E’ anche colpa di Bruxelles se in cielo abbiamo rivissuto l’11 Settembre

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E’ anche colpa di Bruxelles se in cielo abbiamo rivissuto l’11 Settembre

22 Aprile 2010

Quando martedì scorso le autorità europee hanno cominciato a riaprire lo spazio aereo ai voli commerciali, cinque giorni dopo che un’eruzione vulcanica  in Islanda aveva bloccato quasi completamente il traffico aereo sul Vecchio Continente, gli aerei non sono stati i soli a riprendere a volare. Anche la rabbia ha ripreso a volare. Dopo aver patito giorni di caos aereo, gli europei esasperati – sia che fossero stati  toccati in prima persona, come i viaggiatori lasciati a terra e i manager delle compagnie aeree,  sia che avessero seguito la vicenda al telegiornale – hanno preso di mira le istituzioni comunitarie.

Martedì scorso, quando circa metà dei voli in programma sono partiti, in uno sferzante dibattito al Parlamento europeo politici da tutto il continente hanno criticato duramente la lentezza dell’Unione Europea, accusando i burocrati di Bruxelles di non aver risposto in maniera adeguata al caos. Secondo l’avvocato tedesco Jo Leinen, l’Europa è “attrezzata malissimo contro i disastri naturali”. Philip Bradborn, un europarlamentare membro del Partito Conservatore britannico, ha affermato che la risposta dell’UE alla crisi è stata paragonabile al “gesto del leccarsi un dito e sollevarlo per aria per vedere da che parte soffia il vento”.

A seguito dell’eruzione vulcanica avvenuta il 15 aprile, una nube di cenere nociva ha attraversato il continente per  migliaia di chilometri fino a raggiungere la Russia. Nel cercare di rispondere nel migliore dei modi, le autorità si sono trovate di fronte a due opzioni sgradevoli: provocare lo scompiglio nell’economia e nel settore dei viaggi, oppure rischiare un terrificante incidente aereo. Modelli matematici elaborati da Eurocontrol, l’agenzia di Bruxelles che gestisce il traffico aereo di circa 28.000 voli giornalieri da e per l’Europa, suggerivano che la cenere avrebbe potuto causare seri problemi ai motori degli aeromobili, provocando una eventuale caduta dell’aereo. Così le autorità europee hanno scelto la via della precauzione.

Tuttavia, fermare il traffico aereo per cinque giorni – una mossa senza precedenti in tempo di pace – ha significato lasciare a terra circa 7 milioni di passeggeri la settimana scorsa, per un costo di miliardi di dollari in perdite, compresi circa 200 milioni di dollari al giorno per le compagnie aeree,  le quali stanno ancora lottando per riprendersi dalla crisi finanziaria. Alcuni analisti politici ritengono che il blocco totale non fosse necessario. Le decisioni “sono state prese seguendo più la paura che la scienza”, ha detto Jean-Dominique Giuliani, direttore della Schuman Foundation, think tank con sede a Bruxelles, secondo quanto riportato da AFP. “E se il vero colpevole fosse la troppa precauzione?”.

Ma il problema europeo relativo alla gestione delle crisi è più grande della tendenza di lungo corso volta alla sicurezza  – gli europei nutrono forti aspettative sulla protezione che i loro governi gli riserveranno in molti aspetti della loro vita. Da quando il Trattato di Lisbona è entrato in vigore nel novembre del 2009, i 27 Paesi membri dovrebbero in teoria render conto ad un solo Presidente. In realtà, quasi sempre ogni Paese prende le sue decisioni su un’ampia scelta di materie importanti, traffico aereo incluso. La scorsa settimana, invece, Eurocontrol ha bypassato il complesso sistema decisionale europeo dichiarando off limits la maggior parte dello spazio aereo europeo.

Prima che le autorità comunitarie potessero dichiarare sicura la gran parte dello spazio aereo europeo, dovevano conferire con i ministri dei trasporti delle varie capitali europee. Il Presidente dell’UE, Herman Von Rompuy, avrebbe dovuto giocare un ruolo dominante nel tentativo di coordinamento in risposta alla crisi. Invece, i media si sono occupati del suo ultimo libro di haiku, pubblicato il 15 aprile, e non della sua attività professionale. Così, quello che il pubblico sa per certo è che i ministri dei trasporti hanno aspettato fino a lunedì – dopo un fine settimana caldo, soleggiato e quattro giorni immersi nella crisi – per tenere una videoconferenza con l’intento di coordinare la risposta all’emergenza.

Martedì le autorità europee hanno ammesso di aver fallito nel non distinguere tra zone ad alto e zone a basso rischio, optando per chiudere tutto lo spazio aereo. Finalmente, lunedì i ministri europei dei trasporti hanno dichiarato tre livelli di rischio, includendo una zona ancora bandita agli aeroplani a causa dei pericoli provocati dalla cenere vulcanica. Colpito dalle critiche dei politici, il Commissario europeo dei trasporti, l’estone Siim Kallas, ha dichiarato che la crisi è stata esacerbata dalla frammentazione europea a livello di authority. “La frammentazione causata da una serie di differenti decisioni nazionali limita lo spazio aereo disponibile”, ha detto ai giornalisti. “Ciò non è sostenibile”

Giovanni Bisignani, direttore generale dell’International Air Transport Association, che comprende 240 compagnie aeree che rappresentano il 93% del traffico aereo globale, lunedì si è rivolto alla stampa a Parigi dicendo che la risposta europea è stata “ imbarazzante” ed è stata parzialmente causata dalla riluttanza dell’UE ad unificare lo spazio aereo sotto una singola authority. L’industria del trasporto aereo ha fatto lobbying per anni con l’intento di arrivare a un sistema aereo europeo più integrato, che permetterebbe ad ogni compagnia aerea nazionale di volare da e per ogni aeroporto nonché le priverebbe dell’obbligo di pagare le esose tasse aeroportuali. “Tutte queste regole avevano senso 65 anni fa”, ha detto Bisignani. Oggi, ha aggiunto, le regole “non sono assolutamente” valide. Tuttavia, prima che l’Europa possa lavorare per cambiare le regole, deve lavorare per far tornare a casa gli europei.

Tratto da Time Magazine

Traduzione di Emanuele Schibotto