Dove sono le ‘mani pulite’ di Di Pietro?
28 Febbraio 2008
Una notizia buona e una cattiva per Antonio Di Pietro dalle
vicende sui finanziamenti pubblici all’Italia dei Valori.
Quella buona è doppia: da una parte, l’ufficio di presidenza
della Camera non bloccherà i 5 milioni di euro del finanziamento pubblico al
suo partito così come richiesto dai suoi tre ex sodali Achille Occhetto, Elio
Veltri e Giulietto Chiesa che lo hanno accusato di averli tagliati fuori con un
colpo di mano dai rimborsi per le scorse europee; dall’altra, i tre, loquaci
con Radio radicale e altri organi di stampa a proposito della gestione
familistica del partito Italia dei Valori da parte dell’ex pm di “mani pulite”,
dopo la decisione di Bertinotti hanno deciso di chiudersi in silenzio stampa.
La notizia cattiva, però, vale per due, e compensa quella
doppiamente buona di cui sopra: Di Pietro rimane indagato in campagna
elettorale per i reati di falso in atto pubblico e truffa aggravata allo stato
proprio per i fondi incassati dall’Italia dei Valori dal 2003 in poi. E questo
dopo che ieri il giudice per le indagini preliminari di Roma Luciano Imperiali
ha rifiutato di archiviare le accuse come proposto in camera di consiglio dal
pm di udienza.
Addirittura Di Pietro si era presentato in udienza per
difendersi con dichiarazioni spontanee convinto della certa archiviazione. Il
tutto dicendo sostanzialmente di essere stato perseguitato dai giornali di casa
Berlusconi, “Panorama” e “il Giornale” e ammettendo al massimo di avere
commesso qualche errore ma nessun fatto penalmente rilevante.
ad attenderlo al varco avrebbe trovato il suo agguerritissimo ex socio
fondatore dell’Idv, l’avvocato Mario Di Domenico, che davanti allo stesso gip
ha dato ben altra versione, assistito all’uopo dall’avvocato Roberto Ruggiero.
Di Domenico, che con i giornalisti spesso si sfoga rispetto
alla figura di Di Pietro con epiteti irriferibili, pena la querela, parlando
tra l’altro di 50 milioni di ex lire di cui l’ex pm si sarebbe appropriato ai
suoi danni, sostiene che il verbale dell’assemblea in cui è stato approvato il
bilancio per accedere ai primi rimborsi elettorali dell’Idv sarebbe
sostanzialmente e smaccatamente falso. E di conseguenza anche il bilancio
approvato in quella sede lo sarebbe, anche se questa accusa per ora a Di Pietro
non è stata ancora contestata (sarebbe una vera e propria legge del
contrappasso per lui che si è battuto per il ripristino di questa imputazione
nel codice penale).
L’assemblea in questione è quella del 31 marzo 2003 scorso e
di Domenico ieri ha portato in aula la prova della sua “non presenza” quel
giorno nel luogo dove si è svolta. Cioè a Busto Arsizio. Ergo, la firma apposta
a suo nome sarebbe falsa e propedeutica all’approvazione, a quel punto
illecita, del bilancio che consentiva di prendere gli agognati soldi del
finanziamento pubblico.
Di Pietro resta quindi indagato in campagna elettorale
almeno fin quando il gip non scioglierà la riserva. Per uno che ha fatto una
bandiera della propria politica lo slogan “via gli inquisiti dal Parlamento”
questa storia sta diventando una contraddizione insostenibile.