
Dieci anni fa spariva l’Unione Europea Occidentale. O no?

04 Settembre 2009
Dopo la fine della seconda guerra mondiale, la difesa europea ha impiegato oltre mezzo secolo per attraversare il guado. Se oggi soffre di artrite, nessuna meraviglia. Uno dei protagonisti (meglio sarebbe definirli “comparse”) della difesa del vecchio continente è stata l’UEO, Unione Europea Occidentale.
Tutto comincia nel 1947 a Dunkerque, la località dove sette anni prima gli Anglo-francesi erano stati letteralmente fatti a pezzi e ributtati a mare dai Tedeschi. Oggi la vittoria tedesca di Dunkerque è ricordata sui libri di scuola come l’occasione in cui “gli alleati riuscirono a riportare oltre la Manica il corpo di spedizione inglese e 112.000 soldati francesi, vanificando i piani tedeschi di invasione dell’Inghilterra”. Chi vince ha sempre ragione, e scrive la Storia come gli pare.
Nel marzo 1947, dunque, in quella simbolica località, gli Anglo-francesi firmano il “Patto di Dunkerque” in funzione antitedesca. Il fatto che due vincitori del conflitto, membri permanenti del consiglio di sicurezza dell’ONU e da lì a poco massimi fruitori degli aiuti del Piano Marshall (Regno Unito e Francia, pur essendo vincitori del conflitto e pur avendo subito danni trascurabili, si spartirono il 50% delle sovvenzioni) nonché potenze nucleari, si sentissero in dovere di sottoscrivere un patto difensivo contro la Germania sconfitta, disarmata, divisa, occupata e distrutta, la dice lunga sulle paure che il Tedesco riusciva ancora ad incutere.
Un anno più tardi (marzo 1948) quel patto evolve nel “Patto di Bruxelles” che dà vita all’“Unione Occidentale”: vengono coinvolti anche i tre Paesi del Benelux e l’alleanza non è solo antitedesca ma anche (su suggerimento d’oltreatlantico) antisovietica. La nascita della NATO (4 aprile 1949) sposta a Washington il baricentro della difesa del vecchio continente, ma non cessano le iniziative volte a far assumere agli europei la responsabilità della propria sicurezza. Talvolta sono gli stessi americani a pungolarli in tal senso. Come nel settembre 1950, quando il “Piano Acheson” propone la costituzione, nella cornice dell’Alleanza Atlantica, di un esercito europeo che includa anche la Germania. Parole che suonano come un’eresia agli orecchi di Parigi, che reagisce proponendo il “Piano Pleven”: un esercito europeo che non escluda la partecipazione di contingenti tedeschi, un ministro della difesa europeo e un bilancio comune (allo scopo non dichiarato di esercitare uno stretto controllo sulle sempre temute spese militari tedesche).
Si arrivò così, nel 1952, alla firma del trattato istitutivo della CED, Comunità Europea di Difesa, che creava un esercito europeo e poneva le basi per l’unità politica dei Paesi firmatari, vale a dire ciò che ancora oggi l’Europa si sforza di ottenere. Ma quell’avveniristica Comunità non andò oltre il 1954, anno in cui morì nella culla per mano francese. L’assemblea nazionale di Parigi, infatti, si rifiutò di ratificare un trattato che concedeva all’odiato Tedesco la pari dignità. Una delle tante assurdità della storia dell’integrazione europea sta dunque nel fatto che il Paese che oggi è il più strenuo assertore di una difesa europea indipendente dal Pentagono è il medesimo Paese che 55 anni orsono affossò, forse per sempre, quell’idea.
Le conseguenze di quel “no” furono il consolidamento definitivo della NATO e la modifica del patto di Bruxelles (fino a quel momento un sistema chiuso ed esclusivo) in modo tale da consentire l’ingresso degli sconfitti: Germania e Italia. Nasce così l’UEO, allo scopo di promuovere la sicurezza e la difesa collettiva dell’Europa ad opera degli Europei. Ma l’UEO, dal 1954 al 1999, fu caratterizzata più dalla burocrazia che dall’operatività. Basti pensare alla sua cervellotica composizione: oltre ai “membri pieni” (Belgio, Francia, Germania, Grecia, Gran Bretagna, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo e Spagna), esistevano i “membri associati” (Islanda, Norvegia e Turchia), gli “osservatori” (Danimarca e Irlanda) e i “partner associati”, epiteto riservato ai Paesi dell’Europa centrale e orientale dopo lo scioglimento del Patto di Varsavia. Ben quattro categorie, cosa che trova il pari soltanto nelle caste indiane, con la differenza che l’ordinamento sociale indiano è stato temperato nel tempo sia dall’evoluzione del costume che da specifiche leggi, mentre le categorie dell’UEO sono sparite solo a seguito della dissoluzione di quest’organizzazione.
Dal punto di vista della difesa e della sicurezza, l’UEO ha sempre mantenuto un profilo estremamente basso, gestendo alcune operazioni di embargo in Adriatico e sul Danubio ai tempi dell’implosione jugoslava degli anni ‘90, ma rifiutandosi di gestire missioni che pur sarebbero state alla sua portata, come la crisi albanese del 1997, in cui dovette intervenire una coalizione di volenterosi guidata dall’Italia.
Dal 1999, anno di “nascita” della politica estera e di sicurezza comune dell’UE, l’UEO praticamente non esiste più, essendo stata assorbita dall’Unione Europea. Quest’ultima, com’era giusto che fosse, ha incorporato non solo i compiti (i maligni dicono “compitini”) operativi che furono dell’UEO (i cosiddetti “compiti di Petersberg”: umanitari, mantenimento della pace, ricerca e soccorso, evacuazione di personale non combattente) ma anche le poche ma efficienti strutture che furono dell’UEO, come la cellula di pianificazione di Bruxelles, il centro di studi strategici di Parigi e il centro satellitare di Torrejon.
Eppure esiste ancora una struttura che resiste ad ogni tentativo di scioglimento: è l’Assemblea parlamentare dell’UEO. Si tratta di un’assemblea composta da ben 230 parlamentari provenienti da tutte le ex categorie di Paesi che furono dell’UEO. Duecentotrenta parlamentari, di cui 115 membri effettivi e altrettanti supplenti. Ogni Paese membro (anzi: ogni Paese non più membro) ne invia un numero che varia da 6 a 36, in base al peso demografico. L’Italia, in particolare, è rappresentata da 36 parlamentari, di cui 18 effettivi e 18 supplenti. Cosa fanno questi parlamentari? Viaggi, missioni, riunioni, simposi, convegni, conferenze, workshop. Il tutto, non certo a spese loro.
Quando qualche timida voce osa mettere in dubbio le ragione dell’esistenza di questo ente, la risposta è: “Ehm, beh, mah, sa, veramente il trattato istitutivo dell’UEO non è ancora stato formalmente abrogato, e quindi, finché il trattato resta in vita, l’assemblea è legittimata ad esistere… sa, l’assemblea è una sorta di “custode” del trattato”.
Spiegazione invero traballante, dal momento che, se un trattato obsoleto non è ancora stato consegnato all’archivio della Storia, vi si può sempre rimediare. E poi, per “custodire” un trattato del passato serve davvero un’assemblea parlamentare di duecentotrenta componenti? Non basterebbe l’ultimo cassetto in basso a sinistra dell’ultimo ufficio nell’ultimo corridoio all’ultimo piano dell’ultimo palazzo della UE a Bruxelles?
Sarebbe interessante chiedere a ciascun componente di questa inutile assemblea: “Onorevole, Lei che fa parte dell’assemblea parlamentare dell’UEO, lo sa che la UEO è stata sciolta dieci anni fa?”. Il rischio, agghiacciante, è quello di sentirsi rispondere: “Davvero? Non lo sapevo!”. Ma c’è un rischio ancora più devastante, quello di sentirsi rispondere: “Sì, lo so”.