Dopo anni di impasse apre i battenti il museo del paleolitico di Isernia

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Dopo anni di impasse apre i battenti il museo del paleolitico di Isernia

22 Luglio 2011

di L. C.

Una scoperta per certi versi casuale, ma al tempo stesso notevole, perché ha dato risposte importanti sui primi insediamenti dell’uomo nel continente europeo. Nel 1979, mentre si stavano effettuando i lavori per la superstrada Napoli-Vasto, nella periferia di Isernia venne alla luce un enorme cumulo di ossa di animali. I primi ricercatori che analizzarono quell’area capirono subito che si trovavano di fronte a qualcosa di straordinario. Ossa e pietre scheggiate risalivano a oltre 700 mila anni fa.

La notizia attirò l’attenzione della comunità scientifica internazionale, anche se non mancarono gli scettici. Ma con il passare dei mesi le tracce di attività umane in località La Pineta divennero sempre più evidenti. E inconfutabili. Non a caso anche la rivista Nature dedicò una sua copertina al giacimento di epoca preistorica scoperto a Isernia.

Da queste parti vivevano gruppi di cacciatori in grado di creare strumenti in pietra per uccidere e depezzare gli animali. Si ritenne allora opportuno trasformare questo ritrovamento in una risorsa per la città e per il Molise intero. Si pensò alla realizzazione di un museo innovativo: si sarebbe costruito un padiglione che abbracciasse tutta l’area degli scavi, in modo da consentire ai turisti di osservare da una postazione privilegiata la superficie ricoperta da numerosi resti preistorici. Non solo: dall’alto sarebbe stato possibile osservare gli archeologi al lavoro. In un’altra sala sarebbero stati raccolti altri reperti dell’epoca, mentre un’aula didattica avrebbe approfondito le conoscenze sugli usi dell’homo aeserniensis e sugli animali presenti in quel periodo nell’Italia centromeridionale. Quest’area era infatti popolata da bisonti, elefanti, rinoceronti, orsi, ippopotami, megaceri e daini.

I lavori del museo sono tuttavia andati avanti a singhiozzo, per una serie di problemi. In parole povere, trent’anni non sono bastati per aprire al pubblico quest’area. Trent’anni non sono bastati per trasformare questa straordinaria scoperta in una risorsa turistica. Ora, però, qualcosa sta cambiando. Grazie all’impegno di Emilio Izzo, responsabile della comunicazione della Direzione regionale dei beni culturali, l’inaugurazione di una parte del museo è ormai imminente. In pochi mesi e con pochi soldi – fa notare Izzo – si è riusciti a compiere quel passo in avanti che consentirà di aprire due lotti della struttura di località La Pineta.

In questi giorni si sta ultimando il padiglione che accoglierà il paleosuolo, fino a qualche mese fa custodito nel museo di Santa Maria delle Monache, nel centro storico di Isernia. Salvo imprevisti il taglio del nastro è previsto per il mese di ottobre. I visitatori potranno inoltre accedere all’area degli scavi. Poi si dovrà lavorare per reperire i fondi necessari all’apertura del terzo lotto, destinato a raccogliere aule multimediali, riproduzioni di animali preistorici e pannelli informativi sulla vita dell’uomo di 700 mila anni fa. Seppure a fatica, dunque, la struttura museale di Isernia La Pineta sta diventando realtà. Si è perso molto tempo, ma le possibilità di fare di quest’area un punto di riferimento per i flussi turistici restano intatte.

Del resto lo stesso Izzo, di sua iniziativa, da qualche mese a questa parte sta consentendo a numerosi gruppi di visitare l’area degli scavi. Basta contattarlo, lui è sempre disponibile a fare da guida. In questo periodo, tra l’altro, è anche possibile trovare al lavoro studenti, ricercatori e archeologi dell’Università di Ferrara, tanto che la campagna di scavi di quest’anno ha permesso di scoprire anche resti di cervidi. Ogni anno, in effetti, c’è una novità. Del resto questo sito è importante per gli archeologici perché racchiude una quantità impressionante di materiale da analizzare. Ma il grande obiettivo dei ricercatori è quello di portare alla luce il grande assente: l’homo aeserniens. Le tracce della sua presenza sono evidenti, ma la scoperta dei suoi resti consentirebbe al sito archeologico di località La Pineta di compiere il definitivo salto di qualità.