Disordine mediorientale. Perché si deve evitare il contagio del Pakistan
19 Febbraio 2011
di Paolo Rossi
Il mandato di cattura spiccato dal tribunale anti-terrorismo di Rawalpindi contro Pervez Musharraf potrebbe scoperchiare l’unico vaso di Pandora realmente catastrofico nella turbolenta regione del Greater Middle East. La dinamica degli eventi che si stanno scatenando dal Maghreb verso Ovest sembra ricalcare la dinamica distruttrice dello Tsunami del 2004 che colpì l’Asia, con conseguenze davvero imprevedibili.
L’ex colonia britannica, dopo una decade di dominata da Musharraf, che sale al potere dopo aver destituito il filo-saudita Nawaz Sharif, si trova adesso governata dal Presidente Asif Ali Zardari, vedovo di Benazir Bhutto. E proprio come in una trama amletica, Zardari cerca ora di incriminare Musharraf per i convulsi eventi che nel dicembre 2007 portarono alla morte della Bhutto stessa.
L’evolversi della situazione nei paesi islamici, con tutti gli esiti conseguenti, potrebbe rinfocolare le piazze di Islamabad, in particolare se venisse confermata la volontà di Musharraf di rientrare a marzo nel Paese al fine di dare vita al suo nuovo soggetto politico, la All Pakistan Muslim League, in vista delle presidenziali del 2013.
Tuttavia, sono due i fattori che portano il “Paki file” a essere potenzialmente devastante. In primis, poiché dopo il duro colpo inflitto dalla missione “Enduring Freedom” ai campi di addestramento afgani di al-Qaeda, i miliziani di Bin Laden hanno spostato le loro capacità logistiche e operative in Pakistan. Così come confermato dall’ultimo report del Governo Americano dove si afferma che la minaccia Qaedista in Pakistan è la principale nell’area.
Nello stesso report, si sottolinea la liaison salafita con l’AQIM (al-Qaeda in the Islamic Maghreb), per cui alla base dei violenti tumulti scoppiati nelle capitali mediorientali potrebbe esserci un preciso piano di destabilizzazione a favore dell’istituzione di regimi islamici di stampo talebano. Considerato il modus operandi di al-Qaeda, dove qualsiasi cellula è autonoma, risulta semplice comprendere come potrebbe essere facile esportare un modello rivelatosi vincente da uno Stato all’altro.
Last but not least, proprio in questi giorni il governo pakistano sta cercando di riallacciare delle relazioni cordiali con l’India, dopo i terribili eventi del novembre 2008 che hanno colpito il cuore finanziario di Mumbai. Anche dietro quegli attacchi terroristici, rivendicati dai Deccan Mujahideen, c’era il supporto logistico dei miliziani Qaedisti stanziati in territorio pakistano.
Ciononostante, una mobilitazione costante di piazza della turbolenta opinione pubblica pakistana, come quelle a cui stiamo assistendo in questi giorni nei paesi islamici, se volta a un regime change avrebbe conseguenze difficilmente prevedibili, e porterebbe il livello di allerta indiano ai massimi livelli.
L’elemento caratterizzante, ma soprattutto preoccupante, è che sia l’India sia il Pakistan sono potenze nucleari, per cui un governo pakistano a guida islamista sarebbe davvero una spada di Damocle inaccettabile per la sicurezza nella regione.