Dopo la Georgia sarà il turno dell’Ucraina o della Moldavia?
04 Settembre 2008
Le relazioni internazionali sono notoriamente basate su quantità industriali di ipocrisia. Ci si sorride e si stringono le mani sotto l’occhio di fotografi e televisioni. Mentre spesso ci si butterebbe a vicenda dalla finestra. Nell’ipocrisia è compreso il non dire pubblicamente le cose che tutti sanno e che influenzano poi le decisioni dei governanti. Queste scelte risultano quindi spesso di difficile decifrazione da parte del cittadino comune o addirittura interpretate in senso contrario alla realtà. Il caso del conflitto russo-georgiano è molto indicativo al riguardo.
I governanti, a differenza dei comuni mortali, possiedono determinate notizie riservate provenienti dall’intelligence. L’intelligence provvede non solo a notizie che non vedrete mai da nessuna parte, ma soprattutto ad analisi dettagliate di fatti, spesso difficili da correlare, teoricamente di pubblico dominio. Ogni notizia è un pezzo di un più grande puzzle, ma per vedere l’immagine completa occorre assemblare i pezzi correttamente e i governi dispongono di esperti specialisti che ricevono uno stipendio per questo lavoro di analisi. Famoso è rimasto il caso dei servizi segreti italiani, che riuscirono esattamente a prevedere l’attacco egiziano ad Israele (furono gli unici), semplicemente analizzando correttamente fatti a tutti noti.
Come si sono svolti i fatti in Georgia dal punto di vista dei governanti occidentali? Bisogna tornare un po’ indietro. La Georgia chiese ai russi di chiudere le proprie basi militari. Parlo delle basi nella Georgia vera e propria, non della presenza militare di "peacekeeping" in Ossezia del sud e Abkhazia. I russi accamparono mille problemi e scuse cercando di tirare tutto alle calende greche. Alla fine garantirono un termine di ritiro e chiusura delle basi "durante il 2008", intendendo non certo gennaio, ma più facilmente anche dicembre. Grande fu la sorpresa quando verso novembre 2007 i russi fecero fagotto in fretta e furia e chiusero le basi. Il tutto è oggi interpretato come motivato dalla decisione, presa già in quel momento, di andare in qualche modo allo scontro militare con la Georgia stessa. Sarebbe stato da allora preparato un dettagliato piano di invasione, motivato dalla "difesa" dei connazionali russi in Ossezia e Abkhazia.
La Russia alcuni anni fa ha regalato, letteralmente, la cittadinanza russa agli abitanti delle due "regioni ribelli" georgiane. La cittadinanza russa spetterebbe solo a chi risiedeva in Russia nel 1991, a chi è etnicamente russo (osseti e abkhazi non sono più russi dal punto di vista etnico dei georgiani) o a chi ha ricevuto la naturalizzazione, risiedendo in Russia, in base ai criteri fissati per legge. Insomma fu regalata solo per avere dei connazionali da "difendere" quando si fosse presentato il momento e l’occasione. Si arriva così al 2008.
Si stendono piani dettagliati per un attacco in estate, il periodo migliore per la zona caucasica. Ci sono manovre militari congiunte NATO-Georgia programmate per metà luglio e che si protrarranno per circa tre settimane. Si fissa quindi l’invasione poco dopo il termine delle manovre stesse, quando yankees e amici se ne saranno andati. Di conseguenza si programmano, per lo stesso periodo, importanti esercitazioni militari russe denominate "Caucaso 2008". Non a caso vengono tenute immediatamente a nord dell’Ossezia georgiana. Terminate le manovre la NATO se ne va. I russi invece, terminate le esercitazioni nei primi giorni di agosto, restano. Segnalo a titolo di informazione un link alla notizia delle manovre segnalata dall’agenzia di stato russa (http://en.rian.ru/world/20080715/114038236.html). Non solo restano, si riposano, riorganizzano, ma fanno affluire altre unità e mezzi.
Intanto si mettono a punto gli ultimi dettagli dell’invasione analizzando il dislocamento delle unità georgiane. Naturalmente serve un motivo per giustificare l’intervento. Per questo, da tempo, l’informazione russa informa che in Ossezia del sud, praticamente, la guerra c’è già. Nel momento in cui il conflitto non è ancora scoppiato, l’informazione russa parla ormai di un genocidio in corso, commesso dai georgiani ai danni dei poveri osseti con cittadinanza russa. Un resoconto di cosa dicevano le televisioni russe, e ogni altro mezzo di informazione, è ben sintetizzato in questo articolo, datato 4 agosto, e che quindi si riferiva a giorni e giorni prima dell’attacco vero dei georgiani contro l’Ossezia del sud (http://jamestown.org/edm/article.php?article_id=2373282).
I governi occidentali vengono naturalmente informati del fatto che i russi sono rimasti, appena a nord dell’Ossezia, con forti truppe e mezzi in continuo aumento,nonostante la fine delle manovre militari. Allo stesso modo sanno cosa dice la stampa russa e non ci mettono molto a fare 2+2=4. Le truppe NATO se ne sono appena andate. La Russia sta per lanciare un attacco motivandolo con il "genocidio" degli osseti già, a sentire loro, abbondantemente in corso. E’ a quel punto che la Georgia chiede il permesso agli occidentali di attaccare per prima, visto che ormai l’invasione russa è imminente. Il piano russo si basa infatti su un semplice assunto. Le loro colonne corazzate potranno raggiungere l’Ossezia senza problemi. Ma esiste una sola strada che collega Russia e Ossezia del sud. E’ una strada sotto il Caucaso, il noto tunnel Roki. No tunnel, no party.
I georgiani hanno un’unica possibilità per fermare l’invasione, attaccare per primi, prendere l’entrata dalla parte osseta del tunnel e farlo saltare. Tutto il piano russo finirebbe in cenere. E’ un segreto di pulcinella che, se c’è un momento in cui i georgiani non avrebbero dovuto attaccare, è stato proprio quello in cui lo hanno fatto. Avrebbero potuto farlo prima della forte presenza russa immediatamente a nord dei propri confini. O avrebbero potuto farlo dopo, quando se ne fossero tornati a casa nelle loro caserme. Invece lo fanno "durante", proprio mentre c’è il più grosso assembramento militare russo da tempo immemorabile a un passo da loro. Il motivo e’ ben chiaro agli occidentali. Tutti sapevano cosa stava per succedere e danno il via libera. Per questo motivo, nei fatti, nessun governo occidentale guarda la Georgia come il paese responsabile del conflitto. Ma nessuno può dirlo apertamente, come non diranno mai di avere acconsentito al disperato attacco.
Le cose, per la pochezza dell’esercito georgiano, sono andate male. Il tunnel non è stato preso e i russi sono velocemente entrati in Ossezia e attuato in pochi giorni i piani preparati per mesi. Per questo l’Europa ha veramente paura, ma il gas e il petrolio russi sembrano troppo importanti per prendere misure decise contro il Cremlino. Intanto i russi regalano la cittadinanza a molti abitanti della Crimea, regione ucraina. Il tutto illegalmente, visto che la legge ucraina vieta la doppia cittadinanza e nessuno vi rinuncia prima di prendere quella russa. Saranno i prossimi russi da "difendere"?
La Moldova si è vista recapitare le minacce del presidente russo a "non fare come la Georgia" nei riguardi della regione separatista della Transnistria, dove è presente come "forza di pace", ossia come garante del locale regime separatista, che vanta lo stesso presidente "democraticamente eletto" dal 1991, se non vuole subire la stessa fine. S’intende che anche molti abitanti della Transnistria hanno ricevuto la cittadinanza russa e che quindi sono da "difendere" ça va sans dire…
Il fatto che la Moldova a malapena abbia un esercito e che abbia le spese militari in rapporto al PIL tra le più basse del mondo (e che al confine con la Transnistria non si spari un colpo di fucile da tempo immemorabile) da all’affermazione un tono di minaccia secondo gli osservatori occidentali. Si accettano scommesse su quale sarà il primo paese a vedere il prossimo intervento, volto a fermare il genocidio di cittadini russi naturalmente.