Dopo il taglio del rating di S&P anche la Spagna trema

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Dopo il taglio del rating di S&P anche la Spagna trema

29 Aprile 2010

La riduzione del rating della Spagna arriva come una nuova doccia fredda per Zapatero. Mentre gli occhi di tutti gli economisti erano puntati sul tira e molla tra l’Ue e la Grecia – che alla fine è riuscita a strappare 120 miliardi di euro in aiuti per evitare il suo collasso –  per la seconda volta in 15 mesi lo Standard & Poor’s ha tagliato, ieri, il merito di credito della Spagna portandolo ad “AA” dal precedente “AA+”. Una notizia che era nell’aria da tempo, viste le precarie condizioni dell’economia spagnola, l’inarrestabile aumento del tasso di disoccupazione e la lievitazione dei conti pubblici. Quella di ieri è quindi solo la stoccata finale alla credibilità economica spagnola.

Nonostante venga confermato il rating a breve termine al livello “A-1+”, l’outlook generale sul Paese è negativo. Non a caso, la società americana ha sottolineato nel suo giudizio che esiste la possibilità di ulteriori abbassamenti del giudizio se i conti pubblici peggioreranno. Secondo S&P, infatti, la Spagna “va incontro ad un periodo più prolungato di attività economica stagnante rispetto a quanto previsto in precedenza”. Tra l’altro, l’agenzia di rating ha rivisto le aspettative di crescita reale del Pil prevedendo un aumento medio dello 0,7% l’anno nel periodo 2010-2016, contro le precedenti aspettative di oltre l’1%”. Per Standard & Poor’s, infatti, l’economia spagnola sarà stagnante per i prossimi 6 anni, un dato che renderà praticamente impossibile ridurre il deficit al 3% del Pil come promesso dal Governo.

Ma ormai è da tempo che in Spagna non arrivano le buone notizie. L’inflazione a marzo è cresciuta dell’1,4% su base annua, il livello più alto dal dicembre 2008; il rapporto tra il debito pubblico e il Pil è passato dal 34% del 2007 al 67% del 2009, anno in cui il deficit è stato dell’11,2% secondo Eurostat; appena qualche giorno fa l’esercito dei disoccupati ha superato i 5 milioni, pari al 20% della popolazione attiva e, per di più, i debiti delle famiglie e delle imprese sono schizzati al 177% del Pil.

La decisione di S&P non contribuirà a migliorare la situazione e potrebbe portare la Spagna ad un passo al baratro. Gli esperti infatti confermano che nei mercati è cresciuta in modo esponenziale la percezione del rischio di investire in Spagna. Il declassamento, infatti, comporterà il rincaro dei finanziamenti e, di conseguenza, la maggiore riluttanza degli investitori internazionali a finanziare il debito nazionale emesso per investire in progetti di rilancio dell’economia. Già prima del taglio del rating i titoli di Stato spagnoli si trovavano ad un punto percentuale al di sopra di quello tedesco e, con molta probabilità, l’annuncio dell’S&P provocherà un ulteriore aumento.  Siccome le agenzie di rating valutano pure il debito privato delle imprese, anche le singole imprese risentiranno il taglio del rating a causa della riduzione dell’investimento straniero e la diminuzione degli accordi di collaborazione tra aziende nazionali e internazionali. Le imprese, quindi, potrebbero vedersi negati i finanziamenti internazionali per le ristrutturazioni interne necessarie per salvarsi dalla crisi.

Non a caso i fondi di investimento nazionali ad aprile hanno già registrato una perdita patrimoniale di 1.035 milioni di euro. Particolarmente colpiti sono stati i fondi monetari e quelli di rendita fissa a breve termine che hanno sperimentato una caduta del 5,59% e del 2.30%. Molto peggio i fondi di rendita variabile che hanno avuto un calo del 7,02%. Sugli schermi Bloomberg il premio di rendimento dei titoli spagnoli decennali è balzato oggi a 112 punti base, il livello più alto da oltre un anno. I contratti “credit-default swap”, con cui ci si assicura dal rischio d’insolvenza, sono invece balzati a livelli record (al pari di Grecia, Portogallo e Irlanda) toccando nel caso della Spagna i 161,6 punti sulla scadenza a due anni.

Tale situazione, secondo il Fondo monetario internazionale, farà retrocedere la Spagna fra i paesi più ricchi del mondo dalla nona posizione del 2008 alla dodicesima nel 2014. Il Fmi ha anche indicato che la Spagna (il cui peso nell’Eurozona è quasi del 20%) è l’unico Paese sviluppato dove nel 2010 non ci sarà una crescita ma un ulteriore calo dello 0,6% prevedendo che dal 2008 al 2014 il Pil si contrarrà del 2,1% e la Spagna sarà superata da Brasile, India e Canada.

“La crisi sta rovinando la credibilità spagnola” ha ammesso Manuel Chaves, ministro della Politica Territoriale, mentre il ministro dell’Economia Elena Salgado continua a diffondere messaggi di positività e minimizza il declassamento di Sandard & Poor’s definendola “congiunturale” perché “appena si risolveranno i problemi finanziari della Grecia, le cose torneranno al loro giusto posto”. Secondo la portavoce del dicastero economico, infatti, “se la situazione della Grecia non fosse così grave, quella spagnola sarebbe passata inosservata”. I media tedeschi, già infervorati dagli accesi dibattiti nazionali sulla convenienza o meno di aiutare la Grecia, stanno puntando al bersaglio contro la Spagna e sottolineano i dubbi sulla sua stabilità, qualificandola come “socia problematica”.

La preoccupazione regna sovrana anche a Bruxelles. Il Commissario europeo spagnolo  Joaquín Almunia ha chiesto di reagire ai problemi finanziari “con urgenza”: “Per far cambiare idea ai mercati non è sufficiente rilasciare una mera dichiarazione politica”, ha detto Almunia. Un chiaro messaggio alla vicepresidente di Zapatero María Teresa Fernández de la Vega che, pochi minuti dopo l’annuncio di S&P, s’è affrettata a diffondere per l’ennesima volta un appello alla calma e tranquillità, ribadendo che “la Spagna rispetterà i suoi impegni”.  Questa stessa settimana il premier socialista è apparso di fronte al Congreso de los Diputados per ripetere che la ripresa non è lontana. Si tratta dello stesso capo di Governo che l’inverno scorso affermò che esisteva una cospirazione internazionale contro chi voleva riformare il sistema finanziario mondiale. Fatto sta che ormai sono pochi gli spagnoli che credono ancora nelle promesse e nelle tante parole del Governo. E anche all’estero iniziano a mostrare i primi segni di sfiducia.