possano garantire a chi viene in Italia e in Europa la piena realizzazione della propria vita, ma soprattutto occorre eliminare tutte quelle ragioni che causano le emigrazioni che impoveriscono l’Africa, occorre investire sul continente senza sfruttarlo.

Dialoghi che non riguardano solo la politica, ma come già detto anche un  dialogo tra i popoli e le religioni. Il politico cristiano deve promuovere un dialogo con l’ebraismo perché, come ricordato da Papa Giovanni Paolo II, gli ebrei sono i nostri fratelli maggiori; ma deve dialogare anche con l’islam, perché i fedeli musulmani condannino con fermezza chi uccide in nome di Allah, perché non esiste bestemmia peggiore di quella che pronunzia chi uccide nel nome di Dio.

Solo la partecipazione attiva dei cristiani alla politica può essere da antidoto ad una società laicista vittima di falsi idoli come l’individualismo asettico, costruttivista e razionalista, e il relativismo. Una partecipazione che, guidata dalla Fede, dovrà essere testimonianza di Verità, senza arroganza e insulti, ma con le armi della Carità e del Dialogo.