Diaz, vittime ricordano pestaggio ma non fu il Cile
23 Luglio 2013
di Ronin
Il preside della Scuola Diaz, quella dei "fatti di Genova", ha deciso di riaprire le mura dell’istituto scolastico ad alcune delle vittime dei pestaggi della polizia nel 2001. 12 anni dopo, sono tornati nella palestra della scuola il giornalista inglese Mark Cowell, Lorenzo Guadagnucci, che per Feltrinelli ha pubblicato "L’eclisse della democrazia", e il 70enne Arnaldo Cestaro che uscì dalla scuola con le ossa rotte. Insieme ad alcuni dei genitori dei ragazzi che furono colpiti dai poliziotti durante il blitz. Sappiamo che Amnesty International ha definito il pestaggio alla Diaz "una delle più grosse sospensioni della democrazia" dopo la fine della Seconda Guerra mondiale, e ci siamo sempre chiesti se fosse giusto paragonare il nostro Paese al Cile di Pinochet, com’è stato fatto anche da autorevoli rappresentanti della politica italiana. Ascoltare il racconto degli uomini e delle donne tornati nella scuola con rispetto è possibile, anche se la piazza noglobal, con il suo presunto pacifismo, non ci ha mai convinto. E anche l’esigenza di ricordare, di consegnare alla memoria quei fatti, come ha detto il preside della scuola ai giornalisti, può essere necessaria a rimarginare la ferita, sempre che non ci si presti alle strumentalizzazioni del caso. Quello che non ci convince però è l’atmosfera da olocausto rimosso nelle testimonianze delle vittime. Mark Cowell, il giornalista inglese, ha raccontato che fu salvato dalle botte da un Carabiniere che gridava "basta basta" ai colleghi della Polizia. E ha detto anche che la soddifazione per chi visse quella nottata è di "essere stati vendicati dalle condanne inflitte ai superpoliziotti". E allora va bene ricordare, va bene la memoria, ma l’Italia non era e non è il Cile, e chi ha sbagliato, lo ammette anche Cowell, ora ha pagato. Speriamo che il preside Guadagnucci questo lo ricordi sempre ai suoi studenti.