Dopo averla esportata la democrazia va fatta crescere e prosperare

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Dopo averla esportata la democrazia va fatta crescere e prosperare

15 Giugno 2011

di RS

Teste like-minded, capaci di dimostrare che la democrazia non è qualcosa che fiorisce da sola ma che nel mondo c’è ancora bisogno di gente che sappia farla prosperare. È il messaggio dell’European Convention on Liberal Democracy (ECLD), la terza edizione dalla nascita del network impegnato nella diffusione dei valori liberal-democratici, organizzata a Roma dalla fondazione Magna Carta e dalla inglese Henry Jackson Society.

Il contesto è il Nord Africa e il Medio Oriente, le rivoluzioni che hanno sconvolto i regimi politici di stati con cui l’Occidente aveva dei rapporti tutti da ripensare. Con una strana e inaspettata fermata in Bielorussia, l’ultima dittatura comunista d’Europa, dove la questione della difesa dei diritti umani è altrettanto aperta: la storia del dissidente Andrei Sannikov, testimoniata dal Direttore degli affari esteri della Henry Jackson, Robin Shepherd, sta lì a ricordarlo in modo eloquente. Una fermata strana ma mica tanto visto che la Bielorussia ha venduto armi a Gheddafi.

La guerra in Libia è il clou del programma di incontri della ECLD. Le parole dei protagonisti – l’ambasciatore di Tripoli a Roma, Abdulhafed Gaddur, e il rappresentante libico presso il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, Abdel Rahman Shalgam (entrambi ostili al Rais) – permettono di scoprire molti aspetti delicati del controverso conflitto libico: il poeta Shalgam sarà presto in Sudafrica per concertare un piano di transizione e riconciliazione nazionale con il presidente Zuma; Italia e Francia potrebbero sbloccare i fondi congelati di Gheddafi per trasferirli ai ribelli di Bengasi; e certamente che in Libia ci sono movimenti islamici ma non per forza il rischio è la deriva fondamentalista.

Sì ma come si esce dal conflitto se il tempo concesso all’Alleanza è scaduto? Come prendere il voto sfavorevole del Congresso Usa sul rifinanziamento della missione? Secondo il direttore del Tempo, Mario Sechi, c’è poco da fare: se non bastano le bombe sganciate sulla testa di Gheddafi allora usiamo le forze terrestri per rovesciarlo. Da Tripoli a Damasco, il salto è breve. E ancora una volta è un dissidente, siriano, arrivato da Washington, a sollecitare gli interlocutori occidentali: «Il regime di Assad è destinato a finire e la richiesta di democrazia non potrà che imporsi».

Lo speriamo tutti, se non fosse che Ghadry lancia una pesante stoccata alla Turchia («Il destino della Siria non può essere messo in mano ad Erdogan») e alla Casa Bianca, che ha commesso un grave errore appoggiando la rampante politica estera di Ankara. Come dovranno comportarsi gli stati europei davanti agli scenari critici che hanno di fronte? «La politica estera di un Paese – chiosa Giancarlo Loquenzi, direttore de l’Occidentale – deve contemperare la difesa degli interessi nazionali con la promozione dei valori democratici. Senza ipocrisie».

L’edizione 2011 dell’ECLD è stata un buon abbrivio per provarci: «Magna Carta ha messo a confronto una schiera impressionante di politici, analisti e giornalisti in grado di approfondire in modo esclusivo quanto sta accadendo, offrendo spunti di riflessione originali sugli sviluppi futuri – conclude Shepherd – È stato un grande successo».