Dubbi e foschie sul “brutiliberatipensiero”

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Dubbi e foschie sul “brutiliberatipensiero”

11 Febbraio 2011

Era il caso di rilasciare un’intervista a Repubblica il giorno del deposito della richiesta di processo immediato contro Silvio Berlusconi? Probabilmente no, non era il caso. Si dirà che si è trattato solo di qualche domanda formulata "al termine di una conferenza stampa superaffollata" (Repubblica dixit). E allora: era il caso che subito dopo aver depositato la richiesta di giudizio immediato contro il presidente del Consiglio il capo della Procura di Milano, Edmondo Bruti Liberati, si offrisse in conferenza stampa ai taccuini in stile "tutto il processo minuto per minuto"? No, secondo noi non era proprio il caso.

Ma tant’è. E visto che il capo dei pm ambrosiani si è gentilmente offerto ai segugi di largo Fochetti, altro non ci è rimasto da fare che abbeverarci alle sue parole. Epperò, letto e riletto il brutiliberatipensiero, succede che dubbi e foschie sul Ruby-gate lungi dal fugarsi si siano addensati.

Peccato non essere stati nei panni dell’intervistatore, e peccato che a quest’ultimo non siano sopraggiunte le nostre stesse curiosità. A Bruti Liberati che spiegava come fosse "materialmente impossibile" chiedere il processo immediato anche per Emilio Fede, Lele Mora e Nicole Minetti e non per il solo Silvio Berlusconi, perché il codice vieta l’adozione del rito straordinario quando siano trascorsi più di novanta giorni dall’iscrizione sul registro degli indagati (e nel caso di Fede, Mora e Minetti i tre mesi sono scaduti da un pezzo), avremmo volentieri chiesto se non potrebbe essere vero esattamente il contrario. Ovvero che Fede, Mora e Minetti siano stati indagati quasi subito per incardinare sulle loro posizioni il fascicolo d’inchiesta e gli ingenti mezzi usati per riempirlo di tabulati, intercettazioni e interrogatori. E che Silvio Berlusconi, pur essendo fin dall’inizio l’evidente bersaglio di questo poderoso monitoraggio, sia stato iscritto a registro solo il 21 dicembre, dopo mesi e mesi di indagini (e una settimana dopo la tentata e fallita spallata parlamentare al governo) per chiedere il rito immediato giust’appunto a ridosso della primavera e dunque dello snodo chiave della legislatura. Così, tanto per dire. Ed è un peccato che a Repubblica non sia venuta in mente la domanda.

Ma non finisce qui. A noi che abbiamo il vizio di andare a cercare il pelo nell’uovo (sempre che la metafora del pelo sia ancora consentita dal codice penale!) non sarebbe mai sfuggita l’occasione di chieder ragione a Bruti Liberati di qualche conto che nelle intercettazioni non torna proprio. Gli atti fin qui copiosamente resi pubblici traboccano infatti di trascrizioni di telefonate di ospiti del premier monitorati per mesi e mesi. E – per quel che se ne sa – in assenza di una pistola fumante l’asserita "evidenza della prova" deriverebbe proprio da conversazioni indirette, racconti de relato e possibili depistaggi o millanterie. "Mi ha telefonato Silvio e mi ha detto che…", "Ho telefonato a Lui e gli ho chiesto di…", "Mi ha chiesto il presidente di dire così e colà…", e via di questo passo. "Le ospiti sono state invitate direttamente da Berlusconi", annota spesso la Procura nel ricostruire i presunti baccanali. Si può solo immaginare dunque quale profluvio di telefonate il Cav. dovrebbe aver riversato per mesi sulle utenze delle donzelle intercettate. Settimane intere di terrorismo mediatico si sono fondate sull’attesa quasi messianica di questi brogliacci proibiti.

E invece? Colpo di scena! "Le intercettazioni che riguardano l’onorevole Berlusconi sono quattro o cinque e non sono state neanche trascritte", dice Bruti a Rep. "La loro rilevanza è praticamente nulla, tanto che non chiederemo l’autorizzazione parlamentare per il loro utilizzo". Ma come? Quattro o cinque? Di nulla rilevanza? Ma allora di quali "telefonate con Papi" favoleggiavano al telefono le fanciulle? Se è vero, come si ricava dal passaparola telefonico che la Procura sembra aver preso per oro colato, che era Berlusconi a chiamare le ragazze, a invitarle, magari a promettere omaggi e a dare indicazioni su come comportarsi in caso di guai, perché sulle utenze intercettate per mesi ne risultano solo "quattro o cinque", e di "rilevanza assolutamente nulla"? Che fine hanno fatto queste telefonate? E se non esistono, come par di capire dalle parole del Procuratore di Milano, perché le millanterie intercettate sono state prese a tal punto per buone da costruirci addosso una richiesta di giudizio immediato? Ah, che avremmo dato per essere stati a Rep., per un giorno…