E’ il momento della tolleranza zero anche sui rifiuti
19 Maggio 2008
Tra pochi giorni il governo terrà l’annunciata riunione a Napoli, dove si occuperà della tragedia dei rifiuti nel momento in cui in Campania le cose – se mai fosse possibile – sono ulteriormente peggiorate e ogni ragionevole esito appare quanto mai lontano se non addirittura chimerico.
La comunicazione è senz’altro un modo di fare politica con altri mezzi. E Silvio Berlusconi è un comunicatore eccellente. Ma per affrontare i problemi occorre ben altro. Non è sufficiente il piglio imprenditoriale, proprio dell’efficienza lombarda del "ghe pensi mi".
Così la visita a Napoli creerà molti più problemi di quanti ne potrà risolvere. Una città sofferente, oppressa da migliaia di tonnellate di rifiuti putrescenti, assediata da milioni di topi grandi come orsi, ammorbata da nuvole vaganti di diossina, dissanguata da eserciti di nullafacenti annidati nella pubblica amministrazione, dovrà ospitare il codazzo dei ministri e degli accompagnatori, garantendo loro scorte e assistenza, auto blu munite di sirena e lampeggiatori, poltrone, seggiole e strapuntini. Poi, così come sono venuti, Berlusconi e i suoi risaliranno in disordine e senza speranza le valli che avevano discese con orgogliosa sicurezza.
E non sarà nemmeno colpa loro se tutto rimarrà come prima, perché la questione dello smaltimento dei rifiuti non può essere risolto con mezzi ordinari. Il Cavaliere ha capito il problema e lo ha spiegato con assoluta precisione in uno dei suoi interventi televisivi.
La Campania (soprattutto nell’area tra Napoli e Caserta) è una groviera di discariche fuori norma, di luoghi in cui venivano gettati alla rinfusa i rifiuti. Queste discariche abusive, nel tempo, sono state chiuse allo scopo di essere bonificate, senza aprirne di nuove e senza adottare soluzioni alternative. Nel contempo venivano individuati alcune località ritenute adatte per predisporre discariche a norma e piani per lo smaltimento. Tali misure non sono mai state attuate. Per tanti motivi.
Per l’inerzia delle amministrazioni, l’opposizione delle popolazioni interessate, protette da un ecologismo delirante ed inetto, e quant’altro. Così i rifiuti restavano per strada. Quando raggiungevano i primi piani delle abitazioni, se ne occupava la televisione in una logica di emergenza. Diventava allora necessario, in mancanza di prospettive nuove e diverse, riaprire temporaneamente le vecchie discariche, incontrando l’opposizione delle popolazioni di quei territori. Pertanto, non solo è diventato impossibile togliere la spazzatura per le strade (il disordine e la protesta seguono gli spostamenti dei rifiuti come se una mano invisibile lavorasse a favore del peggio), ma la soluzione di carattere strutturale è lontana.
Mesi or sono i tecnici dicevano che per liberare le strade occorressero almeno 60 giorni, per creare una discarica con tutti i crisi di legge fossero necessari almeno 120 giorni e tre anni per costruire un termovalorizzatore. Il fatto è che questi tre momenti non sono fatti isolati, ma camminano sul tapis roulant dei rifiuti accumulati quotidianamente (35mila tonnellate ogni settimana).
Per cui non siamo più al punto di partenza, ma siamo scesi ancora più in basso. Insomma, la situazione è destinata ad avvitarsi sempre più nella tragedia. L’unica certezza sono i posti di lavoro stabili e ben remunerati costituiti dal Commissariato.
Ecco perché sono un po’ farisaiche le prediche e le promesse del governo sulla sicurezza. Verrebbe voglia di rivolgere al ministro Maroni la seguente domanda: per l’ordine pubblico sono più pericolosi i rom o i napoletani? Vanno combattuti prioritariamente i clandestini o i camorristi? Naturalmente la risposta politicamente corretta è che non è giusto fare di ogni erba un fascio; che a Napoli e in Campania tanti cittadini perbene stanno pagando un costo altissimo alla resa dello Stato. E che la lodevole eccezione di Salerno e del suo hinterland dimostra che le cose si possono fare anche lì.
Ma se si vuole usare la tolleranza zero in nome della sicurezza, è venuto il momento di farlo anche sul fronte dello smaltimento dei rifiuti. Altrimenti ci sentiremo autorizzati a pensare che tanta parte dell’agitazione sui rom nasconda, in verità, la solita impotenza nei confronti delle organizzazioni malavitose e delle popolazioni disposte a stare ai loro ordini. Insomma, la solita linea di condotta di chi prova ad esser forte con i deboli mentre si arrende al cospetto dei forti.