E’ iniziata la rincorsa di McCain negli “swing states”

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E’ iniziata la rincorsa di McCain negli “swing states”

13 Ottobre 2008

Le elezioni americane sono basate sul voto diretto dei cittadini ma anche sui cosiddetti “elettori presidenziali”, scelti sulla base dei diversi collegi in cui è suddiviso il Paese. Il 4 novembre sapremo chi sarà il nuovo presidente che, formalmente, verrà ‘confermato’ qualche mese dopo aver contato i voti di questi “grandi elettori”. Ogni stato degli Usa vale un certo numero di “electoral votes”, dai 55 della California ai 3 del Vermont. Il doppio sistema – voto popolare più elettori presidenziali – è un’eredità della Costituzione del 1789 che in questo modo tutelava (e tutela) la rappresentanza dei singoli stati. Sulla base dei sondaggi, nella sfida tra Obama e McCain non sembra esserci una grande discrepanza tra il voto popolare e quello dei collegi: Obama è sostanzialmente in testa su tutti e due i fronti, in particolare negli voti presidenziali. Il candidato democratico ne ha più o meno il doppio di McCain. Ma conviene andare a scavare nelle percentuali in gioco per capire qual è lo scarto tra i due contendenti.

Concentriamoci sugli “swing states”, gli stati ballerini che, con le loro oscillazioni tra “blues” e “reds”, possono decidere le sorti della campagna elettorale. In questo caso il margine di vantaggio di Obama sembra larghissimo: 157 a 11 elettori presidenziali. Una distanza abissale. McCain, per esempio, si è già ritirato dalla corsa elettorale in Michigan, che vale 17 voti elettorali (i sondaggi lo davano al 42% a fronte del 49,1% di Obama). Anche in altri stati la battaglia sembra decisa. Nel Nuovo Messico, ad esempio, che vale 5 elettori, McCain ha sette punti percentuali di svantaggio. Nella Pennsylvania, che ne vale 21, il distacco quasi si raddoppia (53,4% di Obama contro il 39,6% di McCain). Nel Wisconsin (10 elettori) la forbice è di otto punti. Un totale di 53 grandi elettori “sicuri” per i democratici. In altri stati il vantaggio di Obama si riduce notevolmente e la partita sembra ancora aperta. Nell’Ohio (20 elettori), in Virginia (13 elettori) e in Colorado (9 elettori), la forbice è di circa quattro punti. Parliamo di tre stati che nelle ultime due elezioni hanno scelto (di misura) George W. Bush. In Virginia i democratici hanno vinto solo una volta dal 1948, mentre il Colorado è uno stato di solida tradizione repubblicana fin dagli anni Sessanta. L’Ohio balla alla grande: ha votato per Kerry alle elezioni del 2004 e per Bush nel 2000.

In Florida e nel Nevada lo svantaggio di McCain si riduce a due o tre punti. La Florida è fondamentale nella sua campagna elettorale, visto che vale ben 27 voti elettorali. Obama è in testa ma ha dichiarato che vincere in questo stato dell’estremo sud del Paese non è essenziale. La Florida passò alla storia durante la sfida tra Bush e Gore e oggi gli elettori chiedono ai loro candidati di essere rassicurati nelle questioni economiche (fino ad ora Obama è sembrato più convincente). Nel Nevada c’è una situazione fortemente polarizzata: lo stato vale 5 voti elettorali ed è diviso tra Las Vegas, la capitale dell’azzardo, saldamente in mano ai democratici, e le aree meno popolate e desertiche che guardano a McCain. Qui potrebbe essere risolutiva la presenza di un terzo candidato, il libertario Bob Barr, che McCain spera di tirare dalla sua parte. Barr fu uno dei leader dell’impeachment a Clinton ma è stato critico verso l’amministrazione Bush. Si presenta anche nel New Hampshire (4 elettori) dove Obama ha ben dodici punti di vantaggio (nel 2004 Bush perse contro Kerry solo per un punto). Quanto vale l’elettorato di Barr e quanto potrà “spostare” tra i due contendenti maggiori?

In Missouri (11 elettori) e nel North Carolina (15 elettori) i due avversari sono alla pari o distaccati solo da un punto percentuale. Nel Missouri Obama è più forte nei grandi centri urbani – a Kansas City e St. Louis – mentre McCain pesca tra i “social conservative” delle campagne, la pancia profonda del Paese che è la pietra d’angolo del partito repubblicano. In North Carolina l’ultimo candidato democratico a vincere fu Jimmy Carter, nel 1976, anche se bisogna aggiungere che qui c’è una forte maggioranza afroamericana tendenzialmente favorevole a Obama. L’Indiana (11 elettori), infine, uno stato storicamente repubblicano, ed è l’unico a ballare per Mac, con un margine di due punti percentuali. Se McCain vincesse dove è in vantaggio, pareggia, o è sotto di tre o quattro punti, si prenderebbe circa 115 elettori presidenziali e non sarebbe più impossibile raggiungere Obama nel conteggio generale degli electoral votes.

Se poi Mac riuscirà a imporsi dove viene dato per spacciato, come in Pennsylvania, oppure negli stati che sembrano più orientati a votare per lui (in America Nord Occidentale, per esempio, e nell’Alaska di Sarah Palin), allora i destini della sfida potrebbero capovolgersi. La svolta sarebbe espugnare una delle fortezze democratiche come la California, saldamente pro-Obama ma governata dal repubblicano Schwarzennegger. La California, da sola, vale 55 voti elettorali. Negli ultimi decenni ci sono state elezioni risolte con un ristretto margine di un candidato sull’altro nel voto popolare, ma con un forte distacco tra gli elettori presidenziali. Sembra proprio il caso della sfida di quest’anno, anche se Mac ha ancora qualche asso nella manica. Deve giocare la sua partita fino in fondo, stato per stato, collegio per collegio, voto per voto.