E ora tassiamo le tangenti

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E ora tassiamo le tangenti

15 Luglio 2008

Il giustizialismo, che tanto va di moda, sembra dimenticare che alla base di quasi tutti i reati (tranne quelli passionali) vi è il perseguimento di un guadagno economico.

Perché dunque ciò che guadagnano dipendenti e lavoratori autonomi deve essere sottoposto a tassazione, mentre ciò che guadagnano i delinquenti (nel senso di coloro che delinquono) gode di una sorta di immunità fiscale?

In base all’articolo 53 della nostra Costituzione ciascuno deve contribuire alle spese pubbliche.
Vi deve dunque contribuire (a maggior ragione) anche chi delinque, o comunque ottiene proventi da attività illecite.

Nelle categorie di reddito da sottoporre a tassazione sono compresi infatti, per legge, anche i proventi derivanti da fatti, atti o attività qualificabili come illecito civile, penale o amministrativo.
I canali di alimentazione e destinazione dei proventi illeciti possono essere i più vari.
Tra questi, a titolo di mero (e non esaustivo) esempio, tangenti, traffico di droga, estorsioni, usura, racket della prostituzione e abusivismo commerciale.

A sostegno e conferma della necessaria tassabilità di tali proventi sta la considerazione che presupposto dell’imposizione è soltanto il possesso di un reddito, indipendentemente dalla sua provenienza e che l’eventuale illiceità dell’attività produttiva non esclude la tassabilità del reddito da essa derivante, essendo il reddito un dato economico e non  giuridico.

Chi trae proventi dall’attività illecita realizza infatti, comunque, una ricchezza che costituisce la causa del pagamento di un tributo.

Non contrastare, dunque, tale ancor più ignobile forma di evasione fiscale rappresenta una grave discriminazione tra i cittadini-contribuenti, a discapito, per assurdo, proprio degli “onesti”, rispetto ai “disonesti” (laddove tali categorie abbiano ancora un senso).

La Corte Suprema ha peraltro già stabilito che le attività illecite sono sempre soggette, oltre che alle imposte sui redditi, anche all’IVA.

Il mancato perseguimento, ai fini IVA, di tali attività illecite, comporterebbe dunque, in teoria, perfino una sottrazione dell’Italia ai suoi obblighi comunitari, visto che l’IVA rientra tra le risorse proprie del bilancio comunitario.

Le attività illecite, che fruttano miliardi di euro alle varie forme di racket e criminalità organizzata, dovrebbero essere quindi perseguite non solo penalmente (con relativo sequestro e confisca), ma anche fiscalmente. Non basta (nei pochi casi in cui lo si fa) confiscare i proventi delle attività illecite.

Tali proventi infatti possono avere generato nel frattempo altri proventi (anch’essi non dichiarati).
Se dunque è lecito presumere, come avviene quotidianamente negli Uffici fiscali, che le risorse trovate su conti bancari, laddove non giustificate nella loro provenienza, siano frutto di attività non dichiarate e quindi da sottoporre a tassazione, è lecito anche presumere che i proventi del mercato della droga o della prostituzione abbiano poi generato altri proventi (anche solo sotto forma di interessi).

Perché dunque non richiedere anche le (ulteriori) dovute tasse?

Tanto per fare un esempio, le tangenti corrisposte dai "corruttori" ai "corrotti", o anche dai "concussi" ai "concussori", quasi sempre hanno esse stesse fonte illecita (magari proprio da evasione fiscale, chiudendosi così il “cerchio”).

Si porrà dunque in questo caso il problema del trattamento tributario, sia della vera e propria tangente (fonte di guadagno illecito, non tassato, per colui che la percepisce, cioè il corrotto), che degli stessi proventi utilizzati da parte del corruttore per il pagamento della tangente (e che certamente non potranno essere oggetto di dichiarazione ai fini del redditometro).

Sono d’accordo pertanto con l’importanza fondamentale di un’efficace azione di contrasto all’evasione.
Ma non solo nei confronti di quei cittadini che già contribuiscono alle casse dell’Erario (e che spesso, comunque, neppure vi possono sfuggire). Fare i forti con i deboli dà sempre poca soddisfazione.

Imporre il pagamento della dovuta tassazione anche nei confronti di chi, non solo pone in essere gravi violazioni penali ma lucra anche su tali violazioni, sarebbe un bel segnale di efficienza, efficacia e perché no, anche coraggio.