Donne e modernità, come e perché riscoprire la naturale vocazione all’accoglienza

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Donne e modernità, come e perché riscoprire la naturale vocazione all’accoglienza

Donne e modernità, come e perché riscoprire la naturale vocazione all’accoglienza

13 Novembre 2011

Ieri mattina, nella Chiesa dei Gerolomini di Napoli, è stato presentato il libro della giornalista Costanza Miriano dal provocatorio titolo Sposati e sii sottomessa (Vallecchi). Un evento promosso da Alleanza Cattolica, associazione di laici cattolici che ha come scopo lo studio e la diffusione della dottrina sociale della Chiesa, a cui ha partecipato, oltre all’autrice del libro, Giovanni Formicola, noto penalista e reggente regionale di Alleanza Cattolica. Avrebbe dovuto essere presente anche il vicepresidente dei senatori del Pdl, Gaetano Quagliariello, che trattenuto a Roma dalla difficile situazione politica ha commentato il libro “a distanza” attraverso un’intervista rilasciata al Corriere del Mezzogiorno.

Secondo Quagliariello, Sposati e sii sottomessa è un modo non convenzionale e politicamente scorretto per porre una questione cardine degli equilibri nel rapporto uomo-donna: e cioè evitare di ridurre le relazioni all’omologazione e all’appiattimento dei ruoli, puntando piuttosto a valorizzare le differenze di genere su cui si fonda tradizionalmente la famiglia e, con essa, la società. Questa differenziazione, purtroppo, si è persa con le rivendicazione del Sessantotto, il cui frutto avvelenato è stato proprio la perdita dell’identità e del ruolo della donna. Quagliariello indica come bersaglio polemico la formula anni Ottanta e Novanta delle donne in carriera, per molti versi costrette a barattare la propria “femminilità” in cambio della realizzazione professionale. La donna, invece, deve tornare a svolgere la sua funzione di architrave, di colei che si sottomette per sostenere, un ruolo che va oltre e prescinde dai riconoscimenti esterni, che pure non restano esclusi dalla vita della donna, anzi, rimangono assolutamente compatibili. Non è un caso, del resto, che chi ha scritto il libro abbia una vita professionale piena di soddisfazioni, nonostante sia anche moglie e mamma di quattro figli.

La presentazione del libro si è svolta con la formula del dialogo tra Formicola e la Miriano, una formula riuscita grazie all’abilità degli oratori nel tenere alta l’attenzione delle centocinquanta persone presenti all’evento, tra cui molti studenti. Nell’esprimere il suo apprezzamento per le tesi sostenute dalla Miriano, il reggente regionale di Alleanza Cattolica ha avuto modo di ribadire i concetti chiave della dottrina sociale della Chiesa, concetti che una società come la nostra stanca, svogliata e vittima, per molti versi, della modernità tende a dimenticare: il diritto naturale, la necessità di ancorare la libertà alla Verità, il coraggio di farsi testimoni di quest’ultima e di portare avanti una cultura cattolica per l’ordine civile. La vera trasgressione, oggi, è quella di colei che si dice sottomessa, in un’accezione che non ha niente a che vedere con le categorie del dominio e dell’obbedienza, ma che ha invece a che fare con la forza e la solidità della figura femminile, pilastro dell’ordine sociale. Andare contro corrente oggi vuol dire riconoscere, testimoniare e accettare ciò che è naturale. La crisi economica di cui tanto si parla, del resto, trova le sue radici nella crisi dei valori: non ci si sposa e non si fanno figli. Di conseguenza, non ci si responsabilizza e non si esercita l’operosità, vero fattore di sviluppo sociale ed economico. Formicola, dunque, rileva come il libro della Miriano abbia almeno tra aspetti positivi: in primo luogo è intriso di buon umore, che è la capacità di prendere la distanza dalle cose e di guardarle con un atteggiamento sorridente. In secondo luogo, il libro punta l’attenzione sull’educazione: educare, che vuol dire appunto insegnare a rispettare, in primis, l’ordine delle cose.

Quanto all’autrice, non poteva non parlare del suo libro se non partendo dalla propria esperienza personale: moglie, madre e lavoratrice. In particolare, è interessante notare come la Miriano, giornalista televisiva, un ambiente dove è facile immaginare che cittadinanza e che diffusione possano avere le sue idee e le sue posizioni, abbia avuto modo di constatare, invece, come il libro da lei scritto abbia avuto modo di suscitare interesse e curiosità. Anche Il Fatto Quotidiano – dice la Miriano – “pur avendomi descritta come una sorta di predicatrice anni ’50, ha dovuto riconoscere che il giorno più bello della vita è quello in cui si è diventati genitori e che in ogni modo c’erano spunti interessanti nel libro”. Del resto, volendo citare Gilbert Keith Chesterton, esiste una verità sacrosanta: e cioè che “ non c’è nulla di più eccitante dell’ortodossia”. Questa consapevolezza, però, può avvenire solo dopo un certo percorso. In primo luogo, si deve cominciare ad apprezzare la propria vita nella sua semplicità, evitando facili scappatoie. Sposare un uomo, che per l’autrice è un essere che appartiene irrimediabilmente ad un’altra “razza”, e vivere con lui, è un’impresa. Una sfida che si può affrontare solo se ognuno fa la sua parte. E la parte di ognuno la troviamo nelle Scritture: l’uomo deve incarnare la regola, la guida, l’autorevolezza, deve essere perfino disposto a sacrificare la propria vita per la moglie. Quanto alla donna, deve uscire dalla logica dell’emancipazione fine a se stessa e riabbracciare con gioia il ruolo dell’accoglienza.

Il libro è una raccolta di lettere esilaranti dove si parla di amore, di matrimonio e famiglia con uno stile inedito che mescola i padri della Chiesa e lo smalto di Chanel; la teologia e Il grande Lebowski; la dottrina cristiana del matrimonio e l’amore per le borse di Dior. Il titolo Sposati e sii sottomessa, sicuramente politicamente scorretto, vuole proprio scandalizzare gli animi tiepidi, i benpensanti, quelli che ripetono come un mantra formule trite e ritrite, fatte di diritti e pretese, e che sembrano aver dimenticato la parte più bella della vita, che è anche quella più naturale e più vera.