Dov’è finita la primavera araba?

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Dov’è finita la primavera araba?

14 Luglio 2011

La primavera araba è al bivio. Quel bivio che da sempre, seguendo una linea di ragionamento ben precisa, avevamo previsto come momento di non ritorno. Tunisia ed Egitto sono ormai nella morsa di chi chiede l’applicazione graduale della sharia e chi invece detta le regole per la transizione democratica. O l’estremismo è presente oppure non se ne fa niente. Come se questo fosse interlocutore credibile e accreditato.

Certo, guardando bene come sono evolute le rivoluzioni nei paesi arabi, non c’è da stupirsi, visto che Usa e Francia hanno lasciato mano pressoché libera al fondamentalismo pur di agevolare le loro bramosie geopolitiche ma soprattutto economiche. E ieri la notizia delle trattative ormai intavolate fra Saif, figlio del Colonnello e Parigi. Non c’è meraviglia in questo senso, visto che la menzogna ha fatto da base non solo alla guerra di Libia, ma anche e soprattutto al movomento tellurico che pareva voler portare la democrazia nei paesi arabi. Non appena abbiamo voltato gli occhi verso un’altra situazione, tutto è precipitato.

La Tunisia è crollata sotto i colpi di una crisi economica devastante, l’Egitto accetta, e con lui l’intera comunità internazionale, che vengano effettuati test di verginità sulle manifestanti e che i moderati vengano repressi nel sangue se solo accennano a parlare in piazza. Mentre tutti erano intenti a guardare le bombe e i morti a Tripoli, Misurata e Bengasi, altrove, dove doveva nascere la democrazia futura, si consumava la nascita dell’inverno oscurantista.

Un bel progetto, davvero, orchestrato a dovere ma mal gestito, visto che la Libia ha dato, con la forza della sua popolazione, filo da torcere all’attacco francese e ha quindi permesso di far tornare gli sguardi a Tunisi e al Cairo. Era tutto previsto. Un domino meccanico, congruente alle sue finalità e atto a sconvolgere equilibri in piedi da decenni. Per far tornare nelle mani francesi tutto ciò che era stato loro tolto e che forse, sotto forma di commesse e lavoro, era andato nelle nostre mani. Per questo la Francia ha deciso autonomamente di bombardare Tripoli e poi di tornare sui suoi passi, sfiancata da un pantano clamoroso, intavolando negoziati con Gheddafi.

Strano, eppure mi pareva di aver sentito che Gheddafi e il figlio Saif avevano pendente sulla testa un mandato di cattura internazionale per crimini contro l’umanità. Certo, la tavola dev’essere meravigliosamente imbandita per poter accettare commensali così pericolosi. Siamo all’interno del più grande e clamoroso inganno internazionale degli ultimi cinquant’anni e la comunità internazionale tutta ne è responsabile. E due giorni fa, dalla Tunisia, si rilasciano interviste in cui qualcuno si spaccia per moderato, nonostante sia tornato solo ora da più vent’anni di esilio, che non certo a caso gli fu comminato.