Doping, quando l’allarmismo fa più notizia dello sport

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Doping, quando l’allarmismo fa più notizia dello sport

Doping, quando l’allarmismo fa più notizia dello sport

12 Dicembre 2007

Calciatori
affetti da SLA: Spegnere L’Allarmismo, grazie. Prego, accendere la ricerca.
Molto meglio segnalare chi promuove la tutela, l’assistenza e la cura dei
malati. Meglio ancora gettare luce sulla dignità e sui bisogni del paziente e
dei suoi familiari. Sabato scorso, ora di pranzo. “Dribbling” di Raidue
interpella il procuratore Raffaele Guariniello, a proposito degli ex giocatori
colpiti da Sclerosi Laterale Amiotrofica. Il pm che processò la Juventus
arringa gli spettatori sulla materia. Parla del cosiddetto Morbo di Lou Gehrig,
una neurodegenerazione progressiva che colpisce i motoneuroni (cellule nervose
del cervello e del midollo spinale, che permettono i movimenti della
muscolatura volontaria). E ricorda l’esito della perizia condotta a supporto di
una sua indagine, sull’incidenza di alcune patologie tra gli atleti di varie
discipline. Per esempio, la diffusione della Sla tra i vecchi professionisti del
pallone.

“È venuto
fuori un fenomeno sorprendente: i calciatori di epoche recenti sono più
soggetti alla patologia”%2C parte in quarta il magistrato. Subito dopo, nuova
accelerata. “Dallo studio dei casi presi in esame, risulta una latenza media,
tra la cessazione dell’attività lavorativa e l’emergere della malattia, pari a
circa una decina d’anni”. Ormai senza freni, Guariniello procede a sirene
spiegate. Ultimo affondo sul pedale della tensione emotiva: “Il rischio di
ammalarsi aumenta per tutti quelli che hanno giocato dopo gli anni ’80”. Per
finire c’è giusto lo spazio per la frenata. Beh, “abbiamo fatto un’indagine di
carattere epidemiologico. Adesso, però, ne stiamo portando avanti
una per definire la causa specifica della malattia”.

Ma come,
s’intavola un discorso sull’argomento approcciandolo dalle conclusioni di
parte, e lo si finisce relegando al fondo l’indispensabile premessa di tutto?
Ora, sarà stata la sintesi giornalistica. Avrà forse giocato un brutto scherzo
al procuratore il bello della diretta, pardon della differita. Sarà stato il
solito difetto di comunicazione manifestato dall’intervistatore o
dall’intervistato (peraltro colpa grave, proprio di questi tempi, in aperta
esposizione mediatica di taluni inquirenti personaggi o personaggi inquirenti).
Fatto sta che l’uscita del documentatissimo pm non ha infine documentato
granché, sulla relazione pericolosa tra i calciatori e il morbo di Gehrig. Il
servizio da rotocalco televisivo non è servito a inquadrare né il problema né
lo stato della ricerca o la condizione dei malati, più o meno illustri e non
importa (certo, relativamente) se centrocampisti, difensori o fior di
professionisti in altri ambiti senza pubblicità. In compenso possono rimediare
allo scopo le chiarissime spiegazioni fornite ad Avvenire dal prof. Mario
Melazzini, nell’edizione di domenica 2/12 del quotidiano.

Prima delucidazione
circa i numeri del fenomeno, sull’incidenza della malattia tra i calciatori:
“Vero, la diffusione risulta superiore alla media di quasi 6 volte, e
riguarda un particolare tipo di patologia, ossia la Sla bulbare, che nei
giocatori insorge in giovane età, tra i 40 e i 50 anni”. Valori assoluti? Su
7325 calciatori di A e B 1970-2001, 8 malati di Sla. Cause? Seconda, importante
precisazione: “È assolutamente esclusa la correlazione con il doping. Si
ipotizza che la malattia potrebbe essere legata all’eccessivo uso di
anti-infiammatori, oppure a micro-traumi subiti a livello della colonna
vertebrale o della testa. Un’altra ipotesi su cui si sta lavorando è che questi
fattori siano delle concause che abbiano inciso su qualche gene, provocandone
una mutazione che abbia favorito la malattia. Ma si stanno studiando anche i
possibili effetti degli erbicidi”. Punto.

Altri dati certi, a livello
internazionale? “Nel ciclismo e nel basket non si verifica alcun incremento
della patologia. È un fenomeno che riguarda piuttosto i calciatori italiani e
quelli inglesi. Per questo, anche in Inghilterra partirà a breve uno studio per
approfondire la correlazione. Negli Stati Uniti si ha un incremento della
malattia tra i giocatori di football, e anche tra i golfisti”. Ultima
constatazione, lucida e consapevole: “In Italia ci sono mille malati di Sla che
meritano attenzione, risorse e strumenti, e di cui nessuno parla”. Melazzini esercita come primario oncologo a
Pavia. È il presidente dell’Aisla (Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica%29
e ha prefatto, di recente, “L’inguaribile voglia di vivere. Malati testimoni di
speranza. Storie che i mass media non raccontano” (Ares). Già, non la si dice
giusta se non la si dice tutta, con completezza e magari pacatezza, se non
addirittura con sensibilità. Atteggiamento opportuno e molto raccomandabile,
nella circostanza. Lou Gehrig ha giocato a baseball per 2130
incontri consecutivi, fino al 1939. E da allora, Oltreoceano, quasi nessuno s’è
mai sognato di creare inutile allarmismo, attorno al diamante e all’avvenire di
baldi e sanissimi giovanotti, quelli cresciuti con mazza o guantone, al college
o nel giardino di casa. Lo sport continua a far bene, almeno fino a prova
(provata) contraria.