Dopo la riforma del Lavoro, tocca alla Giustizia

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Dopo la riforma del Lavoro, tocca alla Giustizia

06 Aprile 2012

Tutti contro i processi fiume. Questa la direzione che dovrà prendere il disegno di legge sulla riforma della Giustizia, attualmente allo studio del ministro Paola Severino. Sono iniziati ieri i colloqui preliminari tra il ministro della Giustizia e le delegazioni dei partiti, al fine di raggiungere un accordo di massima sul disegno di legge, la cui stesura definitiva è prevista per il 16 di Aprile. La riforma sarà incentrata sullo sviluppo di norme contro la corruzione, sull’uso corretto delle intercettazioni e sulla responsabilità civile dei giudici.

Il leader del Pdl Angelino Alfano sintetizza la posizione del suo partito, “a favore di una legge contro la corruzione, che punisca severamente i corrotti e che sia efficace”. Continua Alfano: “Siamo per fare una legge sulle intercettazioni che crei un punto di equilibrio tra la necessità delle indagini e la tutela della privacy e siamo per mantenere la responsabilità civile dei magistrati”. Più critica la posizione del Pd, che con Andrea Orlando, rileva la necessità di approfondire il dialogo sulle intercettazioni e sulla responsabilità civile per i magistrati, mentre “siamo a buon punto” per quanto riguarda le misure anticorruzione.

Nei giorni scorsi, Fli e Udc hanno proposto, in seguito ai casi dei tesorieri Lusi (Margherita) e Belsito (Lega), di valutare la possibilità che i bilanci dei partiti politici siano soggetti alla revisione della Corte dei conti. Fli si spinge oltre, suggerendo l’interdizione a vita dai pubblici uffici qualora il sospetto di reato si trasformi in condanna. Il presidente della Repubblica ha commentato quanto accaduto all’interno di Margherita e Lega,  in una nota ufficiale che “è doveroso rilevare che sono venuti emergendo casi diversi di notevole gravità relativi alla gestione dei fondi attribuiti dalla legge ai partiti”. Napolitano suggerisce che vengano proposte “adeguate iniziative in sede parlamentare, volte a sancire per legge regole di democraticità e trasparenza nella vita dei Partiti”.

Un primo tentativo di alleggerire il meccanismo giudiziario italiano è stato ventilato ieri dall’esecutivo Monti, con la proposta, all’interno del disegno di legge sulla riforma del lavoro, di istituire una forma di processo ‘ad hoc’ per le cause sui licenziamenti. Velocizzare l’enorme dinosauro della burocrazia italiana è una necessità, considerando che le cause sui licenziamenti durano in media dai sei mesi e mezzo ai quattro anni, secondo quanto verificato dal ‘Sole 24 ore’. Il problema diventa ancora più grave quando la tortuosità del sistema giudiziario e la “mancanza di interlocuzione chiara con la Pubblica Amministrazione” scoraggiano gli investimenti esteri in Italia, come sostiene il ministro per lo Sviluppo economico, Corrado Passera.

Analizziamo il problema in cifre. Cinque anni sono necessari, in media, al raggiungimento di una sentenza nei processi penali, sette per le cause civili. In un’analisi della problematica effettuata dall’agenzia di stampa Reuters, si riporta come nel Bel Paese si verifichino ogni anno oltre 80.000 ricorsi alla Corte Suprema: un’enormità, se paragonati ai 100 degli Stati Uniti d’America, che contano una popolazione cinque volte più grande di quella italiana. Nove milioni i casi ancora aperti nei tribunali italiani, in diversi gradi di giudizio.

L’analisi che fa il giudice della Corte Suprema di Cassazione, Piercamillo Davigo del sistema giudiziario italiano è spietata: “Sta morendo sotto un eccesso di contenzioso”. Siamo i primi in Europa per numero e durata dei processi, senza contare le spese che ne derivano. "E’ orribile. – sostiene Davigo dalle pagine della Reuters – Ci sono persone che utilizzano un cancellino per grattare via la convalida dai biglietti per la metropolitana, in modo da poterli riutilizzare. Per un biglietto del bus da un euro, abbiamo tre processi”. Che causano una spesa di 3000 euro per il solo difensore d’ufficio, a cui vanno aggiunti 1500 euro nel caso Corte richieda una perizia sul biglietto incriminato. La pena? In caso di colpevolezza, si può arrivare fino a un anno di carcere.