“Dove si è raggiunto un accordo con l’Udc il Pdl non deve tornare indietro”
19 Gennaio 2010
«Dove abbiamo raggiunto accordi si può andare avanti». Parla piano, pesa le parole Gaetano Quagliariello vicecapogruppo del Pdl al Senato. Era stato lui quest’estate a riaprire il dibattito sull’Udc. Era stato lui a suggerire l’ipotesi di accordi separati e della soluzione di aprire con Casini «trattative territoriali». Ora che nel Lazio l’intesa è chiusa, in Campania e Calabria quasi tutto sembra rimettersi in discussione. Quagliariello prova a rimettere a posto i pezzi del puzzle. E spiega: «La strategia dell’Udc è oggettivamente diversa dalla nostra, perché mentre per noi al centro ci sono gli elettori, per loro c’è un partito che di volta in volta decide con chi allearsi».
Senatore, forse la strategia è addirittura opposta.
«Il punto è che nel ’94 in Italia si è compiuta una rivoluzione».
Quale?
«È cambiato il fulcro del sistema. Il centro di tutto non sono più i partiti ma gli elettori. I partiti non sono più uno Stato nello Stato, né il luogo centrale della democrazia. Si è andati verso una semplificazione. Ora i leader stipulano direttamente accordi con gli italiani. E nel 2008 c’è stata un’ulteriore spinta: dal bipolarismo verso il bipartitismo tendenziale».
Le strade di Casini e Berlusconi allora si sono separate.
«Si sono separate, appunto. E ora, Casini dice di lavorare per il dopo Berlusconi…».
Senatore, il leader dell’Udc l’ha detto chiaramente però.
«Sicuramente non pecca d’ipocrisia. Proprio per questo possono resistere solo accordi territoriali laddove ci sono esperienze comuni all’opposizione contro giunte di centrosinistra e sono maturate convergenze sui programmi».
E nel Lazio che cosa succede?
«Laddove gli accordi sono stati siglati non credo che il Pdl debba tornare indietro».
Potrebbe però farlo Casini.
«Se lo farà si assumerà la responsabilità di portare definitivamente il suo partito a sinistra».
Scusi, e dove invece ci sono trattative in corso? Che si fa adesso in Campania e Calabria?
«Quello che ho detto prima. Se ci sono le condizioni per accordi territoriali si stipuleranno, se no prevarrà la linea nazionale».
Ma così sembra il Pdl che fa una politica dei due forni. A livello nazionale contro l’Udc sul territorio d’accordo…
«Guardi, il Pdl deve assumere la condotta degli Stati Uniti nella seconda guerra mondiale: a livello generale indefettibile. Nessuno deve poter avere dubbi sui nostri principi e sulla volontà di andare avanti lungo la strada inaugurata nel ’94. Sul territorio, poi, lasciare spazio ai dirigenti locali per eventuali accordi parziali. Se il generale Clark stipulò un accordo con Darlan, il PdL potrà pur farlo da qualche parte con l’Udc…».
Senta, ma non è in corso un confronto su due modelli diversi di Pdl?
«A quali modelli si riferisce?».
Il modello Arcore con l’asse forte con la Lega. E il modello Roma con un legame con l’Udc.
«Io vedo un solo Pdl che si riconosce nella leadership nazionale di Silvio Berlusconi».
Fini però sembra propendere per l’intesa con Casini, come accaduto con la Polverini.
«Io, invece, non credo affatto che Fini abbia dubbi sul bipolarismo e sulla sua irreversibilità».
(da il Tempo)