Dietro al nuovo partito la strategia di Berlusconi in caso di referendum

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Dietro al nuovo partito la strategia di Berlusconi in caso di referendum

22 Agosto 2007

La scena del delitto: il dibattito politico intorno al
Partito della Libertà. I protagonisti: i vertici della Casa delle Libertà. Il
movente: al momento ancora sconosciuto. La politica italiana di questa estate
sembra, per assurdo, seguire l’andamento dei fatti di cronaca di questi giorni.
Un po’ come il giallo di Garlasco, dove intorno alla scena del delitto ed ai
protagonisti ruota un movente che ancora non si trova. Certo un paragone
azzardato, ma sicuramente qualcosa non quadra a chi sta cercando di capire quanto
accade nel centrodestra. Il Cavaliere che annuncia e poi smentisce la creazione
di un nuovo partito. La Brambilla, il grande capo dei Circoli della Libertà,
che registra il nome ed il logo del Pdl. Ed infine i massimi dirigenti della
CdL alle prese con una crisi di nervi. Una scena dove però, appunto, quello che
manca è il movente. Perché adesso Berlusconi ha deciso di dare un’accelerazione
al suo progetto? E perché dopo aver annunciato che il progetto di un partito
unico del centrodestra è definitivamente accantonato? Per capire tutto quello
che sta accadendo e trovare il famoso movente è necessario andare un po’ più in
là nel tempo, fino all’aprile-giugno del 2008. Quello sarà il periodo in cui
potrebbe essere fissata la data del referendum elettorale. Condizionale
d’obbligo, visto che basterebbe qualche modifica all’attuale legge elettorale
per bloccare la celebrazione del referendum. Ma per il momento questa
possibilità è davvero remota. Si discute tra la bozza D’Alimonte, piccole
modifiche alla legge attuale, ed un proporzionale alla tedesca. In effetti l’unica
certezza per ora è il referendum, la vera ragione di tutto questo
chiacchiericchio intorno ai futuri destini della CdL. Molti quasi l’avevano dimenticato
ma non la politica. Come spesso accade in un delitto il movente è sotto gli
occhi di tutti. Arturo Parisi lo aveva detto in tempi non sospetti: “Il
referendum è una pistola carica messa sul tavolo”. Lo disse quando iniziò,
nella scorsa primavera, il giro di consultazioni con le forze politiche per
valutare i margini di una riforma parlamentare della legge elettorale, così da
scongiurare il referendum. Giro che è rimasto al livello dei semplici
convenevoli, perché se tutti sono d’accordo sulla necessità di riformare, pochi
invece lo sono sulla forma. E più passa il tempo e più la prospettiva di
celebrare il referendum si fa concreta. Così come la minaccia di Clemente
Mastella, che pur di evitare la consultazione referendaria è disposto a far
cadere il governo e la Legislatura. Ne ha ben donde visto che i quesiti del
referendum sarebbero una vera iattura per lui e per le piccole formazioni
politiche. Assegnazione del premio di maggioranza alla Camera ed al Senato alla
lista più votata ed abrogazione delle candidature multiple. La fine dei ricatti
dei partitini e del sogno del grande centro. La vittoria del bipolarismo ai
limiti del bipartitismo. E’ chiaro che in questo scenario gli animi si stiamo
progressivamente agitando e che ognuno cerchi di correre ai ripari. Ma per ora chi
forse ha davvero messo a segno il colpo migliore è proprio il Cavaliere. Colpo
mediatico e politico. Soltanto annunciando la possibile realizzazione del Pdl
ha oscurato il dibattito sulle primarie del Partito democratico ed ha fatto
capire agli alleati che le carte nel centrodestra continua a darle lui. E’ lui
a dettare l’agenda politica. In realtà è tutto da valutare se Berlusconi pensi
davvero che si andrà al referendum. Per la verità lui sogna ancora di andare la
prossima primavera alle urne prendendosi una rivincita.
E per questo si sta organizzando. Una nuova
formazione politica, per l’appunto il Pdl, che nascerebbe dall’esperimento dei
Circoli portato avanti con successo da Maria Vittoria Brambilla e che
affiancherebbe Forza Italia. Tutto per raggiungere la maggioranza dei consensi.
Ma se non ci dovessero essere le elezioni? Allora ci sarebbe il referendum ed
in questo caso il Pdl servirebbe come centro di attrazione, in cui far
confluire i diversi soggetti politici e partitici che ormai con una legge come
quella passata per il referendum non avrebbero più senso di esistere. Niente
più ricatti dell’Udc o cene riparatorie con la Lega. E nemmeno l’ipotesi del
delfinato di Gianfranco Fini. Un’unica lista con a capo il Cavaliere e capace
di ottenere la maggioranza dei consensi grazie al premio di maggioranza. Questo
spiega le minacce della Lega, la levata di scudi dei finiani e le critiche
aspre dell’Udc. Ma per ora l’ex premier ha segnato un punto a suo favore. Si sa
il movente è sempre quello più scontato, solo che per il delitto, politico
s’intende, bisognerà aspettare ancora un pochino.