Dr. House difende il valore della vita grazie al suo freddo disincanto
17 Maggio 2009
Ormai sono rimasti in pochi a non aver sentito parlare, nemmeno di sfuggita, di “Dr. House”. Il dottor Gregory House, protagonista della serie americana, è diventato uno dei personaggi televisivi più conosciuti e amati degli ultimi tempi. Tra i suoi tanti segreti c’è senz’altro quello di unire il carisma a un’ombra di mistero, nonché un talento fuori dal comune nella sua professione di medico. E’ una specie di angelo custode, insomma, con quel po’ di ‘dannatamente corretto’ sufficiente ad affascinare i più romantici tra i suoi fan. Cinico e spietato con i suoi pazienti ai quali, accada quel che accada, finisce sempre per salvare la vita.
Quello che non ci aspettavamo di sentire è che, dietro l’apparente indifferenza verso il prossimo, si nasconde un messaggio di fede e umanità cristiana. Almeno questa è la provocatoria tesi di Carlo Bellieni e Andrea Bechi nel libro “Dr. House MD. Follia e fascino di un cult movie”. Gli autori hanno un indiscutibile curriculum nel campo della bioetica: Bellieni è un neonatologo, membro della Società Italiana di Pediatria e della Pontificia Accademia per
In poco meno di cento pagine, gli autori propongono un’interpretazione sorprendente e illuminata della trama (e delle sottotrame nascoste) della serie televisiva Usa. Dr. House non sarebbe solo un personaggio negativo e dalle tendenze antisociali – come può sembrare a prima vista – ma piuttosto un uomo in grado di trasmettere un messaggio etico positivo sul valore della vita e della fede. Il “cult movie” diventa quindi un modo per trattare temi etici senza fare la morale allo spettatore che, messo di fronte a casi al limite del surreale, difficilmente si rifiuterà di riflettere almeno per un secondo sulle implicazioni morali della storia che sta seguendo.
La natura contraddittoria di House – che dietro il perenne dolore alla gamba claudicante nasconde una coraggiosa e costante ricerca interiore – sollecita lo spettatore a un lavoro di introspezione personale che deriva proprio dal fatto di non avere risposte pronte e preconfezionate ai “casi” che si trova a dover risolvere di volta in volta.
Uno dei temi più interessanti (e di grande attualità), sviluppato negli otto episodi analizzati dagli autori, è il rapporto tra fede e medicina. Vista attraverso gli occhi e le azioni di House – che in più di una puntata si è dichiarato ateo – questa relazione va molto oltre l’accettazione di una “volontà divina”. Infatti, una volta accettato un caso clinico che ritiene degno del suo interesse, il medico si dedica in modo quasi ossessivo alla ricerca della verità, del vero male che colpisce il suo sventurato paziente. Con questo suo modo di fare, House in realtà dimostra “la fiducia che la realtà abbia un senso, che ci sia un motivo a ciò che accade, anche se a noi sfugge”.
Ed è proprio quando si trova di fronte a ‘minoranze’ che non sono in grado di reclamare il loro diritto alla vita e alla autodeterminazione (come nel caso dei disabili o dei feti) che House mostra tutta la sua umanità: la dignità delle persone non può essere condizionata a dei presunti standard di “normalità”. Il libro di Bechi e Bellieni è quindi un’interpretazione originale di un personaggio che ha fatto del disincanto un’arma per andare avanti e che, a modo suo, continua a lottare per difendere il valore della vita di fronte alla morte.