Dopo Rousseff il futuro del Sudamerica in politica è più rosa

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Dopo Rousseff il futuro del Sudamerica in politica è più rosa

Dopo Rousseff il futuro del Sudamerica in politica è più rosa

27 Febbraio 2011

Gli equilibri regionali latinoamericani potrebbero modificarsi nel 2011 in ragione dei numerosi appuntamenti elettorali, di cui cinque sono presidenziali a Haiti, Perù, Guatemala, Argentina e Nicaragua. Sono in atto grandi cambiamenti culturali e sociali, la scena politica latinoamericana si tinge di rosa, sono le donne i nuovi protagonisti della regione.

Calendario Elettorale

Il primo appuntamento è il 20 marzo con il secondo turno delle elezioni presidenziali haitiane che vede il ballottaggio tra Mirlande Manigat, Jude Celestin e Michael Martelly, che hanno ottenuto al primo turno elettorale rispettivamente il 31,37%, il 22,48% e il 21,84% dei voti. La speranza è che da questo secondo turno emerga un vincitore con un mandato forte e legittimo che sia in grado di risollevare il paese dalla grave situazione politica, economica e umanitaria in cui si trova.

In aprile l’attenzione si sposterà in Perù. Stando ai sondaggi attuali, tra i vari candidati, quali l’ex presidente Alejandro Toledo, l’ex sindaco di Lima, Luis Castañeda Lossio, la figlia dell’ex presidente Fujimori, Keiko Fujimori, e Ollanta Humale, non vi è ancora un nessuno che potenzialmente possa vincere al primo turno. La candidata del partito Officialista Mercedes Araoz di recente si è ritirata dalla campagna elettorale, fatto che permette di affermare che in Perù si avrà alternanza politica.

In Guatemala, a settembre, il confronto sarà tra Sandra Torres (consorte dell’attuale presidente Alvaro Colon, che tuttavia non ha annunciato ufficialmente la propria candidatura) e l’ex Generale Otto Perez Molina del partito Patriota. Tutti gli indizi sono a favore di un secondo turno di votazioni e che la futura fase politica, con buone probabilità, non sarà più all’insegna dell’Officialismo.

A ottobre sarà il turno dell’Argentina, in cui si terranno le elezioni più controverse della regione latinoamericana. La morte improvvisa dell’ex presidente Néstor Kirchner lo scorso ottobre ha mutato completamente il quadro politico. L’attuale presidente, Cristina Fernadez de Kirchner, ha buone possibilità di essere rieletta, nonostante non abbia ancora annunciato ufficialmente la sua candidatura. A suo favore giocano diversi fattori quali il tasso di crescita economica, un alto livello di consumo e una opposizione politica frammentata. Le maggiori preoccupazioni riguardano, invece, l’elevato tasso di inflazione, il secondo più alto in tutta l’America latina dopo il Venezuela, e la sicurezza nazionale. Candidati alla presidenza argentina sono l’attuale governatore di Buenos Aires, Daniel Scioli, e tra l’opposizione politica, Ricardo Alfonsín, figlio dell’ex presidente, Ernesto Sanz per il radicalismo, Fernando Pino Solanas per il centro sinistra, Mauricio Macri per il PRO (Propuesta Republicana), attuale sindaco della città di Buenos Aires, l’ex presidente Duhalde per il peronismo federale ed Elisa Carriò per l’ARI (Partido de Coalición Cívica), forza politica di centro.

La fitta agenda elettorale si conclude a novembre con le presidenziali in Nicaragua. L’attuale presidente Daniel Ortega, si candiderà nuovamente – nonostante la Costituzione lo vieti espressamente – grazie a una sentenza “permissiva” della Corte Suprema di Giustizia. Se l’opposizione non sarà in grado di unirsi intorno a un candidato unico, i cui potenziali al momento sono l’ex presidente Arnoldo Aleman e il consuocero Fabio Gadea, è molto probabile che Ortega sia rieletto a primo turno.

In questo tour elettorale sono inclusi sei elezioni provinciali in Messico, tra le quali si distingue quella dello Stato del Messico, che si presentano come un’anticipazione delle presidenziali 2012, in quanto la vittoria del PRI (Partito Rivolucionario Institucional), attualmente al potere, potrebbe rafforzare l’attuale governatore Enrique Pena Nieto per una possibile candidatura presidenziale; un probabile referendum in Ecuador, al momento è in mano la Corte Costituzionale, che consta di 10 domande dalla sicurezza cittadina alla riforma del sistema giudiziario; infine, le primarie in Venezuela, di notevole importanza sia per la maggioranza che per l’opposizione per i potenziali risvolti sulle elezioni presidenziali del 2012.

Geografia elettorale

Le dieci elezioni presidenziali celebrate tra il 2009 e 2010, hanno implicato una regione eterogenea in termini politici, con una marcata tendenza verso il centro che ha preferito la moderazione e la stabilità nella maggior parte dei casi. L’eterogeneità è stata soprattutto geografica: in sud America, in cui hanno avuto luogo sei delle dieci elezioni presidenziali, ha trionfato l’Officialismo, è questo il caso dell’Ecuador e della Bolivia, fatta eccezione per il Cile, in cui ha prevalso l’alternanza politica. In America Centrale, invece, ha primeggiato l’alternanza politica in tre delle quattro elezioni presidenziali che si sono svolte. Tranne in Costa Rica, in cui è stata riconfermata la corrente Officialista, in Honduras, Panama e El Salvador, ha vinto l’opposizione politica. Caso particolare è quello di Haiti, infatti, le scorse elezioni del 28 novembre 2010 sono state sotto i riflettori della comunità internazionale a causa delle numerose irregolarità e denunce di frode. Il risultato è stato l’assenza di un vincitore definitivo, motivo per cui sarà necessario una secondo turno, inizialmente previsto per il 16 di gennaio e adesso posticipato al 20 marzo.

Allo stesso modo di quanto successo nel 2010, le elezioni si terranno in un contesto regionale caratterizzato da un lato da uno straordinario recupero economico dopo la crisi del 2009, e dall’altro dall’implementazione di politiche sociali volte al rafforzamento delle istituzioni democratiche. L’economia della regione ha concluso il 2010 con un tasso di crescita di circa il 6%, dopo una contrazione delle attività del -1,9%. Secondo le informazioni riportate nel Rapporto della CEPAL (Comisión Económica para América Latina y el Caribe) del 2010, i paesi della regione hanno puntato su politiche per sanare i conti pubblici, ridurre e migliorare il livello di indebitamento e aumentare le riserve internazionali, che hanno permesso l’attuazione di politiche pubbliche in grado di fronteggiare la crisi. Tra i provvedimenti più importanti in materia di politica monetaria e finanziaria si riscontra una maggiore flessibilità delle condizioni di liquidità, con una corrispettiva diminuzione dei tassi, e l’aumento dell’offerta di credito da parte delle banche pubbliche; in politica fiscale, si è assistito a una riduzione delle imposte, sull’affitto da parte dei privati e delle aziende, e a un incremento degli investimenti pubblici; infine, con riferimento alla politica commerciale, si è registrato aumento dei dazi all’importazione. Le previsioni di crescita per il 2011 sono di circa il 4,3% per tutta la regione, tasso che non permetterà in ogni caso di raggiungere il ritmo di espansione delle altre economie emergenti.

In due dei cinque paesi coinvolti dalle presidenziali, Haiti e Perù, si assisterà a una possibile un’alternanza politica, mentre in altri due, Argentina e Nicaragua, vi sono buone probabilità che si avrà continuità presidenziale, e, infine, in Guatemala, il cui futuro rimane totalmente incerto. Una costante che si è presentata in diverse campagne elettorali presidenziali riguarda la presenza di temi ricorrenti quali la situazione economica, ma soprattutto grande attenzione è stata rivolta al tema della sicurezza interna ed esterna a ogni paese.

Donne e Politica

Nonostante l’America Latina sia spesso associata a un’immagine di una società con spiccate caratteristiche machiste, gli elettori stanno mostrando una crescente fiducia nei confronti delle donne, reputate capaci di risolvere i problemi nazionali e di affrontare le sfide che affliggono i paesi latinoamericani, che vanno dalla crisi economica agli elevati livelli di povertà. L’aspetto interessante è la nuova tendenza che si è sviluppata negli ultimi anni: la presenza femminile nelle cariche pubbliche e, in particolare, nel ruolo di Presidente della nazione. Con le elezioni del 2011, potrebbero arrivare a 6 le donne Capo di Stato nella regione; oltre alle attuali in carica in Argentina, Brasile e Costa Rica, si aggiungono i candidati di Haiti, Guatemala e Perù.

L’arrivo delle donne in politica è stato un processo molto lungo, che ha subito un’evoluzione nel tempo. Dapprima l’incarico si riceveva in conseguenza della morte del consorte, è questo il caso di Maria Estela Martinez de Perón (meglio conosciuta come Isabelita) nel 1974, in Argentina, e Violeta Barrios, in Nicaragua; poi, invece, ha ottenuto un’investitura popolare con alti livelli di consenso, questo è il caso di Michelle Bachelet, che ha assunto la presidenza cilena dal marzo 2006 al 2010, con una popolarità dell’84% e, infine, la neo presidente brasiliana Dilma Vana Rousseff, insediatasi il 1 gennaio del 2011. Il suo mandato ha segnato la storia dei paesi della regione: eletta con il 56% dei voti è la prima donna che assume la presidenza del gigante sudamericano con la priorità di sradicare la povertà che affligge il paese. Mantenendo la promessa di aumentare le quote rosa, fatta in occasione del discorso tenuto dopo la vittoria elettorale, la Rousseff ha nominato otto ministri donne nel suo nuovo gabinetto, il numero più alto nella storia del governo del paese. A dispetto di tutte le riflessioni che è possibile fare, in riferimento ai numerosi pregiudizi sulla presenza femminile soprattutto nelle cariche pubbliche, il dato certo è che l’elezione della Rousseff ha solidificato una tendenza, che si sta diffondendo a macchia d’olio nella regione, che permette all’America Latina di essere “progressista” rispetto ad alcune grandi democrazie del mondo. Secondo i dati dell’Internacional IDEA, agenzia intergovernativa che promuove la democrazia nel mondo, sarebbero l’Argentina e la Bolivia i paesi più avanzati registrando una percentuale superiore al 30% di donne che ricoprono incarichi pubblici.

Questo processo di maggior inclusione è stato reso possibile dall’introduzione di un sistema di quote rosa in alcuni paesi della regione. Per la prima volta adottate nel 1991 in Argentina, adesso sono presenti in altri 10 Stati latinoamericani, tra cui spicca il Brasile, il Messico e il Perù. Infine, un ultimo fattore che ha contribuito notevolmente è la costante influenza e presenza femminile nell’ambito di partiti e di movimenti politici che hanno lottato per le istituzioni democratiche e contro la dittatura in tutto il continente.

È evidente che l’America Latina ha iniziato un irreversibile percorso di cambiamento culturale, il tanto necessario rinnovamento politico si basa su ottimi presupposti, anche se non scevro da sfide, vantando la presenza femminile a tutti i livelli, regionali, nazionale e locale.