Dopo Fukushima in Italia ci vuole più politica e meno demagogia
04 Aprile 2011
In queste ore la situazione a Fukushima resta ancora piuttosto seria ma, apparentemente, in via di miglioramento. I noccioli di tutti i reattori sono di nuovo ricoperti dall’acqua e le vasche del combustibile esausto sono ora sotto controllo. Ciononostante, una fusione parziale e non piccola si è prodotta in un nucleo per circa il 70% ed in un secondo per circa il 30%. Questi i dati bruti, oggi disponibili ma non tragici, che ha riportato il segretario all’Energia statunitense, Steven Chu, già premio Nobel per la Fisica nel 1997. Sono stime ragionevoli ma non definitive perché ancora la situazione non consente di avvicinarsi effettivamente a questi nuclei dato il livello di radiazione ancora troppo alte.
Ma almeno a tenere la situazione sotto controllo è un premio Nobel e non il politico di turno desideroso del proscenio e pronto a qualunque affermazione purché possa essere riportata dai media. E’ qui la grande differenza: Chu ha aspettato a parlare solo dopo aver ricevuto dati certi da più fonti, interne e dalla AIEA, e solo allora ha espresso la sua opinione aggiungendo che sempre di stime si parla visto che non si può ancora andare a verificare in loco.
Questo approccio va confrontato con le reazioni europee e nostrane sullo stesso evento: da noi abbiamo sentito, a distanza di poche ore, posizioni diametralmente opposte espresse dalle stesse persone che parlavano in funzione di quanto veniva riportato dalla stampa e non dai tecnici del mestiere che ancora, e giustamente, tacevano ed aspettavano di poter effettuare un minimo di verifiche.
Tetragoni, i francesi hanno mantenuto le loro posizioni ribadendo che la scelta nucleare, fatta oltre quarant’anni fa, non si discute tenendo conto sia dei vantaggi economici ottenuti, sia in termini di indipendenza energetica del paese (unico in Europa) e, finalmente, in termini di contributo alla produzione di gas serra, praticamente infimo rispetto ai consumatori di carbone o idrocarburi. Hanno anche deciso, ed ancora qui nuovamente una posizione ragionevole e ragionata, che si sarebbe attuata una campagna di “verifica” dello stato delle centrali più approfondita di quelle previste dai normali codici di sicurezza. Peraltro, non va dimenticato che le norme europee sono le più strette ed efficaci a livello internazionale, ad ulteriore garanzia della sicurezza dei cittadini.
Diverso atteggiamento ha assunto la Cancelliera tedesca, già in forte calo di consensi e con le spalle appesantite da recenti e pesanti sconfitte elettorali prorio nei Lander da sempre considerati roccaforti cristiano-sociali. Anche la Merkel si è fatta condizionare dall’evoluzione degli eventi del giorno per giorno in Giappone ed ha deciso che il Governo ritirava la decisione assunta da tempo di estendere la vita delle centrali atomiche operanti in Germania sospendendo ogni allungamento almeno per tre mesi e facendo chiudere già a giugno gli impianti più vecchi. Il tutto senza alcuna verifica tecnica.
Scelta giusta? Sbagliata? E’ difficile dirlo con assoluta sicurezza, ma certamente una scelta condizionata più dalla volontà di carezzare secondo il pelo gli elettrori spaventati che non basata su ragionamenti o dati sicuri. Di conseguenza una scelta che non rassicura la gente ma, al contrario, alimenta le sue paure giuste o sbagliate che siano, venendo meno a quello che dovrebbe essere il ruolo dei governanti: assicurare il benessere dei propri cittadini, assicurarne la salute ma qualificando le proprie scelte su basi scientifiche e provate e non sull’alea delll’angoscia del momento.
D’altronde, questa iniziativa avventata e che ha un pesante sapore opportunistico ha determinato l’immediata reazione degli industriali della produzione energetica che hanno attivato i primi ricorsi facendo notare che, oltre che una violazione delle più elementari norme giuridiche, questa scelta mancava di senso nel momento che, o una centrale funziona correttamente seguendo le norme di sicurezza, come è il caso, ed allora non va bloccata, oppure è troppo vecchia ed insicura ma allora va chiusa per sempre e non temporaneamente.
Ne vedremo delle belle anche su questo tema in una Germania sempre più in crisi di identità e con un Governo debole ed oscillante su molti temi strategici, dall’energia alla posizione da assumere per il sostegno all’euro ed ai paesi a rischio.
E da noi che accade? Non è dato capire. L’Agenzia per la Sicurezza è praticamente ferma al palo, anzi al bar, dove apparentemente i suoi amministratori si riuniscono a detta del Presidente visto che non ha una sede. Certamente i ritardi ci sono e considerevoli, e non riguardano soltanto la sede ma l’intera struttura, la sua organizzazione ed il funzionamento.
Però c’è anche da chiederesi il perché di un rumoroso silenzio dei vertici sul problema Fukushima dove, invece, sarebbe stato utile capire di che pasta siano fatti questi vertici e capire come si collocano rispetto al problema più generale: fermarsi, ed allora sarà per sempre, o mantenere la barra come i francesi facendosi forte della presenza italiana nella realizzazione delle centrali più avanzate oggi incostruzione e della competenza dei nostri esperti del settore.
A meno che abbia perso qualche informazione importante, sulla stampa mi sembra si sono intraviste posizioni piuttosto defilate ed un accenno alla necessità che va approfondita una riflessione sul merito complessivo della questione.
Però qui da noi stiamo riflettendo da più di venti anni, da dopo il referendum post Chernobyl, senza mai decidere seriamente; però, in cambio, da essere stato il primo e più importante paese produttore di elettricità al mondo già nella metà degli anni Cinquanta, siamo diventati quello più dipendente da combustibili fossili e idrocarburi, che inquinano regolarmente nel momento in cui vengono bruciati per produrre potenza, ricordiamolo sempre.
Succederà qualcosa nei prossimi mesi? E’ difficile dirlo; se come sembra a Fukushima, nonstante i danni indubbi si uscirà dal tunnel, risentiremo le querule interviste del politico di turno che rivolterà nuovamente la posizione, diametralmente opposta, espressa poco tempo prima. Temo il dilagare di molti chiacchericci ma poco costrutto, come sempre.
Ed invece è sempre più urgente definire con chiarezza un Piano Energetico Nazionale che fissi, direi per sempre o almeno per molto tempo, le varie quota delle singole fonti primarie, senza privilegiarne nessuna e tenendo nel debito conto anche le rinnovabili. Sarà anche necessario chiarire e definire ruoli e funzioni dei decisori perché non si può continaure ad assistere ad affermazioni di governatori di regione che assicurano che la loro regione è energeticamente indipendente ma che ignorano o glissano pudicamente su “come” l’energia viene prodotta e quanto ogni fonte incide sulla qualità ambientale del territorio e sulla salute dei cittadini.
La condivisione con l’utente finale, il cittadino, è necessaria sempre ed è certamente fondamentale nel settore energetico. Ma, anche in questo caso l’informazione deve essere completa e scevra da qualunque demagogia, sia essa a favore o contro determinate scelte tecnologiche.
Per fare tutto questo ci sarebbe però bisogno di politici con una forte personalità e con il coraggio di assumere scelte che non assecondano l’umore momentaneo dell’elettore ma che siano funzionali ad un disegno strategico efficace. Speriamo che figure di questo spessore possano calcare di nuovo la scena e dare il colpo di barra decisivo per rimettere il paese in marcia seriamente.
Chissà se succederà o se rimarrà un sogno di primavera che svapora ai primi caldi estivi.