Dietro l’attacco a Barcellona un imam cerniera tra Al Qaeda e Stato islamico
21 Agosto 2017
Da tranquilla cittadina al confine tra Spagna e Francia, Ripoll, 10mila abitanti, il dieci per cento immigrati arabi e musulmani, adesso è invasa da centinaia di poliziotti, agenti della scientifica e dei servizi segreti spagnoli, oltre naturalmente al circo mediatico globale: tutti a investigare sulla “cellula” di ISIS che ha colpito a Barcellona e che proprio qui, sui Pirenei, aveva la sua base di reclutamento principale. 12 giovanissimi terroristi di origine marocchina, compreso quel Younes Ayoubaaqoub che ha seminato morte e terrore sulla Rambla, facendo oltre una dozzina di morti e 132 feriti. Dalle ultime notizie che arrivano, freddato oggi dalla polizia spagnola. Secondo quanto emerso fino ad ora dalle indagini, la cellula – con ramificazioni anche ad Alcanar e in altri luoghi della Spagna, come l’altra cittadina dove sono stati uccisi 5 jihadisti – preparava non uno ma una serie di attacchi. Ad Alcanar i terroristi avevano accumulato più di cento bombole di gas e solo il caso o la imperizia dei giovani jihadisti ha voluto che quell’appartamento saltasse in aria, spingendo il gruppo di fuoco al piano B, ovvero entrare in azione sulla Rambla di Barcellona.
Dei 12 terroristi (tra loro quattro coppie di fratelli), fino adesso quattro sono stati arrestati, sei sono morti, mentre due o tre dovrebbero essere rimasti sepolti sotto le macerie della villetta di Alcanar esplosa mercoledì. L’uomo in fuga, Ayoubaaqoub, 22 anni, secondo quanto riportano i media spagnoli sarebbe stato eliminato in uno scontro con la polizia. Indossava una cintura esplosiva e avrebbe urlato ‘Allah è grande!’. In precedenza La Vanguardia aveva scritto che l’uomo era stato arrestato. Si attendono conferme ufficiali. Si sa che dopo l’attacco, Ayoubaaqoub è fuggito, a piedi, attraverso la “Boqueria”, il famoso mercato coperto di Barcellona. Nei pressi della università, ha accoltellato il 34enne Pau Perez Villan, un operatore umanitario. Tre ore dopo, una Ford Focus forza un posto di blocco della polizia e riappare sempre nei pressi di Barcellona dove finisce la sua corsa in un nuovo scontro con le forze di sicurezza. Villan era dentro la macchina, ma viene trovato morto. Di Ayoubaaqoub si perdono le tracce fino a oggi.
Tra i cadaveri ritrovati nella villetta di Alcanar potrebbe esserci invece, ma si attendono le perizie medico legali, anche Abdelbaki Es Satty, l’imam di Ripoll, che secondo gli investigatori iberici avrebbe indottrinato la cellula affiliata a ISIS, lo Stato Islamico, diventandone il leader. La comunità musulmana spagnola ha preso posizione contro l’attentato di Barcellona, oggi si attendono nuove manifestazioni, ma i responsabili della moschea di Ripoll sono caduti dalle nuvole quando hanno scoperto dai giornali che Es Satty, assunto nel 2015 a Ripoll, fino al 2012 era stato in carcere per quattro anni per traffico di droga. “L’imam li ha manipolati”, accusa una cugina del killer in fuga, Younes Ayoubaaqoub, parlando dei giovani terroristi marocchini. La madre di Ayoubaaqoub gli ha chiesto di consegnarsi alla polizia: “Meglio arrestato che morto”.
Es Satty, 45 enne, sposato con tre figli, è sparito dalla circolazione martedì quando ha fatto sapere di voler partire per il Marocco per raggiungere la famiglia. Secondo altre fonti, l’uomo avrebbe viaggiato spesso e volentieri in Belgio, dove ha vissuto per qualche mese e forse nel recente passato ha seguito le rotte dei “foreign fighters” che vanno a combattere tra Siria e Iraq per poi tornare in Europa ma questa è solo una ipotesi. Certo una riflessione possiamo farla pensando alla libertà di movimento dell’imam e dei suoi affiliati, considerando che Youssef Aallaa, un altro della banda di terroristi, lo scorso anno aveva attraversato il confine stavolta per recarsi in Svizzera. Dopo gli attacchi dell’11 Settembre, dal Patriot Act di Bush al Travel Ban del presidente Trump, la legge che vieta gli ingressi dai Paesi considerati sponsor del terrorismo negli Usa, l’America ha dato una bella stretta interna alla sicurezza e al controllo interno; non così l’Europa, dove da più parti trionfa la filosofia “no borders”, e l’immigrazione illegale ha le sue rotte interne favorite dalla capacità criminale delle reti terroristiche e forse dal silenzio e dalla complicità di reti più allargate determinate dalla appartenenza etnica o religiosa.
Del resto se la Mossos d’Esquadra catalana, considerata una forza di elite delle polizie europee, solo adesso si accorge che Alcanal “era il luogo in cui stavano preparando gli esplosivi per commettere uno o più attentati nella città di Barcellona” qualcosa non funziona nella guerra preventiva che dobbiamo combattere in Europa per difenderci dal terrorismo. Oppure l’intelligence spagnola, che negli ultimi anni ha messo segno importanti operazioni, arrestando centinaia di sospetti terroristi, e sventando anche altri attacchi, teneva d’occhio il gruppo di fuoco di Ripoll? Ed è possibile che l’esplosione della casa di Alcanal, ripetiamo, con 120 bombole di butano pronte a fare una strage, un fatto precedente all’attacco di Barcellona, non abbia insospettito subito l’antiterrorismo spagnolo? Si sapeva che i padroni di casa erano degli immigrati marocchini collegati ad un imam finito in carcere? Quali controlli venivano fatti sull’imam che era finito nella prigione dove avrebbe incontrato membri di Al Qaeda collegati agli attentati di Madrid (190 morti) ed è vero che la CIA aveva messo in guardia i catalani? Il nome dell’imam sarebbe poi apparso nella inchiesta sugli attentati nella capitale spagnola e la sua carta di identità fu ritrovata in casa di un reclutatore jihadista, tale Mohamad Ehasi, che, per inciso, reclutò anche quel Belgacem che nel 2009 fece saltare in aria la base italiana a Nassiriya in Iraq. L’imam, che non era sorvegliato, riappare a Ripoll, si mette a insegnare arabo ai bambini e a dirigere la cellula dei terroristi. Es Satty staffetta tra Al Qaeda e Isis?