E i sauditi tornano vincitori dal G20
19 Novembre 2008
di R.S.
La “Nuova Bretton Woods” riproposta dal vertice del G20 di Washington non somiglia all’originale. Nel 1944 l’America era una potenza globale che dominava il tavolo delle trattative grazie al pugno di ferro di Roosevelt. Oggi Bush è costretto ad accettare un meeting voluto soprattutto dal francese Sarkozy, a tenerlo a Washington, e per di più ad ascoltare le reprimenda dei paesi emergenti. Il Brasile ha accusato Washington di aver innescato la crisi e ha proposto alternative non meglio identificate al liberismo.
Forse gli Usa potevano risparmiarsi un incontro del genere, in cui ognuno dei Paesi invitati è arrivato all’appuntamento con un’agenda diversa sulla soluzione della crisi economica in atto. L’aspetto più paradossale di questi vertici allargati è che le democrazie occidentali sono costrette a mercanteggiare con potenze emergenti che di democratico hanno ben poco. Non è il caso del Brasile di Lula, ma a Washington sono arrivati anche i sovrani sauditi e del Golfo: una volta stringevano per il collo l’Occidente fissando il prezzo del petrolio, oggi con i Fondi Sovrani e il sistema bancario della Sharia.
Gordon Brown ha usato il trampolino del G20 per incrociare i destini della Gran Bretagna a quelli dell’Arabia Saudita. Il premier inglese spinge affinché il Fondo Monetario Internazionale si espanda funzionando come una sorta di banca centrale internazionale. Le potenze emergenti investirebbero centinaia di billioni di dollari nel “Nuovo FMI” riequilibrando la situazione critica dell’economia occidentale. Ai sovrani sauditi verrebbe dato un largo ruolo nella “governance” del fondo riducendo l’influenza della Gran Bretagna e delle altre nazioni europee. Il G20 di domenica scorsa è stato un giorno vittorioso per i miliardari col turbante assisi sul forziere petrolifero.
Il tentativo di Brown di coinvolgere la finanza e il sistema bancario islamico nella gestione della crisi economica occidentale fino adesso ha avuto una sola ricaduta: staccare un mega assegno per Islamabad. Il Pakistan – un altro stato dalle ben note radici democratiche – riceverà 7,6 billioni di dollari dall’FMI per evitare che i suoi conti falliscano. Se i sauditi e i pakistani si dimostreranno dei partner economici stabili e fidati come lo sono stati dal punto di vista strategico e della politica di sicurezza ne vedremo delle belle.
Il Re Abdullah Bin Abdul Aziz, Custode delle due Moschee, si è detto disponibile a contribuire al salvataggio del sistema finanziario a patto che le potenze occidentali ricambino accelerando il processo di Pace in Palestina. Il re ha condannato ogni atto unilaterale di Israele e la costruzione di nuovi insediamenti nei territori palestinesi. Dal “Saudi Arabia News” apprendiamo del ritorno a casa trionfante di re Abdullah dal vertice del G20 ma anche della “natura secolare del regime sionista”.
A sentire il commissario europeo Louis Michel,