E’ arrivato il primo vero banco di prova per Dilma Rousseff: l’economia

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E’ arrivato il primo vero banco di prova per Dilma Rousseff: l’economia

01 Ottobre 2011

"È impossibile che il Brasile possa subire una crisi simile a quella che affrontano gli Usa e la zona euro", ha tuonato il presidente brasiliano Dilma Rousseff al vertice dei Brics della scorsa settimana. L’ex pupilla di Lula ha sicuramente ragione ma anche lei dovrà mettersi al lavoro per diminuire l’impatto della crisi sulla salute dell’ottava economia del mondo. 

Dopo anni di forte crescita anche il gigante brasiliano inizia a rallentare. Lo scorso anno il paese ha fatto registrare una crescita del prodotto interno lordo del 7,5 per cento, ma stando agli ultimi dati l’economia carioca si è contratta per la prima volta dal 2008, l’anno in cui è iniziata la crisi finanziaria a livello globale.

Secondo gli economisti, la crescita del PIL quest’anno si fermerà al di sotto del 4 per cento, un dato per il quale molti stati europei farebbero salti di gioia, ma che per il Brasile segna un notevole rallentamento e pone diversi interrogativi sulla capacità del paese di cavalcare i vantaggi della rapida crescita economica degli ultimi anni.

Le previsioni degli economisti si accompagnano a un anno deludente sul fronte delle contrattazioni in Borsa. Il mercato azionario del paese è stato fino a ora tra i peggiori in tutto il mondo e diverse società hanno deciso di ridurre i loro investimenti per fare fronte ai profitti più bassi del previsto. La classe media aveva favorito la crescita acquistando numerosi beni di consumo a ritmi molto sostenuti.

Sull’onda della forte crescita in molti hanno vissuto al di sopra delle loro possibilità, contraendo debiti che ora faticano a saldare e a cui cercano di far fronte riducendo al minimo i consumi di beni non essenziali. Ma il Brasile fatica ad attrarre nuovi investimenti e il nuovo presidente non è ancora riuscito a riformare il sistema fiscale, che potrebbe favorire l’arrivo di nuovi investitori.

Fino ad ora a trainare la crescita brasiliana sono state soprattutto le esportazioni verso la Cina ma l’apprezzamento del real ha fatto calare le importazioni del gigante asiatico. Il rapporto con Pechino fornisce anche un altro indicatore interessante. Gli investimenti nel settore industriale sono diminuiti e i prodotti brasiliani hanno subito la concorrenza del “made in China”. 

Il Brasile che vive ancora di rendita grazie ai progressi raggiunti negli scorsi anni. La disoccupazione è molto bassa e secondo molti analisti con le giuste riforme Rousseff potrebbe ancora raggiungere l’obiettivo di far emergere dalla povertà 16 milioni di brasiliani entro il 2014. 

Tuttavia gli economisti stanno rivedendo sensibilmente le previsioni di crescita del prodotto interno lordo brasiliano per i prossimi anni. Per il 2012 la previsione è stata spostata dal 4,6 per cento al 3,5. Naturalmente nessuno si aspettava che il Brasile replicasse il successo del 7,5 per cento dello scorso anno, tuttavia in pochi avevano immaginato una riduzione così marcata in breve tempo.

Per tenere a bada i conti del paese, la Banca centrale ha rivisto per cinque volte i tassi d’interesse del paese solo quest’anno, portandoli al 12,5 per cento, uno dei più alti al mondo. La classe medio-bassa ha subito più di tutte questa condizione riducendo notevolmente i consumi per la prima volta dopo otto anni in cui li aveva quintuplicati. 

Sul fronte politico le principali critiche sono per Rousseff, accusata di non aver ancora ridotto le tasse e le imposte nel paese, tra le più alte in tutto il mondo. Numerosi scandali per corruzione verificatisi all’interno del governo hanno portato alcuni ministri a dimettersi e ha fatto scendere in piazza gli “indignatos” locali. 

Adesso  il governo dovrà mettere a punto misure di stimolo alla crescita evitando, però, fiammate inflazionistiche. Per risolver questo dilemma di politica economica Dilma Rousseff avrà bisogna di tutta la sua grinta di ex guerrigliera.