Dopo il voto la vera emergenza civile sarà contenere la magistratura
21 Febbraio 2013
Il risultato delle elezioni appare ancora largamente incerto. Gli elettori sono disorientati, gli indecisi sono ancora tantissimi (compreso chi scrive queste righe); per cui il risultato finale sarà determinato da scelte fatte all’ultimo momento. Ad ogni modo bisogna andare a votare anche solo in base a un semplice calcolo aritmetico. Con il voto si abbassa comunque la percentuale di voti e di seggi che andrà al movimento cinque stelle, e perciò bisognerà decidersi evitando l’astensione.
Tuttavia se le prospettive politiche sono incerte e se la minaccia del movimento grillino (che, in uno dei suoi aspetti più deteriori, si può definire come la punta di lancia dell’offensiva islamista contro l’Europa) incombe sulla malcapitata democrazia italiana, occorre tenere presente un altro pericolo reale per l’avvenire del nostro paese: l’incontrollato strapotere della magistratura.
Parlando in questi termini non mi riferisco all’azione di improprio condizionamento che i settori più politicizzati della magistratura esercitano sul mondo politico. Questa è la conseguenza anzitutto dell’infausta abolizione dell’immunità parlamentare e permarrà (in una forma o in un’altra) fino a che non si sarà posto rimedio a quell’errore. Semmai sotto questo profilo la proiezione politica della magistratura appare meno minacciosa che nel recente passato.
L’ultimo avatar del giustizialismo forcaiolo, cioè la Lista Ingroia, forse non riuscirà a raggiungere la soglia del quattro per cento alla camera e non sarà rappresentata in parlamento. Tuttavia a questa buona notizia ne corrisponde una cattiva su di un altro fronte. Cioè l’azione della magistratura su alcuni versanti dove non sono direttamente coinvolti personalità del mondo politico.
La vicenda degli elicotteri Augusta da vendere in India dove delle normali intermediazioni volte a facilitare l’ottenimento della commessa sono state rubricate come tangenti e così perseguite costituisce un fatto preoccupante. Non solo per il danno immediato, oramai irrimediabilmente subito, ma per le possibili conseguenze future. Se questo episodio non rimanesse isolato, ma dovesse diventare l’orientamento costante degli organismi giudiziari, molte nostre aziende che lavorano all’estero, in settori dove gli sbocchi di mercato non possono prescindere da rapporti con il mondo politico e le burocrazie locali, dovrebbero semplicemente chiudere bottega.
Non meno preoccupante è la vicenda dell’Italsider di Taranto, cui abbiamo assistito alcuni mesi addietro. Una vicenda dove le ragioni del risanamento ambientale dovevano essere coniugate con la difesa dell’efficienza produttiva (e la rilevante ricaduta occupazionale a questa connessa). In tal senso si è mosso il governo (ed era un governo presieduto da Monti, non da Berlusconi) operando con discernimento e misura. Tale orientamento, lodevolmente responsabile, si è scontrato con l’ostinazione della magistratura locale. Durante questa campagna elettorale non se ne è parato molto, ma il problema dell’Italsider di Taranto è ancora irrisolto.
In sostanza, da questi avvenimenti si ricava l’impressione che la magistratura sia in un certo senso fuori controllo, un potere sregolato che interferisce in modo improprio con l’economia nazionale e rispetto a cui il potere politico appare decisamente impotente. Come si è detto in apertura, non sappiamo quale sarà il risultato delle imminenti elezioni, ma un fatto ci appare certo: qualunque sarà la maggioranza che uscirà vincitrice dalle urne occorre che ai primi posti dell’agenda del prossimo governo figuri l’esigenza di metter fine a questo pericoloso disordine