E’ bene che il nuovo Ferrara segua i consigli del vecchio Ferrara
12 Febbraio 2008
“Se il neosecolarismo ha dichiarato guerra al pensiero libero e laico, affermando un modello dominante di tipo relativista nel teatro degli idoli contemporanei, la risposta deve essere adeguata, profonda, radicale e soprattutto libera da impacci e condizionamenti. Una pattuglia di deputati e senatori può fare molto, in nome proprio e secondo criteri squisitamente politici, per dare un contributo al discorso pubblico esausto del centrodestra. Ma un partitino dei valori o una corrente dei valori sarebbero, più ancora che un’occasione sprecata, un fastidioso ostacolo nella battaglia per impedire che l’egemonia ideologicamente corretta continui a formare élite e popolo in Europa e in Italia”.
“C’è bisogno di giornali, riviste, fondazioni, comitati ad hoc, manifesti, scuole, movimenti che aspirino a una estesa influenza culturale, politica e sociale sui temi decisivi del tempo e sulla trasformazione in problema (per tutti) del modo moderno e post-moderno di vivere e pensare la vita. Più che nuove compagini partitiche, o sub-partiti valoriali, occorre scompaginare i significati svuotati e tradotti in luogo comune, facendo irruzione liberalmente e sensatamente nel campo avversario, cioè nell’establishment che permea di sé, anche del suo Sé più nullista, l’educazione, la stampa, la televisione, le università, le assemblee legislative, i governi, l’impresa. E la Chiesa o le Chiese vanno stimolate all’iniziativa autonoma, valutate e valorizzate per il contributo possibile del loro laicato, dei loro movimenti, e anche del loro clero, alla sconfitta dell’esclusivismo coltivato dalle potenze sociali che pretendono il monopolio della laicità e del moderno”.
“Questo è un progetto politico duraturo e serio, perché è culturale, mentre la messa all’incasso di quattro moralità valoriali in una campagna elettorale è altamente sconsigliabile. A tutti”.<%2Fp>
Prendiamo a prestito le parole di Giuliano Ferrara per commentare la decisione di Giuliano Ferrara, confidata al Corriere della Sera, di portare la sua battaglia sull’aborto nell’arena politica e concorrere alle prossime elezioni politiche con la sua lista “pro-life”. Prendiamo a prestito le parole dell’Elefantino perché non sapremmo dirlo meglio. Il brano che abbiamo appena riportato è tratto da un editoriale pubblicato sul “Foglio” il 14 dicembre del 2005, significativamente intitolato “Il partitino dei valori”. E ben descrive a quali rischi, ove perseguita, potrebbe condurre l’iniziativa annunciata da Ferrara sul quotidiano di via Solferino e rilanciata via via con maggiori dettagli concreti (“la mia lista andrà da sola e sarà presente, per ragioni organizzative, solo in alcune regioni in Senato”). Il timore, innanzi tutto, è che una intelligente provocazione culturale – quella lanciata dall’Elefantino all’indomani della strombazzata moratoria sulla pena di morte – possa snaturarsi e trasformarsi in qualcosa d’altro. Ma non solo.
Vi sono almeno due pericoli che meritano di essere approfonditi. Il primo, mutatis mutandis, riguarda l’iniziativa di Ferrara ma anche la posizione dell’Udc. Il rischio è che al partito unico dei cattolici, tramontato con il crollo della Dc e la fine della Prima Repubblica, possa sostituirsi un “partitino dei cattolici” che riproporrebbe tutti i limiti dell’ingombrante progenitore senza averne né il peso politico né la legittimazione determinata da un contesto storico ormai profondamente mutato.
Sarebbe infatti sbagliato oltreché ingeneroso non tener conto che negli ultimi quindici anni il panorama politico italiano è stato dominato da un partito – Forza Italia – che ha compiuto degli enormi passi avanti sul fronte della “laicizzazione” dei principi costitutivi che riguardano la vita, la morte e la questione antropologica riproposta prepotentemente dalle degenerazioni del progresso scientifico. Il fatto che tali principi non siano più appannaggio esclusivo di un approccio fideistico alla realtà – ragion per cui un laico non credente come Fabrizio Cicchitto s’è potuto recare in piazza San Pietro in occasione della recita dell’Angelus per solidarizzare con Papa Ratzinger senza che ciò risultasse strano – dovrebbe essere motivo di speranza sia per la Chiesa, sia per chi al di fuori di essa – Giuliano Ferrara e “Foglio” in primis – ha lavorato affinché questo cambiamento di prospettiva potesse realizzarsi.
Il secondo pericolo, strettamente connesso al primo, è che di questo passo si giunga prima o poi a rivendicare una rappresentanza esclusiva e monopolistica di quelli che vengono chiamati “valori”, senza accettare che essi vengano sottoposti al laico vaglio delle più generali e articolate dinamiche proprie della politica. Il rischio, evidente, è che si produca l’effetto contrario a quello desiderato.
Se poi le due eventualità – partitino unico dei cattolici e gestione monopolistica delle tematiche eticamente sensibili – dovessero convergere, a lungo termine per cattolici e “atei devoti” non potrebbe non rappresentare una sconfitta.
Meglio allora che Giuliano Ferrara, se proprio non vorrà combattere la battaglia “pro-life” dall’interno del Pdl, continui a fare ciò che ha sempre egregiamente fatto: mettere in mutande gli ipocriti ovunque essi siano annidati, permeando o stimolando da una parte e dall’altra le formazioni che lasciassero aperta la porta. O anche solo uno spiraglio.