E’ ora di cambiare la legge elettorale del Parlamento europeo

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E’ ora di cambiare la legge elettorale del Parlamento europeo

E’ ora di cambiare la legge elettorale del Parlamento europeo

28 Aprile 2008

Una
delle principali sfide per la legislatura che si sta aprendo sarà quella di
razionalizzare e rendere irreversibile la scelta che gli elettori hanno fatto
di premiare i due principali partiti. Gli elettori si sono pronunciati con
chiarezza e l’esito delle ultime consultazioni è stato un vero e proprio referendum a favore di un sistema
politico tendenzialmente bipartitico.

Ma
già l’anno prossimo questo risultato potrebbe essere rovesciato, e quelle élite politiche che dagli elettori sono
state lasciate fuori dal Parlamento, potrebbero tornare e godere di un lauto
finanziamento pubblico. La tornata elettorale che ci attende nel 2009 infatti
sarà quella per l’elezione del Parlamento europeo; una competizione retta da un
sistema perfettamente proporzionale che garantisce oggi l’accesso all’Aula di
Strasburgo anche a formazioni che abbiano ottenuto attorno al 2%.

Mettere
mani dunque alla legge elettorale per il Parlamento europeo è una priorità.

Una
mano la dà il Trattato di Lisbona che riduce il numero dei Parlamentari
italiani a 73. Con ciò, tra l’altro, innalzando la soglia naturale di accesso all’Aula
di Strasburgo. Ma se il meccanismo elettorale resta immutato questo
innalzamento non sarà poi così significativo – si passerà dal 2 a poco più del
3% – e tale comunque da consentire ai piccoli partiti di avere eletti ed anche
i relativi ricchi rimborsi.

E
allora, si deve riprendere presto quel lavoro iniziato nella passata
legislatura volto a sostituire alle 5 grandi circoscrizioni in cui si eleggono
oggi i deputati un numero di circoscrizioni sostanzialmente corrispondente alle
regioni e alle province autonome. E ciò per garantire una campagna elettorale
più radicata nei territori, meno costosa e capace di proiettare a Strasburgo
eletti appartenenti a tutte le realtà territoriali. Clamoroso è oggi infatti il
caso della Sardegna che, ricompressa in un’unica circoscrizione con la Sicilia,
non riesce a esprimere parlamentari europei. Ma il vero beneficio di questa
soluzione – su cui già si stava configurando un’intesa bipartisan nella passata legislatura – sta soprattutto nell’elevare
in modo netto – all’8, 9, 10% e oltre a seconda delle regioni – la soglia della
rappresentanza. In alcune regioni la competizione sarebbe addirittura
uninominale; e anche nella più popolosa, la Lombardia, alla fine la partita
avrebbe ad oggetto il riparto di una decina di deputati.

In
fondo un’operazione analoga a quella che si sarebbe ottenuta, per l’elezione
del Parlamento nazionale, con il cosiddetto “Vassallum“; un sistema proporzionale con circoscrizioni
piccole che nella sua prima versione aveva registrato l’accordo dei principali
attori, ma anche i veti di quei partiti medi e piccoli che oggi, per
consapevole scelta del corpo elettorale, sono scomparsi dalle Aule di Palazzo Madama
e di Montecitorio o comunque non hanno più quel potere di interdizione sul
quale si è arenata la passata legislatura.