Dopo 15 anni Mladic, il “boia di Srebrenica”, paga pegno alla realpolitik

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Dopo 15 anni Mladic, il “boia di Srebrenica”, paga pegno alla realpolitik

28 Maggio 2011

Accusato di genocidio, sterminio e crimini contro l’umanità e di crimini di guerra nell’assedio di Sarajevo, durato 43 mesi. Sulla sua testa una taglia di 10 milioni di euro messa dalla Serbia. Dopo 15 anni di latitanza vissuti sotto falso nome, l’ex generale dell’esercito dei serbi di Bosnia Ratko Mladic, il “macellaio di Srebrenica”, è stato consegnato alla giustizia internazionale.

La cattura è avvenuta all’alba di due giorni fa, quando dei corpi speciali della Bia (i servizi segreti serbi) hanno fatto irruzione in una modesta fattoria di Zrenjanin, città della serbia settentrionale a circa 80 chilometri da Belgrado. Quello che gli agenti si sono trovati davanti è stato un uomo visibilmente invecchiato, dal volto scavato e con un braccio paralizzato in seguito a un ictus. Immagine molto diversa rispetto a quella con cui si presentava qualche anno fa: corpo massiccio e sguardo che sfidava il mondo.

L’ex generale – che durante la guerra si era guadagnato la fama di psicopatico vendicativo e che nel luglio 1995, anche grazie alla complice omissione del contingente Onu olandese, circondò la cittadina di Srebrenica e coordinò l’uccisione di oltre 8mila musulmani – è stato trasferito nella cella di fronte al tribunale di Belgrado che dovrà giudicare sulla sua estradizione al Trubunale per l’ex Jugoslavia dell’Aja, che potrebbe avvenire nel giro di una settimana.

“Abbiamo chiuso un capitolo difficile della nostra storia e ripulito dalla sporcizia il volto della Serbia e quello dei serbi in ogni parte del mondo”, ha affermato trionfante il presidente serbo Boris Tadic. A gioire con lui anche il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini, il segretario generale della Nato Anders Fogh Rasmussen, l’Alto rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza Catherine Ashton, il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, il presidente dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, Mevlut Cavusoglu e il presidente francese Nicolas Sarkozy. Sì perché il mancato arresto di Mladic nel corso di questi anni – fonte di imbarazzo per l’intera comunità internazionale – era considerato uno dei principali ostacoli per l’adesione della Serbia all’Unione europea, quindi ha un valore simbolico importantissimo per il Paese per la comunità internazionale.

Per Tadic l’arresto “lava un’onta” al Paese, certo, ma ora si dovrà indagare per scoprire chi abbia aiutato e coperto Mladic durante la sua latitanza (e anche sull’ultimo orrore imputato a Mladic: un giro di traffico di organi in Kosovo). La notizia dell’arresto, infatti, è giunta proprio poche ore dopo una nuova denuncia del procuratore del tribunale Onu per la ex Jugoslavia, secondo cui la Serbia non faceva abbastanza per catturare il criminale di guerra serbo-bosniaco.

I misteri su cui fare luce quindi sono ancora molti, a partire da come sia stato possibile per il ricercato numero uno del Tribunale internazionale dell’Aja per i crimini commessi nell’ex Jugoslavia, vivere indisturbato per anni tra la Bosnia e il Montenegro e poi a Belgrado. Ombre anche sulla sua cattura che non è stata affatto una sorpresa per l’opinione pubblica serba: la scorsa primavera un giornale locale aveva segnalato la sua presenza proprio in una fattoria di Zrenjanin perquisita più volte, ma fino a ieri mattina senza esito. Il dato di fatto, però, è che pur tra mille interrogativi ancora in cerca di una risposta, dopo gli arresti di Radovan Karadzic e Slobodan Milosevic, alla fine anche Mladic ha pagato pegno alla realpolitik.