Donne, tre esercizi concreti contro la retorica (inutile e dannosa)
25 Novembre 2020
E’ scientificamente provato il pericolo che la giornata contro la violenza sulle donne, oltreché inutile come tutte le giornate mondiali della qualunque, possa essere controproducente. Il profluvio di retorica e di iconografie ad alto tasso glicemico che inonda i social network e i mezzi di comunicazione di massa, infatti, rischia di produrre sui soggetti particolarmente sensibili agli allergeni del politicamente corretto un tale effetto urticante da aumentare sensibilmente la probabilità che qualcuno di loro esca di casa e si sfoghi sul primo passante a caso. E poiché c’è un 50 per cento di possibilità che questo passante sia di sesso femminile, ecco che a fare le spese della giornata contro la violenza sulle donne sarebbe proprio una donna.
Scherzi (ma non troppo) a parte, e volendo prendere il tema femminile assai più sul serio di quanto non lo si possa fare pubblicando una panchina su Facebook o disegnandosi uno sbaffo sulla guancia, proponiamo tre esercizi perché da qualche parte si dovrà pur cominciare.
Uno: manifestare pubblica solidarietà alla maestra licenziata perché il suo ex ha mandato in giro foto e video della loro intimità, vittima della società perbenista ma non perbene, moralista senza morale, magistralmente raccontata da Fabrizio De André, nella quale la “chat delle mamme” non si preoccupa se ai figli viene propinato a scuola l’indottrinamento gender ma si agita se l’insegnante a casa sua fa l’amore con un uomo.
Due: ricordare che dietro ogni “famiglia arcobaleno con figli” c’è l’ovulo espiantato da una donna povera scelta su un catalogo che ne riporta i caratteri psicofisici (possibilmente ariani) e l’utero di un’altra donna povera dato in affitto da agenzie senza scrupoli a uomini necessariamente ricchi incapaci di distinguere fra un diritto e un desiderio.
Tre: ricacciare indietro le lacrimucce di commozione a ogni competizione sportiva “inclusiva”: aprire l’agonismo ad atleti trans significa che se un uomo si sente donna e si dichiara tale può partecipare alle gare femminili vincendole tutte per ovvia disparità di partenza in termini di prestanza fisica.
Tutto questo basta a eliminare dalla faccia del pianeta la violenza sulle donne? Certamente no, ma è un buon inizio per estirpare il male dell’ipocrisia dentro il quale ogni cultura violenta sguazza e prolifera, perché se passa il concetto che tutto sia consentito è inevitabile che ci sia chi si consente tutto. Ma piuttosto che riempire i profili social con gessetti e fiocchi buoni per ventiquattr’ore di retorica collettiva, celebriamo questa giornata – e tutte le altre – con le parole di una grande come Marguerite Yourcenar: “C’è un femminismo estremista che non amo, soprattutto per due suoi aspetti. Il primo: l’ostilità verso l’uomo. Mi sembra che nel mondo ci sia già troppa ostilità (…) che non c’è bisogno di creare un altro ghetto. E poi il fatto di considerare che sia un progresso per la donna moderna mettersi nella stessa condizione dell’uomo moderno – il manager che fa affari, il finanziere, il politico – senza vedere il lato assurdo e anche inutile di queste attività”. Buon 25 novembre a tutti, e vogliamoci un po’ di bene.