Doppie verità e doppie morali a Piazza del Popolo
04 Ottobre 2009
Già la storia del numero dei partecipanti dice tutto. Allora, dal palco, gli organizzatori della manifestazione di ieri a Roma a piazza del Popolo per la libertà di stampa, annunciano 150mila presenze, che poi diventano 300mila! A farlo è il conduttore-giornalista, volto di Rai3, Andrea Vianello. Poi sulle agenzie e i giornali, si aggiunge: 60mila secondo la Questura. Ma come? Non si tratta di giornalisti, di gente che dovrebbe stare attenta alla realtà dei fatti, se non proprio alla verità? Questa volta gli “organizzatori” sono gente speciale, gente del mestiere, dovrebbero sentire la Questura, valutare oggettivamente una piazza che neanche nel Capodanno 2000 poté contenere 100mila persone. Ecco invece il solito rito da manifestazione sindacale. Per carità, capisco benissimo il meccanismo: il militante la spara grossa e cancella il professionista e la sua deontologia. E tuttavia in questo sdoppiamento morale, in questa confusione di fini e di scopi, sta a guardar bene tutto l’inghippo.
Intendiamoci, la libertà di stampa è un principio sacrosanto, figlio, a ben guardare, dal principio di tolleranza occidentale che viene dalla tradizione cristiana. Diciamo però, serenamente, che non si trattava di questo. Solo un pazzo può paragonarci ad un Paese dove chi dissente paga in termini di libertà personale. I colleghi del sindacato che hanno indetto la manifestazione sembrano avere a cuore la difficoltà presente di un mestiere a loro parere più minacciato del solito dai poteri politici, in particolare da Silvio Berlusconi, che ha querelato Repubblica e chiesto un risarcimento danni all’Unità ed influenza le testate giornalistiche della Rai. Si dà per implicito che le testate Mediaset (presenti molti colleghi alla manifestazione) siano per definizione allineate con Berlusconi, il che è da dimostrare e comunque almeno parzialmente menzognero. E del resto le star della piazza erano le firme di Repubblica, vip del giornalismo minacciato nella sua libertà d’espressione. Mentre la base sindacale è rappresentata dalla maggioranza del sindacato dei giornalisti all’interno della Rai. Certo, colpivano alcune presenze, come quella di Antonio Di Pietro, forse il politico che ha il record di querele nei confronti di giornali e giornalisti. Ma tant’è.
Torniamo alla doppia morale. Dicono i manifestanti dal palco: “In Italia chi dà certe informazioni ha il diritto di non essere intimidito”. Giusto, come non condividere? Il problema è che sempre i giornalisti devono tenere la schiena dritta per dire la verità. Chiunque sia la cricca colpita, chiunque sia il potente di turno, qualunque sia il potere che si contrasta. Invece l’impressione è che la piazza anti berlusconiana di sabato tenga presente solo una parte. E sacrifichi in suo nome, come col peccato veniale sul numero dei partecipanti, la verità.
Diventando vecchio, anch’io vivo di ricordi e ce ne sono tre che vi vorrei lasciare, tre “erlebnis” come dicono i tedeschi, che insegnano qualcosa.
1986, sto lavorando al settimanale cattolico Il Sabato, che si è distinto in una serrata critica nei confronti di Ciriaco De Mita, allora segretario della Dc. Lo incontro personalmente a Piazza del Gesù e lui mi fa una sfuriata del tipo: “Io ti distruggerò!”. Molti autorevoli colleghi lo ritengono inevitabile e i più solidarizzano con De Mita, solidarietà nessuna.
Secondo episodio: nel febbraio 2002 sono responsabile dell’edizione del Tg5 delle 20, in assenza fisica di Enrico Mentana, di cui sono un vice. Arriva la notizia della sparata di Nanni Moretti in piazza Navona. Ricordate? “Con questa classe dirigente…”. Metto titolo e notizia in testa al telegiornale. Il Tg1, la stessa sera, non dà la notizia (c’era la maggioranza di centro sinistra), fa finta di niente.
Terzo ed ultimo episodio: a Matrix, dove lavoro ora, ho detto, argomentandolo, che la libertà di stampa in Italia non manca, in un pezzo di due settimane fa. Ho ricevuto da allora una valanga di insulti e improperi via e- mail. Da sconosciuti, colleghi che non vedevo più da tempo, tifosi di Santoro o di Travaglio. Che dire? Continuo a pensare che il sale del nostro mestiere è stare sempre fuori dal coro, andare controcorrente, non adagiarsi sui luoghi comuni. Poi è bello avere anche opinioni forti, andare in piazza, manifestare. Ma mai mettere il cervello all’ammasso. Tolleranza e democrazia vogliono che per l’opinione anche solo di uno dei manifestanti di ieri, che non condivido, io mi batta. Questa è la libertà, almeno da quando John Stuart Mills nel 1859, la teorizzò nel suo saggio On liberty, lettura sempre interessante.