
Dopo la standing ovation per Clinton la vera sfida sarà il discorso di Obama

06 Settembre 2012
Cinquanta minuti di capolavoro dialettico. Così molti giornali hanno commentato la performance di Bill Clinton sul palco della Time Warner Cable Arena. Un intervento che ha rilanciato il tono dell’intera Convention di Charlotte e, di conseguenza, le chance di rielezione di Barack Obama, necessaria – lui dice – "per finire il lavoro".
Pur non cedendo a sentimentalismi, quello del “vecchio Bill” è stato un discorso appassionato. Tutto improntato sull’economia e totalmente a difesa delle scelte fatte dai democratici in questi quattro anni. Scelte che hanno arrestato la disoccupazione a partire dal 2010, che hanno portato alla creazione di 4,5 milioni di posti di lavoro e che hanno portato al taglio delle tasse sul 95% dei cittadini”. Non sono mancati espliciti elogi al presidente uscente con cui, a dirla tutta, non è mai corso buon sangue: "Obama ha ereditato un’economia profondamente danneggiata, ha messo una rete sotto la caduta libera, ha dato inizio alla lunga via per la ripresa e ha gettato le fondamenta di un’economia più moderna, meglio bilanciata che produrrà milioni di posti di lavoro, aziende solide e nuova ricchezza per chi innova".
E, dati alla mano, Clinton ha evidenziato come sia la prima volta "dagli anni Novanta che il settore manifatturiero Usa è in espansione. Non solo. Nel comparto dell’auto sono stati salvati un milioni di posti di lavoro e ne sono stati creati altri 250.000. Clinton ha fatto riferimento con entusiasmo anche all’aumento della produzione di petrolio e di gas che ha ridotto ai minimi termini l’import di energia dall’estero e alla riforma dei prestiti per il college. Poi ha affrontato uno dei temi più controversi e discussi della presidenza Obama: la riforma della sanità, indicandone i benefici: "Oggi milioni di ragazzi e di anziani hanno una copertura sanitaria. E i lavoratori e le imprese hanno risparmiato tanti soldi sul mercato delle assicurazioni". Sulla stessa linea d’onda, ha difeso a spada tratta il Medicare che il repubblicano Paul Ryan vorrebbe eliminare. "Ancora Bubba!", (come è soprannominato Clinton) inneggiavano dalla platea.
Un discorso puramente economico, come dicevamo, che non ha lasciato spazio né all’Europa né alla politica estera, se non per un veloce e dovuto omaggio alla moglie, nonché Segretario di Stato, Hillary e un cenno al bilancio positivo di Obama in materia di sicurezza.
Un intervento dal finale in perfetto stile a stelle e strisce con l’ex presidente che si è rivolto direttamente al popolo americano chiedendogli: "In che tipo di Paese volete vivere?". Proponendo due soluzioni: "Se volete un Paese in cui ognuno è per proprio conto e il vincitore si prende tutto, dovete votare per i candidati repubblicani. Se volete un Paese in cui la prosperità e la responsabilità sono condivise, una società fondata sul principio del ‘siamo qui insieme’ dovete votare per Obama e Biden". A scatenare la standing ovation è stata la solita parolina magica: american dream: "Se volete un Paese dove il sogno americano è ancora vivo e gli Stati Uniti restano la forza trainante per la pace e la prosperità in un mondo molto competitivo dovete votare per Obama". "Io ci credo dal profondo del cuore che riporteremo Obama alla Casa Bianca”.
Si è conclusa così, con la conta dei delegati Stato per Stato, l’abbraccio tra l’uscente – che aveva assistito al discorso dietro le quinte – e l’ex presidente e la proclamazione della candidatura Obama, la seconda giornata della convention democratica, aperta dal giuramento sulla bandiera pronunciato dalla pluripremiata ginnasta Gabby Douglas.
Stasera tocca ad Obama. Finiti i jolly di Michelle e Bill, tra qualche ora sarà suo compito convincere gli americani che lo “yes we can” è ancora possibile. Staremo a vedere se ci riuscirà ancora una volta.