Draghi, qualità fondi comuni insoddisfacente rispetto costi
31 Ottobre 2007
di redazione
Il governatore della Banca d’Italia Mario Draghi, puntando il dito contro le gestioni del risparmio, ha sottolineato che la qualità dei fondi italiani è spesso insoddisfacente rispetto ai costi.
“I fondi comuni aperti – ha detto Draghi nel corso del suo intervento alla Giornata Mondiale del Risparmio – mostrano da tempo un andamento insoddisfacente. Dal 2002 al 2006, mentre il patrimonio dei fondi comuni europei è aumentato del 76%, i fondi collocati in Italia sono cresciuti del 31%, meno della metà”.
“Nel giugno del 2007- ha rilevato -il patrimonio dei fondi di diritto estero ha superato per la prima volta quello dei fondi di diritto italiano. I fondi esteri – ha spiegato – godono di significativi vantaggi fiscali. Sono tassati sul risultato realizzato, anziché sul maturato. E’ un handicap serio, su cui occorre intervenire. Anche se la tassazione che grava sul reddito d’impresa delle società di gestione è altrove molto inferiore a quella italiana”.
Draghi ha anche avvertito che “lo svantaggio fiscale, se contribuisce a spiegare il calo dei fondi di diritto italiano, non basta a dar conto della lentezza dello sviluppo complessivo del mercato. Ha pesato la concorrenza di altri prodotti finanziari, dalle polizze vita ai titoli e prodotti strutturati. Ma l’industria italiana deve riflettere soprattutto sugli elementi che sono sotto il suo diretto controllo. La qualità delle gestioni – ha dichiarato – non di rado è insoddisfacente rispetto ai costi. E l’andamento peggiore ha riguardato i fondi obbligazionari dove le commissioni sono particolarmente pesanti rispetto ai rendimenti”.
Il numero uno di Bankitalia si è comunque dimostrato fiducioso del fatto che l’industria italiana del risparmio gestito possa svolgere un ruolo importante nel mercato europeo, contribuendo alla creazione di valore per i gruppi che ad essa partecipano. “La materia prima- ha affermato – il risparmio nazionale, non manca, e potrà arricchirsi con lo sviluppo della previdenza complementare”.
“Alla fine di agosto- ha precisato il governatore- “il debito degli enti locali per operazioni in derivati verso le banche italiane era circa pari a un miliardo. Ma dal momento che gli enti più grandi ricorrono spesso a intermediari esteri- ha avvertito Draghi -questo valore sicuramente sottostima il fenomeno” .
Il numero uno di Palazzo Koch ha ricordato infine che da tempo la Vigilanza “ha richiamato le banche ad accertare la piena aderenza delle operazioni con gli enti locali alle norme che li regolano, che consentono l’uso di derivati solo a fini di copertura dei rischi, e che permettono l’indebitamento sono per finalità definite”.
L’attività delle banche italiane in derivati, comunque, continua a crescere con l’esposizione (valutata a al valore di mercato) che alla fine di giugno scorso aveva raggiunto 150 miliardi di euro, il 6% dell’esposizione complessiva. “Le controparti di questi contratti – ha specificato il governatore – sono per la maggior parte società finanziarie e operatori esteri; tende però a crescere la quota delle imprese italiane e delle amministrazioni pubbliche”.
La conclusione è dunque che “lo sviluppo di strumenti innovativi è positivo ma richiede un’attenta valutazione dei rischi, in particolare di quelli di controparte”. Draghi ha assicurato che la Banca d’Italia continua a fare il suo dovere e tra la fine del 2005 e l’inizio del 2006 è stata intensificata l’attività di supervisione.
“Abbiamo avviato ispezioni mirate presso gli intermediari più attivi. Nei casi in cui si sono riscontrati comportamenti non in linea con la sana e prudente gestione degli intermediari siamo intervenuti”, ha concluso il governatore.