E adesso gender e omofobia arrivano nelle Regioni

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E adesso gender e omofobia arrivano nelle Regioni

E adesso gender e omofobia arrivano nelle Regioni

04 Aprile 2017

Gender e omofobia: se le leggi sono ferme in parlamento si apre una strada nei consigli regionali, e stavolta tocca all’Umbria. Oggi, 4 aprile, torna in aula la proposta di legge “Norme contro le discriminazioni e le violenze determinate dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere”. 

Diciamo subito che, essendo una legge regionale, non ci sono le sanzioni previste nel testo Scalfarotto sull’omofobia che giace abbandonato in Senato. Lo scopo di questa proposta di legge è quindi finanziare istituzionalmente le associazioni LGBT presenti nel territorio regionale perché pubblicizzino massicciamente la loro attività e diffondano capillarmente a tutti i livelli – dalle scuole agli ambienti di lavoro – la loro ideologia, quella oramai universalmente conosciuta come “teoria del gender”, cioè quell’ambito di pensiero secondo il quale gli esseri umani non sono caratterizzati dall’essere uomini e donne, ma si distinguono per preferenze e comportamenti sessuali (Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transgender, appunto, e altre lettere che nel tempo si stanno aggiungendo: I come Intersex, Q come Queer etc.). Si tratta di proclamare il “verbo” della scomparsa della differenza sessuale, e la cifra stanziata per questa operazione “educativa” su scala locale è di 50.000 euro per il primo anno (che poi era il 2016), e poi si vedrà, a seconda della legge di bilancio annuale.

La legge è blindata: siamo nel cuore rosso d’Italia, bacino elettorale indiscusso della sinistra del paese, insieme alle ben più importanti vicine Toscana ed Emilia Romagna. In Umbria il PCI-PDS-DS-PD etc. regna incontrastato dal dopoguerra, e ha i numeri per approvare praticamente di tutto, compresa una legge come questa che è l’ultimo provvedimento di cui gli umbri avvertono la necessità.

Ma tant’è: nella campagna elettorale permanente in cui siamo piombati la sinistra in crisi ha una disperata necessità di rendersi identificabile dai propri elettori che, una scissione dopo l’altra, rischiano di non orientarsi più; che cosa di meglio, quindi, se non sventolare alta la bandiera della “identità di genere” e dell’”orientamento sessuale” (art.1, Principi, definizioni e finalità)?

In 14 articoli la legge dispone le regole per l’”educazione” del popolo: Integrazione sociale, formazione e lavoro (art.2); Istruzione (art.3), e poi Responsabilità sociale delle imprese (art.4), Formazione del personale regionale (art.5), Salute e prestazioni sanitarie (art.6), Interventi delle aziende unità sanitarie locali e dei servizi socio-assistenziali e socio-sanitari in materia di orientamento sessuale ed identità di genere (art.7), ovviamente Promozione di eventi culturali (art.8), Tutela della famiglia (!) e accesso ai servizi pubblici e privati (art.9), Misure di contrasto alla discriminazione e alla violenza determinate dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere e sostegno alle vittime (art.10), istituzione di un Osservatorio regionale sulle discriminazioni e le violenze determinate dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere (art.11), e poi Monitoraggio, comunicazione e informazione (art.12) , per chiudere con Norma finanziaria e Clausola valutativa (artt.13 e 14). 

Avremo tempo nei prossimi giorni di esaminare nel dettaglio i diversi articoli, compresi quelli con un tocco decisamente surreale. Ma qualche dubbio sulla opportunità e sugli obiettivi reali di questo armamentario gender è serpeggiato anche all’interno della stessa maggioranza. Il consigliere regionale Andrea Smacchi, del Pd, aveva infatti presentato un emendamento che recitava: “Ai fini della presente legge non costituiscono discriminazione, violenza, istigazione alla discriminazione o istigazione alla violenza il manifestare liberamente il proprio pensiero, le proprie opinioni o i propri convincimenti riconducibili al pluralismo di idee, né attuare condotte conformi al diritto vigente o ai principi e valori di organizzazioni riconosciute nell’ordinamento giuridico, che svolgono attività di natura politica, sindacale, culturale, sanitaria, di istruzione, di religione o di culto”.

Apriti cielo! Sono intervenute le truppe nazionali: il senatore Miguel Gotor, rappresentante in campo dei bersaniani, ha messo tutti sull’avviso “Auspico che l’emendamento del consigliere del Pd Andrea Smacchi sia respinto perché rischia di legittimare nuove discriminazioni nelle scuole, negli ospedali, nelle sedi dei partiti e delle associazioni e nei luoghi di culto. Esso inoltre svuoterebbe un provvedimento di civiltà atteso da oltre dieci anni del suo significato più autentico che è quello di combattere ogni forma di odio e di favorire politiche di inclusione e di rispetto della diversità”.

Non poteva mancare la garrula senatrice Monica Cirinnà che, insieme alla collega Valeria Cardinali ha definito l’emendamento “semplicemente irricevibile”. Auspicando che sia dichiarato inammissibile o almeno che il consigliere abbia “il buon senso di ritirarlo”, le due hanno dichiarato tutto il loro sdegno: “Riteniamo opportuno che ci si interroghi sul modo in cui nel Pd si fa comunità: non è tollerabile che si possa pensare di stare in un partito – che a livello nazionale è stato promotore delle unioni civili – avanzando proposte, come quella del consigliere Smacchi, che ne contraddicono in maniera inequivocabile i valori, gli orientamenti, i propositi”.

Insomma: libertà di parola? Ma come ci avete potuto pensare? Svuota la legge contro le discriminazioni, e, soprattutto, è contraria alla natura stessa del PD!  Onestamente, su questo siamo d’accordo anche noi. Il Consigliere Regionale Sergio de Vincenzi, della Lista Civica Ricci Presidente e a sua volta Presidente dell’Associazione Umbria Next ha guidato l’opposizione alla legge, opposizione che la settimana scorsa (come spiegato nella intervista riportata qua a fianco) ha ottenuto una prima frenata dell’iter di approvazione, denunciando la mancata copertura finanziaria. Nella pagina fb di Sergio de Vincenzi si possono seguire gli eventi nel dettaglio, compresi video estremamente divertenti come quello in cui il consigliere regionale nonché segretario regionale del PD Giacomo Leonelli, cercando di scusarsi con i militanti LGBT furiosi per il disastro in assemblea legislativa, spiega che nel volere andare fino in fondo alla legge loro del PD, nella maggioranza del governo regionale “purtroppo ci rendiamo conto di essere soli. Io sinceramente oggi non mi aspettavo che tutte le opposizioni uscissero dall’aula anche sul tema del numero legale sapendo che alle tre noi avremmo avuto il numero legale”. 

Loro della maggioranza, così soli, poverini, nell’Umbria rossa totalmente dominata dal Pd, così soli che mai avrebbero pensato a questo brutto scherzo delle opposizioni! Opposizioni che addirittura, da veri maleducati, escono dall’aula per far mancare il numero legale, e non aspettano neanche cinque minuti quelli del Pd, pur sapendo che più tardi sarebbe arrivata la Presidente Marini, da Roma, e allora sì che ci sarebbe stato il numero legale…neanche Maurizio Crozza avrebbe potuto dire di meglio.