Difficile fare il direttore di “Europa” senza l’Europa
12 Aprile 2011
di redazione
Sarà il caldo anomalo registrato in questi giorni di Aprile ad aver scatenato i furori del direttore di Europa, Stefano Menichini. Titolo del suo editoriale di ieri: “E’ vero, questo è un complotto”, con incipit del genere: “L’Europa ha dichiarato ostracismo politico all’Italia”. Ce n’è per tutti i gusti. Dal paragone dell’Italia di Bossi e Berlusconi alla Polonia dei fratelli Kaczynski (“perfino quel paese pulsante di sentimenti xenofobi e antisemiti aveva più alleati di quanti ne abbia l’Italia”). Ci pare manchi solo un velato paragone al generale Wojciech Jaruzelski. E ancora: “.. brutale isolamento dell’Italia”, e “…, subalternità perfino imbarazzante di Frattini alle direttive di Hillary Clinton”. Mon Dieu! E giù di seguito: “Obama [sarà] impegnato in un tour europeo scrupolosamente disegnato per evitare l’Italia”, manco avessimo la peste. Un pizzico di francofobia: “ Berlusconi si è messo da tempo contro Sarkozy, … Ora viene ripagato, da un governo se possibile più xenofobo di quello italiano”. E dulcis in fundo il bunga-bunga d’avanzista. Poi complotti politici, analisi di isolamenti tremontiani, possibili (quanto improbabili) messe in pericolo del nome di Mario Draghi nella partita alla testa della Bce. Ci fermiamo. Insomma le tesi del direttore di Europa è che l’Italia sia isolata, guidata da un governo xenofobo e servo degli americani (gli stessi guidati dal mitico Barack Obama immaginiamo).
A noi ‘isolata’ l’Italia non sembra proprio. Piuttosto la nostra amata Patria appare tradita (e con essa il sogno europeo comune anche a tanti europeisti nostrani) dal nazionalismo incontinente dei francesi e da quello neanche poi tanto sotto-traccia dei tedeschi. Quanto alle vestali dell’Europa, gli eurocrati, ci danno ragione. José Manuel Barroso, uno che di ‘inno alla gioia’ e di stellette d’orate se ne intende, ha sostenuto il premier Berlsconi sui tunisini: è andato a Tunisi e ha chiesto la stessa cosa che abbiamo chiesto noi. Anche il presidente Ue, Van Rompuy, è stato dello stesso avviso: “Sull’immigrazione l’Ue fa troppo poco”. In Francia Rachida Dati, l’ex-ministra beurette di Sarkozy, ha preso le nostre parti: “L’Italia è stata lasciata da sola”. Addirittura il cardinal Bertone si è detto “deluso” dall’atteggiamento dell’Europa. E ancora gli editoriali su El Pais (Desconcierto europeo) o su Le Monde di fatto hanno dato ragione all’Italia. Tutti euroscettici? Name dropping a parte direttore, il punto della questione è che troppe persone in patria declinano la nostra appartenenza all’Europa in modo quasi fideistico. Ma l’Europa non è una religione. L’Europa è un’unione di interessi.
Quando essi convergono, siamo tutti amici. Quando essi confliggono, ci si bacchetta. Insomma si oscilla tra un massimo di cooperazione e un massimo di conflitto. Nessuno ha interesse in questo momento a prendersi cura delle nostre beghe tunisine benché il problema sia terribilmente europeo. Né, come dice lei, il governo xenofobo d’oltralpe; né il governo di destra (ma per bene) di Berlino; né il tanto celebrato governo socialista di Zapatero. Questa è l’Europa delle Nazioni, baby. Conta l’identificazione dei propri interessi nazionali e le risorse che si predispongono per il loro raggiungimento. A questo proposito, le facciamo una proposta direttore: lanci un buon dibattito sul senso della nostra appartenenza all’Europa anche dalle sue parti, scevro da nocivi fideismi europeisti. Servirebbe gli interessi degli italiani, tutti. E forse, dopo vent’anni di acrimonia reciproca, potremmo incominciare, come ogni nazione moderna degna di questo nome, a identificare anche noi un interesse nazionale condiviso tra gli schieramenti. Non sarebbe poca cosa.