E’ giallo sulla morte di un leader storico degli Hezbollah

Banner Occidentale
Banner Occidentale
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

E’ giallo sulla morte di un leader storico degli Hezbollah

13 Febbraio 2008

Era
ricercato dalle polizie antiterrorismo islamico di mezzo mondo. Era considerato
l’“uomo che aveva ucciso più americani prima dell’11 settembre”. Era stato
ribattezzato “il Bin Laden degli sciiti”. Era il capo militare degli Hezbollah
e il referente del regime iraniano per le operazioni di terrorismo all’estero.

Adesso,
Imad Mughniyeh, ha seguito il destino delle innumerevoli
vittime da lui provocate in questi ultimi venti anni ed è morto con un’autobomba esplosa in pieno centro a Damasco martedì notte a due passi dalla
sede del “Mukhabarat” siriano (i temibili servizi segreti siriani) proprio nel
giorno in cui cade il terzo anniversario dell’omicidio di Rafik Hariri.

Gli
uomini di Hassan Nasrallah adesso accusano Israele che, come l’America, aveva
ottimi motivi per volerlo morto. Mughniyeh infatti era in cima alla lista dei
ricercati dell’Interpol per gli attentati al centro culturale ebraico Amia di
Buenos Aires in Argentina, evento in cui morirono circa cento persone. Israele,
comunque, nega che la morte di questo super-capo terrorista sia da attribuire a
un’azione della sua intelligence. D’altro canto, l’omicidio può essere
ricondotto alla guerra tra fazioni in atto in territorio libanese e siriano da
ormai quattro anni.

L’esplosione dell’autobomba sarebbe avvenuta nel quartiere
residenziale Kafar Souseh di Damasco, nei pressi di una scuola iraniana e di uno
dei principali uffici dei servizi segreti siriani. Cosa che fa pensare più a
un’esecuzione interna al mondo del terrorismo islamico che a un’azione di
Israele.

Sia
come sia, a questo signore sono stati attribuiti una sfilza di attentati, quasi
tutti compiuti in Libano, e qualcun altro anche in differenti zone calde del
mondo.

La sua carriera ha inizio nell’aprile del 1983 con un attentato contro
l’ambasciata Usa in Libano, in cui persero la vita 63 americani. Mughniyeh fece poi esplodere la sede dei marines di Beirut, uccidendo
altri 241 militari statunitensi, e nello stesso tragico anno colpì il campo
militare francese nella valle della Bekaa: le vittime tra i soldati furono 58.

Per
un po’ scompare dalla circolazione per riapparire
negli anni ‘90 in Sud America: è infatti ritenuto responsabile dell’attentato
compiuto a Buenos Aires nel 1994 contro l’associazione ebraica di beneficenza
Amia, in cui sono morirono circa 100 persone, ed è sospettato di aver
partecipato all’attentato di Al-Khobar in Arabia Saudita nel 1996 dove le
vittime furono 19 militari americani. Anche per questo il suo nome figura nella lista Fbi dei maggiori ricercati,
poco sotto quello di Osama bin Laden, con una taglia di cinque milioni di
dollari pendente sul suo capo. Taglia che oggi qualcuno potrebbe avere
incassato.

L’intelligence americana sospetta che Mughniyeh abbia
anche avuto un ruolo nel post 11 settembre nel far fuggire  alcuni dirigenti di spicco di Al-Qaeda dall’Afghanistan
all’Iraq attraverso l’Iran, dove aveva stretti legami con le Guardie della Rivoluzione.
Tra le persone aiutate si fa il nome del figlio di Bin Laden, Saad, e di Muhammad
Islamboli, fratello di Khaled Islamboli, uno degli autori materiali dell’omicidio
del presidente egiziano Anwar Al-Sadat nel 1981. Per questo ultimo attentato,
l’Egitto da anni dà la caccia proprio al numero due di Al-Qaeda, il medico
egiziano Ayman Al-Zawahiri, che sarebbe uno dei mandanti.

Tra i commenti a caldo raccolti dalle agenzie di stampa dopo
l’attentato, spicca per la sua entusiastica schiettezza quello dell’ex
responsabile del Mossad, Danny Yatom, che ha definito l’uccisione di Mughniyeh
“un grande risultato nella lotta del mondo libero contro il terrorismo, essendo
stato Mughniyeh uno dei maggiori e più crudeli terroristi di tutti sempre”. “Da
tempo – ha detto l’ex direttore del Mossad – i servizi d’intelligence di
diversi paesi erano sulle sue tracce, chi è riuscito a colpirlo martedì notte
ha dato prova di estrema intelligenza e grande capacità operativa”.

Chiunque lo abbia ucciso, in definitiva, dovesse anche trattarsi di
un autogol interno alla galassia jihadista, “ha reso un gran servizio al resto
dell’umanità e alla lotta contro il terrorismo islamico”.