E’ ora di dare voce ai moderati tunisini che lottano contro il salafismo

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E’ ora di dare voce ai moderati tunisini che lottano contro il salafismo

18 Ottobre 2011

Ogni volta che si parla di moderati la sensazione è sempre la stessa: ovvero dare una notizia choc, che nessuno conosce o ha mai il tempo di leggere. In realtà tutto ciò che riguarda l’Islam moderato e liberale, specialmente nei paesi arabi scossi dalle rivoluzioni, è oggetto di silenzio, di segreto o peggio di indifferenza da parte dei media.

Domenica 16 ottobre ha avuto luogo a Tunisi una marcia dei liberali per la libertà di espressione ma soprattutto contro i salafiti e la loro volontà di occupare Tunisi militarmente, senza scrupoli a colpire tutti coloro che si oppongono al loro dominio materiale e immateriale della Tunisia. Perché questo silenzio sulle cose dei moderati? Perché questa volontà di emarginarne l’azione anche a livello mediatico? Molti non riescono a comprendere, soprattutto qui in Occidente, l’importanza capitale di una manifestazione di piazza contro il salafismo e la sua avanzata devastante in Tunisia, soprattutto a pochi giorni dalle elezioni, che sono lo spartiacque decisivo. Una denuncia a cielo aperto, di quella faccia moderata della società tunisina che ne rappresenta la maggioranza silenziosa ma costruttiva. La loro sola colpa e cruccio? Il non avere in tasca i fondi che ha a disposizione l’estremismo organizzato.

Ma in molti, nonostante tutto, ci stanno mettendo la faccia: in prossimità del voto in Tunisia il numero dei bloggers che denunciano l’estremismo è cresciuto in maniera esponenziale, quasi impazzita, tanto da far comprendere che c’è un movimento sotterraneo che man mano viene alla luce. Rachid Ghannouchi, leader indiscusso di Ennadha, viene criticato senza sosta nella speranza che qualcuno si accorga che è considerato, per le sue idee su donne e forma sociale, un estremista a tutti gli effetti. L’intellettuale moderato Mohamed Talbi, in un’intervista a Réalitès Online dice: “I partiti politici devono supportare lo Stato nella sua lotta contro il fanatismo. Ma hanno bisogno dei media per ottenere il loro consenso. Devono essere il loro portavoce affinché i tunisini vengano avvertiti del pericolo. Oggi siamo di fronte ad una situazione molto preoccupante”. Ancora Talbi: “Sto cercando di combattere questa battaglia attraverso i miei scritti. Ma se il contenuto delle mie opere non raggiunge il grande pubblico, è perché i media non stanno facendo il loro dovere. Molti pensatori portano argomenti che dimostrano che il salafismo è senza merito e non rappresenta l’Islam, ma solo il terrorismo. La stampa deve diffondere le nostre idee”.

Quale migliore descrizione di come vadano le cose oggi? Forse una c’è, in realtà; è il videomessaggio di un ragazzo tunisino, come tanti altri, senza paura e senza ambiguità si mette davanti ad una telecamera e attacca il salafismo. Duro, tagliente ed efficace, come solo una comunicazione di denuncia e un grido di libertà possono essere. In questo contesto, occorre fare un breve salto in Algeria, dove un manipolo di donne coraggiose hanno scritto una canzone contro il salafismo e denunciato il “ventennio salafita”: una denuncia a ritmo di rap in un video. Donne che con una sola parola riescono a ripudiare un regime e le sue nefandezze agghiaccianti. I moderati e tutta l’ala liberale maggioritaria in Tunisia hanno bisogno di noi e del nostro supporto economico. Hanno bisogno che si sappia cosa fanno e quello che dicono. Hanno soprattutto bisogno che le loro facce mentre sfilano sfidando il salafismo si vedano bene e che nei loro occhi risplenda in controluce tutta la voglia di libertà e di non consegnare il paese che tanto amano in mano ai gerarchi dell’estremismo, che oggi si travestono da fautori della democrazia e da domani, una volta vinte le elezioni, le parole democrazia e libertà le cancelleranno da ogni vocabolario che si trovi nei confini tunisini. Come abbiamo ben visto negli attacchi incendiari a Nessma Tv o ai cinema, o piuttosto alle ragazze che vanno in giro per strada da sole. È il terrorismo psicologico applicato, mentre i tunisini oggi iniziano ad avere paura anche di fumare una sigaretta in pubblico, come ha testimoniato una ragazza di Tunisi a Le Monde. Anche questa denuncia, però, totalmente caduta nel silenzio più totale. È un grido di aiuto quello che si alza dalla Tunisia, indirizzato però a orecchie più sorde che mai.