Dopo il flop elettorale, la Lega medita di lasciare il Parlamento
24 Maggio 2012
Gli strascichi delle amministrative si fanno ancora sentire. La debàcle di Lega e Pdl, fa registrare una svolta nel Carroccio (ieri) e intraverderne una nel partito del Cav. (oggi).
Dopo aver perso sette sfide su sette ai ballottaggi, all’assemblea di Confindustria Roberto Maroni – pronto ad essere consacrato primo leader dell’era post-Bossi – chiarisce che tutto è possibile: perfino che il Carroccio decida di abbandonare il Parlamento. Un ritorno alle origini mirato a “rinnovare la nostra proposta politica per tornare a prendere il consenso che abbiamo perso a queste elezioni ed aumentarlo”, dichiara l’ex-ministro dell’Interno.
Posizione condivisa dal presidente della Regione Piemonte, Roberto Cota: “Mettere l’accento sull’esigenza di ritornare in presa diretta sul territorio è giustissimo. Condivido l’impostazione di Maroni”. Tutto nelle mani del Congresso Federale di fine giugno, dunque, che deciderà se intraprendere strade più funzionali “per trovare nuove e concrete risposte alla questione settentrionale”, conclude Maroni.
L’ipotesi era già stata ventilata dall’ex leader del partito, Umberto Bossi, per il quale tutti gli anni passati dalla Lega in Parlamento a ricorrere l’approvazione del federalismo si sono rivelati inutili. E nonostante tutti gli scenari siano aperti, Maroni non esclude la possibilità che il nuovo corso della Lega riparta rinsaldando vecchie alleanze, come quella con il Pdl: “Siamo disponibili a fare alleanze con chi rappresenta la società del Nord e vuole raggiungere con noi gli obiettivi che ci proponiamo. Alfano ha annunciato una rivoluzione, siamo in attesa di capire cos’è. Non ci poniamo limiti, sapendo che le alleanze sono secondarie rispetto ai nostri obiettivi”.
Il ruolo del segretario del Pdl, non è al momento dei più facili. Dalle dimissioni del coordinatore Sandro Bondi, subito respinte e pur tuttavia segnale di un partito che sta vivendo una fase travagliata di transizione, alla linea dell’ex-premier Silvio Berlusconi all’interno del Pdl (e nella prospettiva 2013), alla ‘rivoluzione politica’ tanto annunciata e forse oggi dettagliata in una conferenza stampa con Alfano, sono molte le questioni da sistemare.
A mischiare ancora di più le carte in tavola, il possibile ingresso in campo di Luca Cordero di Montezemolo, che ha ventilato la possibilità che la sua associazione, Italia Futura, possa nel breve termine assumersi il ruolo di movimento politico a tutti gli effetti, eventualmente candidandosi alle elezioni politiche del 2013, quando il tempo dei ‘professori’ giungerà al suo naturale capolinea.
Una possibilità concreta che, in fin dei conti, potrebbe dare una mano al cantiere dei moderati (proprio Berlusconi sostiene che Montezemolo “non potrà che stare da questa parte), ed è per questo una posizione temuta dal Pd che dal voto esce col ‘bottino’ dei comuni ma non incassa un consenso eclatante, stretto sempre di più nella morsa di Vendola-Di Pietro e di Grillo.
“Ridurre la pressione fiscale, tagliando la spesa pubblica è la priorità fondamentale”, è l’apertura dell’ipotetico programma politico di Montezemolo, estrapolato dalla lettera pubblicata sul ‘Corriere della Sera’ dal presidente di Italia Futura. Un programma approfondito nel manifesto dell’associazione che pone l’accento sulla globalizzazione vista come la grande occasione mancata dall’Italia per ritornare tra le grandi d’Europa.
Montezemolo invoca “il passo in avanti di una nuova classe dirigente e forse di una nuova generazione”: che si senta come il grillino Pizzarotti, neo sindaco di Parma che di anni ne ha trentanove?