Due anni dopo Neda l’Iran continua a calpestare i diritti umani

Banner Occidentale
Banner Occidentale
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Due anni dopo Neda l’Iran continua a calpestare i diritti umani

21 Giugno 2011

Il vento che in questi mesi ha sferzato l’Africa del Nord, col suo passaggio, ha lasciato alle cronache i simboli delle proteste che lo hanno animato. In Egitto immagine indelebile nelle nostre menti è il blocco di gente inferocita di piazza Tahrir. Il corpo bruciato di Mohammed Bouazizi, che si era dato fuoco dopo che la polizia aveva confiscato il suo banchetto abusivo di frutta e verdura, è diventato invece l’emblema della rabbia dei giovani e dei precari contro il sistema tunisino. In Siria, la blogger “anti-regime” Amina Araf, la ragazza lesbica di Damasco che si è rivelata in realtà un uomo. Dello Yemen ci è rimasta impressa Tawakkol Karman, la giovane attivista di 32 anni, baluardo della protesta e voce della richiesta di democrazia e di diritti per la donna.

Del paese dove mai potranno fiorire i gelsomini della rivoluzione, un’immagine, ancora nitida a distanza di due anni, si palesa davanti ai nostri occhi se si parla di Iran e di Onda Verde: Neda Agha Soltan, la 26enne iraniana che il 20 giugno del 2009 venne colpita da miliziano basji mentre si stava recando a una manifestazione contro l’esito delle elezioni che avevano visto la rielezione di Ahmadinejad. La sua morte fu filmata in diretta e diffusa in rete, rimbalzando così da una parte all’altra del globo.

Il volto di Neda rigato di sangue commosse il mondo intero e scosse profondamente l’opinione pubblica. Quello stesso volto dovrebbe rimanere vivo nella nostra memoria come simbolo di un’Iran che vuole cambiare e che, seppur a bassa voce, rifiuta lo status quo. Ma la lotta portata avanti dal movimento che due anni fa, al grido di “dov’è il mio voto”, si è ribellata ai risultati elettorali denunciando brogli a danno del candidato riformista Mir Hossein Mousavi non basta. La situazione dei diritti umani in Iran non è affatto migliorata, anzi. Come testimoniato da Zahra Tofigh, portavoce di ‘Iran Human Rights’ (Ihr) in Italia, i media vengono censurati, le esecuzioni in pubblico sono aumentate così come gli abusi in carcere sui progionieri politici. Chi manifesta finisce ancora in carcere, tanto che 300 persone sono state arrestate per essere scese in piazza lo scorso 12 giugno in occasione del secondo anniversario delle elezioni presidenziali e il responsabile di tutti questi abusi è il regime islamico.

La degenerazione della situazione la si legge a chiare lettere in un comunicato di Amnesty International del 9 giugno, secondo cui “le forze di sicurezza  continuano a reprimere con la violenza le proteste pacifiche e arrestano con grande facilità. I processi non sono equi. Nuove misure sono state approvate per limitare la libertà d’espressione”. Nel solo mese di gennaio sono state 87 le impiccaggioni. Sempre all’inizio dell’anno  l’avvocata e attivista Nasrin Sotoudeh, legale del premio nobel Shirin Ebadi, è stata condannata a undici anni di carcere e estromessa dalla sua professione “per aver svolto attività contro la sicurezza nazionale”. Più di recente, un’attivista umanitaria Haleh Sabahi è morta per pestaggio attuato dagli uomini del regime durante i funerali del padre, noto oppositore politico. Per non parlare della lista infinita di prigionieri di coscienza: 600 tra sindacalisti, giornalisti, studenti, donne emancipate e registi.

Il governo iraniano è un vero e proprio motore di intolleranza e odio. La sistematica campagna di persecuzione religiosa contro i baha’i e la vessazione, l’imprigionamento e la tortura subiti da tutte le minoranze o da persone vulnerabili sono istigati ed eseguiti dalle autorità.

Il regime del terrore capeggiato da Ahmadinejad trova ancora e purtroppo larghissimo consenso tra le fette più arretrate della popolazione iraniana e un rovesciamento del governo dall’interno è pressoché impossibile. La stessa Onda Verde, unica forza che in questi mesi si è battuta per la libertà della nazione, è sempre più fiaccata da divisioni interne tra chi vorrebbe avviare un dialogo con le forze conservatrici e quella oltranzista che punta ad abbattere il governo.

L’unica spinta interna che potrebbe dare una svolta alla situazione sarebbe un’apertura alla voglia di cambiamento, e quindi a gruppi come l’Onda, da parte dei lealisti fedeli alla Guida Suprema, Ali Khamenei in eterna lotta con i sostenitori di Ahmadinejad che avviene in un clima di tensione politica via via sempre più crescente. Ma più che di una possibilità, per ora si tratta solo di un sogno.